venerdì 16 febbraio 2007

SEMINATORI


Un fiume.
Un grande fiume tumultuoso.
Noi viviamo su una delle sue sponde, affollata, chiassosa, piena di fango e rifiuti.
Accade che qualcuno, talvolta per caso, a volte perché guidato, alzi lo sguardo sulla riva opposta che, al contrario, appare serena, incontaminata, ricca di alberi maestosi ed impreziosita dal canto degli uccelli.
Allora, sfidando le correnti, con fatica e con pericolo, egli si lancia tra le acque per raggiungere quella sponda.
Alcuni ce la fanno e, da quel momento, la loro vita trascorre nella perfetta serenità e nella comprensione di ogni cosa, come se, finalmente, si fossero Risvegliati da un incubo.

Altri commettono un errore fatale: dopo che hanno speso sudore e sangue per raggiungere quella riva, dopo che hanno rischiato mille volte di annegare e più ancora d’arrendersi, si voltano a guardare la terra che hanno abbandonato e gli esseri viventi che in essa si dibattono…e provano pietà.
Così, visto che ora essi conoscono il tragitto per il guado, decidono di tornare indietro per guidare altri sulla Riva Serena…e di non riposarsi, di non godere a loro volta del Risveglio, sino a che l’ultimo degli esseri viventi non avrà compiuto il tragitto.

Alcuni li chiamano Bodhisattva, altri “Seminatori”…

E’ un duro mestiere.
Ma qualcuno deve pur farlo. :-)

12 commenti:

Xalimar ha detto...

Io la mia traversata l'ho fatta, vivo in una sponda felice e ancora incontaminata dallo stile di vita europeo/statunitense...guardo spesso l'altra sponda, quella che ho lasciato, non sento nostalgia, solo pena di chi è rimasto!
Domani dovrebbe già esserci il post di una nostra collega, puoi Equo, mettere nella BdF domenica questo stupendo post? Come sempre complimenti...

Equo ha detto...

Ovviamente la sponda di cui parlo è più psichica che materiale, ma ammetto che vivere fisicamente in un luogo esente dalla tensioni metropolitane può, in una certa misura aiutare... Se credi, Fabio, ripubblicherò il post sulla BdF, anche se mi sembra di plagiare me stesso... Até a vista.

elena ha detto...

Equo... la tua riflessione mi richiama alla mente un discorso fatto poco tempo fa con un nuovo amico - quello che altrove dico che per certi aspetti ti somiglia. Anche se tu sei... come dire, più battagliero. Insomma, in un certo modo lasci un po' di spazio anche a me. Anche l'amico mi parlava - rispetto ad altri argomenti - dell'importanza di raggiungere qualcosa per sé (detto così suona terribilmente banale ed egoista, ma non lo era: era una semplice constatazione di fatti) a scapito della propaganda o, se vuoi, del proselitismo. Ovvio, sapere che se ti comporti in un certo modo ottieni quello che è il tu obiettivo non può che rallegrarci... ma come fare a non pensare agli altri? Perché accontentarsi, perché non spartire i successi, oltre che le bastonate? Perché - diceva lui - un'eccezione può essere tollerata dal sistema, la regola no.
MA E' DEPRIMENTE!!!

Equo ha detto...

Mmmmm...se ho capito bene quello che vuoi dire, Mauro, credo, in realtà, d'aver fatto un percorso diametralmente opposto a quello del tuo amico. Per molto tempo ho sofferto di quella che io chiamavo "sindrome di Mosè", ovvero portavo gli altri alla Terra Promessa ed io restavo nel deserto. Ora mi concedo qualcosa in più, ma non ho certo rinunciato a tendere la mia mano quando posso. Credo che ciò che il sistema non può proprio tollerare è che si continui a cercare di liberare le menti. Un giorno o l'altro parleremo del mio mestiere...

Xalimar ha detto...

Chiaramente il tuo discorso era psichico, ma il mio materialismo penso si possa incastrare alla perfezione, cosa ne dici? Sul fatto di pubblicare il tuo post nella BdF fallo solo e unicamente se non ti disturba in nessun modo, è solo talmente bello che mi faceva piacere...Ciao Equo!

elena ha detto...

Equo.... aiuto!!! Ammesso che tu ne abbia tempo e voglia, vorrei che mi insegnassi la... come dire, non imperturbabilità, ecco forse la serenità che sta alla base di quanto dici. Io sono un'impulsiva, brucio ancora le foreste quando magari basterebbe potare un ramo... invidio - in senso buono - la tua capacità di esprimerti senza cedimenti e concessioni, ma anche con pacatezza. Non voglio sopprimere le passioni, ma forse non dovrei lasciarmene trascinare... che fare?

Equo ha detto...

Carissima Elena, intanto diciamo che è più facile insegnare la determinata pacatezza a chi possiede la passionalità, che dare un po' di vita a coloro che non sanno cosa sia l'ardore. Io ho impiegato molti anni ad imparare a PROVARE (non riuscendoci sempre) a "cavalcare la Tigre", ovvero a non spegnere passioni ed emozioni, ma a trasformarle in strumenti utili quanto la mia (poca) ragione. Oggi conduco dei corsi in cui cerco di trasmettere il poco che ho appreso, anche se, il più delle volte, si rivolgono a me persone che hanno qualche contingente problema che li angoscia. Al termine del corso, però, qualche volta portano a casa anche una nuova serenità, che non è quella di chi si allontana dal mondo, ma quella di chi "si sporca le mani, ma non lo spirito". Ma credo, seriamente, che tu vada benissimo come sei: la moderazione arriverà con il tempo... Sarai sempre sulla barricata, ma avrai occhi diversi.

Blue ha detto...

Sono d'accordo con Fabio, è un post bellissimo, ricco di significato e così essenziale nel concetto...io, nel mio piccolo sono una di quelle persone che con somma e dolorosa fatica ce l'ha fatta...e adesso la mia vita, con la sua normale altalena, scorre nella serenità e nella comprensione...solo una cosa turba la mia quiete, vedere coloro che si trovano sull'altra riva..o che nuotano affannosamente...e così ogni giorno si cerca di porgere una mano a chi ti più o meno vicino.
E' un duro mestiere, ma forse il migliore...

Equo ha detto...

Grazie dei tuoi interventi, Blue. Non farti turbare: non guardare gli altri, ma il Risvegliato che è in ognuno di loro... Non so se sia il mestiere migliore, ma non saprei fare altro, credo. ((( )))

Neo ha detto...

Ciao..
io sto ancora tentando di non annegare, e non è facile.. non so perchè, ma le correnti che mi si oppongono sono sempre più forti rispetto a quelle comuni, e io.. non so quanta forza avrò ancora.. ma non mollo, non ancora.

Namasté

elena ha detto...

Per alcuni aspetti anch'io condivido la situazione di Istambul. Fortunatamente, sono quelli più pratici. Che pesano, eccome, sulla mia serenità "globale", ma tutto sommato avere alle spalle ed ai fianchi una figlia ed un compagno che, appunto, mi stanno vicini, è un grande conforto. Perché alla sera, quando torno a casa da un'ennesima giornata di sconfitte, chiudo la porta e trovo conforto alle mie angoscie. Preferisco mangiare con loro pasta in bianco sempre che con altri aragosta e champagne. Certo, poi non dimentico il mondo... ma penso che per aiutare gli altri sia necessario aiutare sè stessi, almeno un pochino... prima.
quanto al tempo che mi porterà moderazione... ho qualche dubbio. non sono una fanciullina di primo pelo, ho quasi mezzo secolo... e se non son cresciuta finora, mi sa che morirò fanciullina... o dinamitarda a parole, che più o meno è uguale. :)

Equo ha detto...

Istanbul: qualcuno dice che la Vita non ti manda mai una corrente tanto forte che tu non possa superare, ma l'esperienza mi ha insegnato che la Vita se ne fotte spesso e, qualche volta, qualcuno annega davvero. Tuttavia avviene solo quando ci si arrende: a volte ciò che occorre fare è cessare di battersi contro la corrente e lasciarsi trasportare e, se proprio ci sentiamo stanchi... vi rivelo un grande segreto orientale, un Mantra magico, pronunciando il quale si centuplicano le proprie forze.
Il Mantra è "AIUTATEMI!". Credo che Elena lo conosca, il suo compagno e sua figlia sono il "luogo protetto" in cui ricaricarsi d'energia; sono certo che anche Istanbul ha qualcosa di simile. E se non bastasse ancora, per quello che vale, sono qui :-)