sabato 24 febbraio 2007

LA GOLA DEL LUPO


Nessuna azione umana è stata più fraintesa del perdono, almeno qui in Occidente.

Paghiamo il prezzo di un’educazione e di una morale giudaico-cristiana che ce lo ha sempre presentato come un nobile dovere verso chi ci ha offeso…in altre parole una dimostrazione di superiorità:
“Tu mi hai mancato di rispetto, ma io sono così generoso e superiore (appunto) che ti perdono!”

Niente di più falso… ed è la stessa etimologia della parola che dovrebbe suggerircelo:
PER – DONARE, ovvero, per poter dare ancora e, come vedremo, per poter anche ricevere.
Per-donare significa fare un regalo a noi stessi, non alla persona perdonata; vuol dire offrirci nuove opportunità, nuove occasioni… Significa non fermarsi nel passato.
Facciamo un esempio?

Ho amato, sono stato tradito e non riesco a perdonare la persona che ha abusato della mia fiducia. Come minimo diventerò guardingo, sospettoso, restio a concedermi di nuovo per paura di soffrire ancora… e mi negherò in questo modo nuove, fresche emozioni.

Ma c’è di più…
Mettiamola così: quando due persone che si sono amate si lasciano, chi è che soffre di più? Quello che è lasciato? Quello che amava più sinceramente?
No. Se non stiamo attenti c’è una persona che soffrirà ancora di più: quella che viene dopo.
Se non siamo stati capaci di perdonare sarà lei a pagarne il prezzo, lei che cercherà la nostra pelle e troverà il freddo acciaio della corazza che ci siamo messi addosso.

La prova del fraintendimento del perdono sta, anche, nell’interpretazione del famigerato messaggio evangelico del “porgere l’altra guancia”, che i più intendono come un umiliarsi in nome di un pacifismo esasperato.

Come Konrad Lorenz ci ha insegnato, quando due Lupi si battono ed uno dei due avverte la maggior sicurezza dell’altro, fa un gesto preciso: gli offre la gola, il suo punto più vulnerabile… e questo fa scattare nel Lupo vincitore un riflesso inibitorio che gli impedisce di mordere. L’adrenalina scorre così impetuosa nelle sue vene che, spesso, addenta un ramo, morde un cespuglio…ma non azzanna mai il suo avversario.
“Porgere l’altra guancia” significa, in realtà, la stessa cosa di “Fermare la Lancia”: far cessare la violenza con un gesto di grande e vero coraggio.

Avrei un chiaro esempio piuttosto divertente…ma il numero di caratteri impone una certa stringatezza anche ad un logorroico come me.

Sarà per un’altra volta…

10 commenti:

elena ha detto...

Perdonare in senso cristiano non rientra nel mio modo di sentire. Secondo me - ma parlo solo per me - le "offese", i "torti" che subisco si dividono in due categorie: quella cosiddetta veniale, che è talmente leggera (o almeno io la percepisco così) che la dimentico, e quella "tosta", che ricordo... e dove c'è ricordo, non c'è perdono, per me. A volte c'è la vendetta che cova finché non riesce a sfogarsi (questo quasi sempre quando l'ingiustizia è rivolta contro quelli che percepisco come "deboli ed indifesi"), altre volte no e rimane l'indifferenza/diffidenza, ma solo nei confronti di chi ha scatenato le mie ire. Infatti, da tutte le "offese" passate non ho imparato nulla: continuo a fidarmi di tutti e a prendermi ogni tanto qualche bella sprangata. Ma, come dire... la zucca è mia.
Per essere completamente onesta devo aggiungere che "il ricordo" è una categoria che vale anche nei miei confronti: non mi sono ancora perdonata alcuni comportamenti sbagliati del passato (egoismo o codardia), ma il non perdonarmeli, cioè ricordarmeli, secondo me è giusto e mi serve: così non li faccio più.
Ma perché qualcuno non parla mai prima di me! Acc...
Namasté Maestro... ma lo sai quanto mi costi???

nemo ha detto...

L'anello di Re Salomone...
...
ma la lezione di Lorenz, perdonatemi, è più complessa. I meccanismi inibitori del lupo e di altri predatori non si ritrovano, di fatto, nell'uomo... e dubito che possano essere inculcati con l'insegnamento.
Per parte mia, porto rancore... ricordo... no. Di più. Io Odio... sono Odio. Se c'è un'emozione, un sentire che mi descrive, che mi permea e mi definisce... una parola che mi riassume, eccola: Odio. Lo sento, lo sono. E' perfetto, puro, preciso, chiaro, inequivocabile.
Io sono Odio.
Io odio e mi odio.
Di odio mi consumo e
mi nutro.
E le occasioni che mi nego sono fuscelli portati via dal vento,
li saluto senza rimpianto...

Anonimo ha detto...

Mmmmh, di solito assumo anche io la posizione del lupo che porge il collo. Lo faccio perchè sono vendicativa e non perchè sono buona. Lo faccio quando di fronte ho una persona che reputo vigliacca e meschina. Così, porgendo il collo (ma non la guancia) gli faccio vedere che io sono più forte. E' vero che poi, queste persone fanno un passo indietro. Sentendosi esattamente come volevo si sentissero.

Anonimo ha detto...

Diceva Pitagora: "L'Azione è di chi la fa, non di chi la riceve".
Allo stesso modo il perdono fa bene a chi perdona, o almeno io così mi sento dopo aver perdonato.
La morale giudaico-cristiana... la lascio a chi vuole crederci..

SUERTE SIEMPRE!

Equo ha detto...

E' un vero peccato che le notizie importanti non passino al telegiornale, ma restino relegate in specializzate riviste scientifiche. "Mind and Life", un gruppo internazionale ed interdisciplinale di ricercatori, ha dimostrato inequivocabilmente che i nostri "atteggiamenti mentali" (ottimismo/pessimismo; amore/odio; tolleranza/intransigenza, ecc.) producono delle modificazioni FISIOLOGICHE nel nostro cervello, allo stesso modo che, ad esempio, il cervello di un violinista sviluppa particolarmente le zone preposte ai suoi abituali gesti con lo strumento. Questa "plasmaticità" del cervello sta cambiando totalmente la nostra visione della mente umana...e della vita. Coltivate pure le emozioni che preferite, ma siate consapevoli che esse muteranno, in un senso o nell'altro, la vostra struttura cerebrale, predispondendovi o meno, tra l'altro, a degenerazioni quali l'Alzheimer, la demenza precoce, ecc. Buona fortuna :-)

elena ha detto...

Equo caro... almeno per quanto riguarda la demenza precoce non ho nulla da temere! La mia è... congenita!
Scusa, era una battutaccia "alleggerente". Ma allora spiegami il senso delle esperienze: se mi perdono e non ricordo, continuerò a fare gli stessi errori... non dico di passar la vita a macerarmi nel pensiero degli sbagli passati, ma se non mi servono a migliorare, che me ne faccio?
Capitano, è bella la tua citazione e la conseguenza che ne trai. Ma se io "perdono" (è una sensazione soggettiva, non dico che valga anche per te. Sto solo applicando a me quello che scrivi), mi sento in certo modo superiore agli altri, a quello che riceve il mio perdono quantomeno... ed è una cosa che non mi piace. Quindi, quando posso, preferisco dimenticare...

Equo ha detto...

Ma chi l'ha detto che "perdonare" debba voler dire non imparare dalle esperienze e ricommettetre gli stessi errori? Di solito accade, invece, che chi si mantiene troppo legato ai propri rancori sbaglia in senso opposto (non parlo per nessuno in particolare). Ciò vale anche per il "perdono" verso se stessi, ovviamente: devo ricordare che ho sbagliato per non farlo più, ma essere tollerante con quel mio "io" passato che ha agito in buona fede. Quando facciamo del nostro meglio nessuno ha il diritto di chiedrci di più. Nemmeno noi stessi.

Equo ha detto...

PS: nella mia esperienza gli esempi più drammatici relativi a quanto sopra hanno riguardato donne violentate, che non riuscivano a perdonare a se stesse di non essere state capaci d'impedirlo. Era lacerante vedere come una vittima finisse per sentirsi colpevole! Non avevano nulla da "perdonarsi", ovviamente...ma non ne erano convinte e questo distruggeva la loro vita...

Blue ha detto...

Grazie Maestro!
Dici bene la parola perdono è così spesso fraintesa, diventa sinonimo di umiliazione, di resa, a volte si passa anche da codardi...e invece non è così. Perdonare è un dono, un dono che si fa a sè stessi, che riguarda solo e solamente noi. Rimanere con il rancore è solo un danno che facciamo a noi...quella ferita se pur vecchia nel momento in cui ci penseremo sarà di nuovo aperta e sanguinerà...
Perdonare significa fare anche un passo verso la comprensione dell'altro o di se stessi; si impara dai proprio sbagli...odiarsi od odiare per un errore danneggia di nuovo solamente noi perdendo invece quel perdono che è un'ottima strada per imparare una nuova lezione.
E' molto bello l'esempio che fai del lupo...ho letto anche io quel libro. Ad un tratto parlava di lupi e colombe. Gli uni fieri, forti e spesso nell'immaginario violenti e sanguinari. Gli altri miti, simbolo candido. Lorenz invece ci apre una nuova prospettiva: quella di un animale che conosce la sua forza, le sue capacità e che sa che bloccare il suo "perdono", l'accettazione dell'errore, costa la vita dell'altro; e quella di un altro animale il cui scontro porta spesso al sangue e perfino alla morte di una delle due colombe.
Perdonare richiede molta forza, una forza che non ha nulla a che fare con l'umiliarsi o con porgere l'altra guancia...una forza che permette di superare ostacoli a volte insormontabili, o che ci permette di acquisire fra gli insegnamenti i più preziosi.
Namastè.

Equo ha detto...

Grazie a te, Blue. In realtà anche l'essere umano ha freni inibitori, ma sono commisurati alle sue capacità offensive naturali: scarse unghie, scarsi denti...e non possono tener conto della tecnologia, dalla clava alla bomba nucleare. Abbiamo, però, un vantaggio:in una certa misura possiamo decidere cosa vogliamo essere...Un giorno parlerò di Gorillae di Babuini...ci sarà da ridere...o da piangere.