giovedì 28 giugno 2007

SICUREZZA ED AGGRESSIVITA' 3


CAPITOLO 3 - Una definizione ed una storiella...

Cominciamo allora con il dire che per “aggressività” intenderemo sempre quella intraspecifica, ovvero quella che si manifesta tra individui della stessa specie.
Una tigre che sgozza un maiale selvatico può essere impressionante…ma non sta esercitando alcuna aggressività: caccia per nutrirsi e, ovviamente, non prova nessun tipo di animosità verso la preda.
La cosa, per altro, è anche segnalata dal linguaggio del corpo che, nella tigre come in tutti gli altri mammiferi, assume i tipici atteggiamenti segnalanti l’aggressività (orecchie abbassate, coda sferzante, fauci spalancate, ecc.) esclusivamente quando il confronto è con un’altra tigre, mentre la “gestualità della caccia” ha segnali ben distinti e diversi.
In questo senso l’aggressività, in natura, (come molti di voi sapranno) ha un suo specifico valore per la sopravvivenza della specie, che si manifesta in varie direzioni…
Intanto la “concorrenza” tra individui spinge alla colonizzazione di nuovi territori, aumentando la possibilità della scoperta di nuove risorse ed estendendo l’habitat della specie stessa.
Ma la validità più ovvia è quella di trasmettere i geni di elementi “alfa”, ovvero “dominanti” favorendo il miglioramento progressivo della specie stessa.

Su questo punto (come è già stato osservato in queste pagine) si è fatta molta confusione e, storicamente, il travisamento di alcuni concetti darwiniani prima e propri dell’etologia poi, è anche stato utilizzato per aberranti teorie su pretese “razze superiori” o sulla guerra che sarebbe “l’igiene del mondo” ed una trasposizione umana della “eterna legge del più forte”.
Niente di più falso: come si accennava ad imporsi, ad assumere il ruolo dominante e, quindi, a trasmettere i propri geni, è il più adatto all’ambiente ed alle circostanze in cui i rappresentanti della specie in questione si trovano al momento…

Facciamo un esempio divertente, tratto da un fatto accaduto una quindicina d’anni or sono?

Africa. Un “centro per la rieducazione” di scimpanzé sottratti a circhi e giardini zoologici privati. Il centro, ovviamente, è stato eretto presso una foresta che ospita degli scimpanzé “selvaggi”, ovvero viventi allo stato di natura, per inserirvi gradualmente quelli che i ricercatori “riabilitano”.
Gli scimpanzé selvaggi hanno capito presto che nei pressi del centro era possibile trovare abbondanza di cibo ed hanno iniziato a frequentare i dintorni, guardinghi ma curiosi.

In una di queste spedizioni d’esplorazione un branco si spinse sin nei pressi del recinto ed uno dei suoi elementi, rovistando qua e là, fece cadere il coperchio metallico di un bidone dei rifiuti. All’improvviso, inatteso ed inusuale fragore, tutti gli scimpanzé fuggirono sugli alberi circostanti, con grida di paura…
Di lì a poco, però, uno di essi (uno dei più giovani e meno robusti, che occupava un grado molto basso nella scala gerarchica del branco) si avvicinò con circospezione al coperchio, lo studiò, lo annusò e poi, afferratolo, vi picchiò sopra la mano con violenza, producendo altro fragore e suscitando nuovo spavento nei suoi compagni.
Egli, allora, si affrettò a rassicurarli con abbracci e suoni “di conforto”… ma tenendosi ben stretto il suo “tamburo di latta”... che ha continuato a portarsi dietro e che usa, quando serve, per spaventare gli altri scimpanzé, ma anche eventuali predatori che si avvicinino al branco.

Ovviamente è divenuto il “maschio alfa" del suo gruppo e si accoppia allegramente con le femmine che disdegnano i maschi più forti e più robusti… a vantaggio di questo… intellettuale che ha dimostrato di saper sfruttare meglio i mutamenti intervenuti nel loro ambiente per via della presenza dell’uomo e dei suoi oggetti…

Tuttavia anch’egli utilizza aggressività, quando picchia sul coperchio per terrorizzare i suoi simili…e se questa spinta al confronto, questa rivalità, è parte della natura di ogni animale superiore, che senso ha volerla negare nell’uomo, predicare cose come la non-violenza, la tolleranza, il pacifismo, il perdono?!

Per arrivare a capirlo dovremo parlare di molte cose…in particolare di sesso…
La prossima volta, però…

mercoledì 27 giugno 2007

SICUREZZA ED AGGRESSIVITA' 2


CAPITOLO 2 – ISTRUZIONI PER L’USO

Dopo la premessa che ci ha portati a dare uno sguardo alla profonda insicurezza dei nostri pelosi antenati ed alla loro conseguente tendenza ad un elevato livello di aggressività (cosa che, magari, riprenderemo da svariati punti di vista) è necessaria una precisazione di partenza.
Ogni volta che s’intenda comunicare occorre preventivamente mettersi d’accordo sull’oggetto della discussione. Sembra una banalità…ma non lo è per nulla, in particolare se la comunicazione avviene attraverso la parola (parlata o, peggio, scritta). Il linguaggio verbale umano è, infatti, estremamente subdolo e ingannevole. A prima vista sembra un modello di efficienza, ben più complesso e raffinato di ogni altra forma di comunicazione: in fondo abbiamo una o più parole per ogni oggetto, ogni sentimento, ogni situazione. Tuttavia proprio questa complessità (e l’analoga complessità della mente umana che tale linguaggio ha generato) ne fanno uno strumento insidioso.
Nessuna parola, nemmeno le più concrete e semplici, è esente dall’essere “caricata” di significati emozionali inevitabilmente molto personali, che fanno riferimento ai “vissuti” di chi l’ascolta o la pronuncia. Se, ad esempio, ad un gruppo di una decina di persone io chiedo di dirmi, immediatamente, senza pensarci (modello "libere associazioni"), quale parola viene loro in mente se io pronuncio il termine “mare”…alcuni risponderanno “vacanze”, oppure “libertà” o anche “spiaggia”…ma, se tra quelle persone vi è qualcuno che è stato vittima di un naufragio, potrebbero venirgli in mente “paura”, “pericolo” o persino “morte”… E stiamo parlando di qualcosa di concreto e tangibile: immaginate cosa accade se la parola in questione è il nome di un sentimento, di un’emozione… Noi “sappiamo” cosa è il “mare”, come “sappiamo” (razionalmente) cosa sono l’amore o l’amicizia, ma ognuna di queste parole “risuona” dentro di noi con vibrazioni sottilmente diverse, portandoci al rischio di…usare le stesse parole, ma intendere cose differenti.

Non è, quindi, tempo sprecato quello impiegato, all’inizio di un’eventuale discussione, per definire i termini, raggiungere una sorta di patto narrativo iniziale in cui concordiamo nel dare un significato univoco al tema in oggetto.

La parola-chiave, in questa circostanza, è AGGRESSIVITA’.

Concorderemo (con il successivo post…oggi mi sento pigro) di non confonderla con “violenza”, “ira”, “rabbia” o, magari, con “forza”, “determinazione”, ecc.
Per farlo esamineremo il suo significato corrente nelle discipline che più si sono occupate dell’aggressività stessa: l’etologia, la psicologia, la neurofisiologia, la stessa filosofia…

Non vi spaventate: cercheremo di farlo attraverso aneddoti, esempi anche divertenti… con la leggerezza che si confà a questa calda estate, ma senza rinunciare al rigore ed alla profondità.

Per il momento vi lascio a riflettere sulle ambiguità della comunicazione e su come, di conseguenza, perché essa risulti efficace, non sia tanto importante quello che si dice, quanto quello che l’interlocutore sente.

martedì 26 giugno 2007

SICUREZZA ED AGGRESSIVITA'


CAPITOLO PRIMO - RADICI


Nella grande foresta primordiale la vita, in un certo senso, scorre con relativa serenità…
L’eterna lotta tra prede e predatori si manifesta certamente anche in questo habitat, ma non sono poi molte le fiere in grado di arrampicarsi sui rami più alti e sottili degli alberi con l’agilità e la destrezza di una scimmia vivace e intelligente, capace, tra l’altro, d’appostare sentinelle che lanciano strida d’allarme a ogni pericolo in avvicinamento.
La dolce frutta ed i teneri germogli sono a portata di mano, così come anche i numerosi insetti che vivono tra le fronde e dei quali ci si può nutrire, di tanto in tanto, per arricchire la propria dieta di preziose proteine.
Ma ecco che in questo ambiente in una certa misura “protetto” piomba una sorta di folgore divina!
Qualche brusco mutamento climatico, forse il lungo inverno indotto dall’accumularsi nell’atmosfera delle ceneri vulcaniche prodotte da una o più imponenti eruzioni, sfoltisce progressivamente la foresta: gli alberi muoiono, il loro numero diminuisce e, di conseguenza, tra i loro rami non è più possibile che sia ospitata la stessa quantità di scimmie che vi trovavano rifugio e cibo. Inevitabilmente a farne le spese sono gli individui e i gruppi più deboli, meno aggressivi, che vengono respinti a vivere al livello del suolo, dove si aggirano i grandi predatori e dove il nutrimento non è più a portata di mano.

Sarà il “ricordo genetico” di questo traumatico episodio ad essere reso allegorico nella “cacciata dal paradiso terrestre” verso una vita in cui occorre “guadagnarsi il pane con il sudore della fronte”?

Comunque sia, il destino annunciato dei nostri deboli antenati è quello di estinguersi inesorabilmente, non possedendo nessuna specializzazione per sopravvivere in un ambiente disperatamente nuovo e traboccante di pericoli ancora in gran parte sconosciuti. Non sono altro, ormai, che cibo per le grandi tigri dai denti a sciabola o per i branchi di lupi famelici…

Tuttavia le piccole scimmie nostre progenitrici hanno un incredibile asso nella manica: una mano molto complessa e dotata di un pollice opponibile a tutte le altre dita!
In origine questo arto si è evoluto perfezionandosi per uno scopo preciso: è perfettamente adatto ad afferrare il ramo di un albero e a permettere una presa sicura. È certamente un organo molto raffinato ma, in fondo, nulla di molto più duttile, in apparenza, di quanto sia una pinna per un pesce, un’ala per un uccello o uno zoccolo per un equino.
Ma, espulsi in modo brutale dal loro habitat, i nostri avi scoprono che quella mano, allo stesso modo che afferrava un ramo sugli alberi, ne può impugnare uno caduto, trasformandolo in un prolungamento del braccio, e può colpire con esso, mutarlo in arma.

Dal ramo raccolto occasionalmente (come ancora fanno gli scimpanzé) all’ascia di pietra il passo è, allo stesso tempo, immenso e breve, ma l’abilità manipolativa di una mano con il pollice opponibile, lo consente. Da questo momento il nostro antenato diviene, in una certa misura, qualcosa di mai visto prima nel panorama naturale: non adatta, come gli altri animali, il proprio corpo per integrarsi con l’ambiente in cui è chiamato a vivere, ma, al contrario, inizia a modificare l’ambiente per renderlo confortevole e adatto alle proprie esigenze.

…E lo fa con una sempre crescente virulenza, con violenza, quasi come se, cacciato da quel “paradiso terrestre” delle cime degli alberi, dichiarasse da quello stesso momento una sorta di guerra santa alla Natura, che inizia a violentare in ogni modo, giungendo a estinguere intere specie di animali, a modificare il corso dei fiumi, la composizione stessa dell’atmosfera del pianeta.
La piccola, debole scimmia condannata a morte sta prendendosi la sua terribile rivincita trascinando ogni forma di vita in un disastro ecologico senza precedenti, se non altro per le cause e la sua irreversibilità, trovando altresì il tempo per affrescare pareti di grotta con splendidi dipinti, costruire la cattedrale di Notre Dame, imparare a utilizzare il fuoco, viaggiare nel sistema solare, edificare piramidi, inventare filosofie, comporre sinfonie di note musicali o di numeri…

Eppure è passato così poco tempo da quando viveva tra le fronde di un albero, che nei suoi neonati, ancora oggi, gli unici comportamenti del tutto istintivi sono il pianto, per richiamare l’attenzione su un disagio, il succhiare, per potersi nutrire, e l’aggrapparsi, l’usare la mano per afferrarsi ad una madre che da tempo non ha più un pelame a cui reggersi o a un ramo che è solo più nella “memoria storica” incisa nei nostri geni!

I “più deboli” si sono trasformati nei “Signori del Creato” e su quel creato stesso hanno scatenato la loro violenza…
Nei prossimi capitoli cercheremo di capire perché...

lunedì 25 giugno 2007

PAROLA DI BENIAMINO


Per qualche tempo, nella letteratura internazionale, hanno goduto di una certa popolarità i cosiddetti “pastiche”. Il “pastiche” non è nient’altro che un’opera (solitamente un racconto breve) nella quale un autore sceglie dichiaratamente di scrivere utilizzando lo stile proprio di un altro scrittore, ovviamente celebre. Era, per così dire, una sorta di omaggio e, nello stesso tempo, una prova stilistica che, in più di un’occasione, ha anche ingannato i critici. Ora non si usa più molto e, nelle occasioni in cui ancora si ricorra al “pastiche”, anche i metodi espressivi sono mutati: Woody Allen ne ha prodotti di mirabili ed esilaranti, dando vita a parodie che sono anche testimonianza della sua grande conoscenza degli autori parodiati; e in TV compare di tanto in tanto un cabarettista (di cui, purtroppo, mi sfugge il nome) che è un piccolo genio nel prendere un tema (“Mi si è guastato il frigorifero”) e nel trarne divertentissime canzoni “al modo di” Battisti, Vasco Rossi, Bennato, ecc. Ho pertanto deciso di concedere, occasionalmente, lo spazio del Blog (per cominciare…ma le sorprese potrebbero infittirsi) a Beniamino, un contadino piemontese che, in quanto a stile (fatte salve le differenze dovute alle rispettive regioni di provenienza) potrebbe ricordare il nostro amico Oreste. Beniamino è l’unica persona che conosco che riesce a far sentire l’aperta cadenza pedemontana… anche quando scrive. E’ così, pertanto, che dovreste leggere le sue parole: con le “e” molto aperte ed una certa cantilena che le rallenta e dona loro un passo da buoi aggiogati all’aratro… Beniamino mi ha scritto per dire quanto segue…

Buongiorno, neh? Che a me mi sono piaciute tutte le cose che ci avete scritto qui…che certe parole mica le capisco, ma si sente che sono importanti! Anche qui da me, a Saltalacapra, in provincia di Cuneo, c’è qualche volta che il prete e il farmacista discutono con parole che a me mi tocca di cercarle sul dizionario e, altre volte, invece, con parole che le so bene, ma che sul dizionario non ci sono mica!
Il mio povero papà, che è mancato l’anno scorso che il medico ha detto “di consunzione” perché s’è strappato l’anima per tirare su la vigna, diceva sempre che la terra dell’Agostino, che è quello dell’Azione Cattolica che serve messa tutte le Domeniche, e la terra di Comunardo, che, invece, nella chiesa lui ci metterebbe le bombe, sono dure uguale e che se viene la grandine che rovina l’uva se lo prendono nel tafanario tutti e due (con rispetto parlando).
Che a me mi sembra che c’è tanta gente che si litiga per se c’è una vita dopo che sei morto o no e intanto passa la vita che ci abbiamo adesso e loro si sono fatti un fegato che sembra quello dell’oca della Clementina che, da quando è andata a Parigi col viaggio di nozze, ci vuole fare il paté.
Però c’è stata quella volta con la piena della Balenga (che è il torrente che ci passa di qui) che l’Agostino, con indosso la camiciola ricamata da chierichetto, l’è corso a dare una mano al Comunardo che la sua vacca rischiava di affogare. E anche quella volta che ci ha preso il fuoco al granaio dell’Agostino e Comunardo è arrivato lì a buttare secchi d’acqua tutta la notte e, invece, il prete e il farmacista stavano a casa a dormire.
Io non sono intelligente, che a scuola ci sono andato poco e mica mi piaceva perché mi facevano dire le tabelline a memoria e le date delle guerre e ci davano i temi di dove hai passato le vacanze che io ci dovevo sempre scrivere che le avevo passate nella vigna a potare che gli altri bambini mi prendevano in giro… Però mi piacciono di più l’Agostino e il Comunardo che il prete e il farmacista. Se mi piacete anche voi…non lo so ancora.
Statemi bene, neh? E se passate da Saltalacapra venitemi a trovare, soprattutto Oreste che così parliamo della terra e della vigna, dei maiali e delle vacche mentre gli altri, se vogliono, possono andare in parrocchia o in farmacia.
Ciau.

sabato 23 giugno 2007

...E LA MIA RISPOSTA


Ed ecco la MIA risposta (sottolineo “mia”, parlo solo a nome di me stesso). Mi spiace: non può essere breve, sarebbe un dimostrare poco rispetto alla fatica dell’avversario. Mi spiace, il “copia e incolla” è comodo ed evita interpretazioni e malintesi, lo adotterò, almeno un po’. Chi si annoia legga il rispettabilissimo Tex Willer poi si faccia fare un sunto. (scherzo…nessuno se la prenda) E andiamo a cominciare…

“Lo stesso Equo, nel post “Riflessione”, sostiene: «E lo faccio, com’è inevitabile, dal mio punto di vista, che prende le mosse da personali concetti e convinzioni». Sebbene poco dopo si contraddica con evidenza sostenendo: «…quindi senza la pretesa di vedersi realizzare un impossibile accordo, ma con la speranza di sentirmi riconosciuta la massima oggettività che si può desiderare da un essere umano». Ora delle due ipotesi una: o si afferma che quanto si scrive rappresenta soltanto uno dei punti di vista (quindi di conseguenza soggettivo) oppure si afferma che quanto si scrive è oggettivo contraddicendo l’esplicita dichiarazione di soggettività insita nel “punto di vista” personale”.
L’unica oggettività che è concessa all’essere umano è quella di riferire senza alterazioni le opinioni altrui, prima di controbattere con le proprie, ed evitare quello che qui, invece, a più riprese è stato fatto da parte dello schieramento dei “credenti”, (salvo poi ritrattare, talvolta, e scusarsi civilmente altre) ovvero mettere in bocca agli antagonisti frasi di comodo che fosse poi facile contestare o tentare di ridurli a “macchiette” di bruciatori di chiese e spregiatori di libri “sacri”.
Era ovvio (per chiunque fosse interessato a capire e non semplicemente a polemizzare) che mi riferivo a questa qualità e, per sottolinearlo, per primo ho premesso d’esprimere una posizione che non ambiva a collocarsi super partes. Cercare di sminuire il valore di ciò che il nostro antagonista dirà con un bell’attacco preventivo, anche quando ingiustificato e totalmente fuori del contesto, è un divertente trucchetto della retorica… che possiamo perdonare solo appellandoci alla comprensione per chi si senta minacciato in cose in cui ha deciso di credere…indipendentemente da tutto. Come argomenterò in seguito…

Si prosegue con un tentativo di confutazione della “incomunicabilità” di “fede” e “ragione”…o, almeno, si dovrebbe, perché Elys e Spratz sono molto più interessate ad una difesa non del concetto di fede e neppure della religione cristiana, ma della sola Chiesa Cattolica, come avremo modo di verificare a più riprese. Ciò nonostante si deve, appunto, parlare di “tentativo” perché gli esiti non sono convincenti. E’ un fatto di logica elementare: che cosa è la fede (nella visione cristiana, ovviamente)? Un dono, una grazia che lo Spirito Santo elargisce. ("La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono". ( Lettera agli Ebrei 11:1). Chi ne è toccato ha la virtù (così è definita) di non aver bisogno di prova alcuna per credere, non ha la necessità di “mettere il dito nella piaga” come Tommaso…

“Gesù disse a Tommaso: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto hanno creduto” questa, almeno, la traduzione corretta dal greco che, però, è stata cambiata in latino, sostituendo “hanno creduto” con “crederanno”, in modo da cambiarne il significato e rendere vincolante per i “credenti” futuri l’incondizionata adesione ai dogmi. Sarebbe interessantissimo esaminare tutte le varianti che sono state a più riprese introdotte nei passaggi dall’ebraico al greco, dal greco al latino, dal latino alle lingue moderne, sia nella Bibbia che nei Vangeli…ma lasciamo stare: c’è già troppa carne al fuoco. Sta di fatto che la parola “fede” è propriamente intesa come il “credere in concetti, dogmi o assunti in base alla sola convinzione personale o alla sola autorità di chi ha enunciato tali concetti o assunti, al di là dell'esistenza o meno di prove pro o contro tali idee e affermazioni” (definizione enciclopedica, non mia). Questo è quanto di più lontano si possa immaginare dalla “ragione” che si basa su deduzioni in base prove verificabili ed elementi riscontrabili. Tutto ciò è così vero che, in teologia, la ragione è definita “ancilla theologiae”, ovvero “serva dello studio di Dio”. I “credenti” possono anche sostenere che fede e ragione possano andare a braccetto… purché la ragione si sottometta ai dogmi della fede come una buona servetta. E andiamo a dimostrarlo ulteriormente con esempi storici e di attualità, per introdurre i quali esordiamo con una vera chicca: l ’apologetica… che è, secondo la definizione delle nostre amiche cattoliche: “una branca della teologia preposta a dissimulare tutte le eventuali incertezze e a fornire le prove storiche della rivelazione divina agli uomini. Per l’esattezza questo settore pone a fondamento la consapevolezza del pieno valore della ragione, cosa che consente al cristiano di dialogare senza paura con chi non è cristiano, ammettendo lui stesso il valore dell’intelletto”
Con questa definizione le nostre amiche hanno appena dimostrato l’assoluta incompatibilità di qualsivoglia forma di fede (ed in particolare proprio dell’apologetica stessa) con il metodo scientifico. Seguitemi con pazienza: un teologo crede nell’esistenza di Dio, che è necessariamente un atto di fede, non essendo dimostrabile. Quindi parte da una convinzione irrazionale preconcetta e cerca le prove che la confermino. La ragione prende le mosse dall’osservazione, attraverso la deduzione arriva a delle teorie, le verifica sperimentalmente ed accetta (provvisoriamente) i risultati che superino tali verifiche.
Rovesciare questo processo è, da un punto di vista scientifico, una bestemmia.
Provate ad immaginare un fisico che proclami: “Io credo nell’esistenza di una particella sub-atomica chiamata Elystròne…e, adesso, fondo un Istituto che cerchi le prove della sua esistenza…ma, se non trovassimo nulla o trovassimo qualcosa che contraddice questa mia convinzione, non importa perché l’Elystròne è, comunque, una verità”.
Giustamente la comunità scientifica lo metterebbe al bando dopo averlo subissato di risate. L’apparente futilità dell’apologetica è anche dimostrata dall’obbligo insito nella sua natura e nella sua genesi (è una “costola” della Chiesa Cattolica) di fermarsi davanti ai dogmi, ai “misteri della fede”. Non mi risulta che si sia cercato di spiegare da un punto di vista anatomico la verginità di Maria, né sono state elaborate complesse formule matematiche che illustrino la geometria pluridimensionale di un Dio uno e trino; non si sono fatti esperimenti di laboratorio per provare la possibilità di resurrezione o di assunzione in cielo di un corpo materiale… tutte cose in cui un buon cattolico DEVE credere senza alcuna prova. Ma l’apologetica, in realtà, non è affatto inutile: serve a mettere delle pezze ogni volta che il progresso scientifico fa avanzare le nostre conoscenze; serve a produrre quegli “aggiornamenti” e revisioni dei sacri testi che permettano alla fede di tenere il passo con i tempi. La prova? Presto fatto. Sino a che ha potuto la Chiesa ha sostenuto che la Terra era piatta; poi è passata ad ammetterne la sfericità, ma continuando a volerla immobile al centro dell’universo; quando ciò è risultato insostenibile si è difesa l’idea della storicità del diluvio universale e quando anche ciò è stato negato dalla geologia si è passati alla fissità delle specie animali…che è, un po’, la battaglia ancora in corso (almeno in parte) e sulla quale torneremo.
La fede “non vuole spingere a credere in cose non verificabili” , dicono le nostre amiche. Cos’è? Una barzelletta? No, è semplicemente la negazione del significato etimologico della parola stessa: se la fede non spingesse a credere in cose non verificabili non avrebbe bisogno di dogmi e di misteri da accettare acriticamente. In realtà, più onestamente, l’apologetica è definita come “ quel settore della teologia che si occupa di DIFENDERE(donde appunto il termine apologia, dal greco "difesa") LA VERITA’ DELLA FEDE CRISTIANO - CATTOLICA, dimostrando le ragioni della fede cattolica ed esponendo le prove storiche della rivelazione divina agli uomini” definizione che è tratta da fonti ufficiali ecclesiastiche. Lo scopo non è la ricerca della verità (scopo della ragione e della scienza), ma la difesa di una fede… Come volevasi dimostrare…

Elys e Spratz passano poi, attraverso un lungo excursus in cui ci narrano la storia di una delle tante scissioni che hanno lacerato la cristianità, a sostenere, di fatto, che a condurre battaglie oscurantiste ed antiscientifiche (ad esempio contro il neo - darwinismo) non sono i cattolici, aperti al dialogo con la scienza, ma, piuttosto, i protestanti. Sono disposto ad ammettere che, oggi, la punta di diamante della crociata anti – evoluzionista s’identifichi con i gruppi oltranzisti protestanti statunitensi… ma i cattolici stanno cercando di adeguarsi, caso mai Elys e compagna non se ne fossero ancora accorte. Non mi risulta che Letizia Moratti sia nata nel New Jersey, né che si sia convertita ad una chiesa battista… e, per favore, non mi si venga a dire che la sua proposta di abolire l’insegnamento dell’evoluzionismo nelle scuole italiane è stata un’iniziativa politica autonoma…quando abbiamo sentito e visto tutti quali e quante pressioni si siano fatte sui politici di fede cattolica per orientare il loro voto o le loro proposte di legge in un numero impressionante di occasioni dal dopoguerra ad oggi! Ma ammettiamolo pure: la Moratti ha dato di matto per far piacere a Bush e non al Papa… Ma come la mettiamo con il Papa stesso?
Nella famigerata “lettura magistrale” ,tenuta da Papa Benedetto XVI all’Università di Ratisbona il 12 settembre 2006, sono contenuti dei passi che hanno fatto insorgere il mondo accademico internazionale con lettere indignate a quotidiani e periodici…che non hanno avuto il dovuto rilievo per il solo fatto che nella stessa occasione il pontefice è riuscito anche ad offendere l’Islam … e, questa, era notizia mediaticamente più appetibile.
Dice, tra l’altro, Ratzinger: «Questo concetto moderno della ragione si basa, per dirla in breve, su una sintesi tra platonismo (cartesianismo) ed empirismo, che il successo tecnico ha confermato. Da una parte si presuppone la struttura matematica della materia, la sua per così dire razionalità intrinseca, che rende possibile comprenderla ed usarla nella sua efficacia operativa: questo presupposto di fondo è, per così dire, l’elemento platonico nel concetto moderno della natura. Dall’altra parte, si tratta della utilizzabilità funzionale della natura per i nostri scopi, dove solo la possibilità di controllare verità o falsità mediante l’esperimento fornisce la certezza decisiva […] Soltanto il tipo di certezza derivante dalla sinergia di matematica ed empiria ci permette di parlare di scientificità. Ciò che pretende di essere scienza deve confrontarsi con questo criterio». (mentre, aggiungo io, ciò che è fede ne è esentato, ovviamente).
Mi rendo conto della non facile interpretazione delle sottili allusioni, tuttavia gli scienziati che hanno protestato notano due cose: A) un’autorità religiosa che si arroga il diritto di dire alla scienza come deve procedere e quali devono essere i suoi limiti (a proposito di non interferenze). B) che l’accenno alla matematica ed all’empiria vuole escludere le teorie (come, appunto, l’evoluzionismo) che si basano sulla deduzione logica e non su prove matematiche.
Badate: non sono io o degli scienziati comunistoidi e mangiapreti a dare questa interpretazione: sono i siti cattolici, quelli dei “papa boys” che si esaltano titolando i loro Blog con frasi tipo “le riflessioni del Papa sulle teorie del grande scienziato (Darwin): "Non sono dimostrabili"…. Virgolettato perché, a loro dire, è questo che il Papa voleva asserire.

L’attacco della Chiesa Cattolica all’evoluzionismo non è certo becero ed improponibile come quello di alcuni gruppi fondamentalisti cristiani…è solo l’ultimo colpo di coda, mentre l’apologetica è già da tempo all’opera per l’ennesima pezza, per mezzo dell’affermazione che l’evoluzione c’è stata, ma che è parte del disegno divino. La Chiesa Cattolica ha perso un po’ di tempo, visto che un credente molto intelligente come Agostino (il santo, dottore della Chiesa) già sosteneva l’ipotesi di una “creazione incompleta di Dio”.
Tra un po’ arriveremo a dire che Dio si è limitato ad accendere il cerino che ha dato inizio al Big-Bang… tutto il resto è solo una conseguenza del suo “disegno”.
Questo, apparentemente, concilierebbe, in un certo senso, scienza e fede… se nonché…

Metto insieme alcune affermazioni di Elys e Spratz (ed alcuni dogmi cristiani) e cerco di capire…
Noi laici, anche studiando tutta la vita, non possiamo interpretare i sacri testi in modo corretto: la giusta interpretazione arriva solo dall’autorità ecclesiastica e, massima, dal Papa che, in materia di teologia, è infallibile. Ho sintetizzato bene? Quindi sta al Papa (a tutti i Papi…perché nel momento dell’investitura lo Spirito Santo li illumina dando loro, appunto, il dono dell’infallibilità) decidere, ad esempio, quali passi della Bibbia o dei Vangeli vadano presi come verità rivelate e quali, invece, siano allegorici… e non è possibile (sempre per via dell’infallibilità papale) che questo giudizio cambi nel tempo.

Ahiahihai… Mi viene in mente, come esempio tra tanti che ne potrei scegliere, Paolo V, al secolo Camillo Borghese, che s’incontrò con Galileo Galilei nel 1616 per imporgli di non diffondere le idee eliocentriche di Copernico perché contrastavano con il geocentrismo della Bibbia. E’ evidente che non considerava il fatto che la Terra fosse ferma al centro dell’universo come una mera metafora, ma come un’affermazione reale ed inconfutabile, al punto da minacciare il povero Galileo dell’accusa di eresia. Essere eretici significa proprio travisare le verità della fede, quindi dire che la Terra gira attorno al Sole era una eresia? Allora la Terra è davvero ferma, come dice la Bibbia, e noi, oltre che eretici, siamo tutti una massa d’idioti? Oppure Paolo V ha travisato? E com’è possibile che un Papa infallibile abbia mal interpretato una sacra scrittura?! Sì, erano altri tempi… ma non è che i dogmi possono essere assoluti quando conviene e relativi quando fa comodo.
Volete un esempio più recente?
Pio X, agli inizi del 1900, ha dichiarato che “I bambini morti senza Battesimo vanno al Limbo, dove non è premio soprannaturale né pena; perché, avendo il peccato originale, e quello solo, non meritano il Paradiso, ma neppure l'Inferno e il Purgatorio”. (citazione letterale). Siamo, evidentemente, in ambito strettamente religioso, quello in cui il Papa è infallibile per dogma, come ogni buon cattolico deve credere.
Peccato che l’attuale Pontefice abbia messo in dubbio l’esistenza del Limbo stesso…anche se poi una commissione teologica ha cercato di correre ai ripari, rendendosi conto che due Papi infallibili non potevano asserire cose contrastanti, e rilasciando una dichiarazione che è un capolavoro di ambiguità, in cui chi vuole capire che il Limbo esiste lo può fare…ma può fare anche il contrario (gran cosa i Gesuiti!).

Su quelle che, secondo l’apologetica, sarebbero le “prove fisiche” dell’esistenza di Dio…sarei davvero tentato di stendere un velo pietoso: in fondo una fede che sopravvive da 2000 anni merita un po’ di rispetto, che diamine!
Sono le stesse identiche argomentazioni (il mirabile ordine della natura, l’orologio che prova l’esistenza dell’orologiaio, ecc.) che io, all’età di 14 anni, utilizzai per il temino che mi fece vincere una stella di cartone!
Vediamole in estrema sintesi…perché in caso contrario dovrei subissarvi di citazioni con rimandi bibliografici a non finire e, francamente, annoierei persino me stesso… ma da qualche commento non posso esimermi. Esiste un mirabile ordine “TEOLOGICO”? (dicono Elys e Spratz). Cioè un ordine di Dio? Ma non dovevamo dimostrare se esisteva o meno? E lo mettiamo come conditio sine qua non? Semmai esiste un mirabile ordine MATEMATICO che, come le più recenti ricerche dell’astrofisica hanno dimostrato NON POTREBBE ESSERE DIVERSO, se no, semplicemente, l’universo non esisterebbe. E, badate bene (se vi riesce, sono cosucce complicate da spiegare in poche parole e senza formule): se fosse diverso…non lo sapremmo, perché quella sarebbe la nostra unica realtà. Infatti gli astrofisici hanno motivi matematici per ipotizzare universi con regole naturali profondamente dissimili dalle nostre… Non c’è bisogno di alcuna intelligenza superiore per spiegare la forza di gravità, la teoria del caos o la geometria frattale: basta della buona matematica, ma non quella delle scuole medie, quella che prevede geometrie non euclidee, spazi multidimensionali, i tentativi d’interpretare la grande isotropia della radiazione di fondo dell’universo e le leggi fondamentali del continuum spazio-tempo. Bisognerebbe, insomma, documentarsi un po’ con letture che sono meno divertenti di Tex Willer, meno semplici del catechismo, ma decisamente più istruttive. Ma perché farlo, quando la fede non ha bisogno di prove?
In quanto all’orologio ed all’orologiaio, lasciate perdere: è sempre stato un esempio imbarazzante per chi lo ha proposto…perché, allora, ci si dovrebbe domandare chi ha creato l’orologiaio e dovreste rispondere che Egli è increato ed eterno…e qui finisce, in fede non dimostrabile, il tentativo di dare una prova verificabile.
Provate ad immaginare che io vi dica d’avere le prove che la vita sulla Terra è stata portata da Alieni che abitano uno dei pianeti del sistema Sirio (c’è chi lo sostiene davvero). Non vi verrebbe da domandarmi chi, a sua volta, ha portato la vita su quel pianeta? E se vi rispondessi che quegli Alieni sono eterni, ci sono sempre stati e sempre ci saranno, mi accreditereste il fatto d’avervi portato una prova della loro esistenza o, forse, mi rispondereste che sono libero di crederci, ma che è un argomento che non ha più nulla di razionale e piomba nel fideismo? In buona sostanza, dunque, l’apologetica parte da un atto di fede e non va da nessuna parte, salvo che alla necessità di rinnovare il proprio atto di fede.
Vogliamo spendere qualche parola su Newton e l’occhio? E’ un eccellente esempio di un paio di cose interessanti. La prima è come si possa rovesciare indebitamente un ragionamento. Non c’è bisogno di nessuno che “disegni” un occhio perché sia idoneo a percepire la luce. La luce è quello che è (su questo pianeta) e l’occhio dei vari animali si è ovviamente sviluppato attraverso tentativi ed errori, mutazioni genetiche che si sono affermate ed altre che hanno fallito, sino ad essere com’è oggi…e non potrebbe essere diversamente…o non sarebbe un occhio. In secondo luogo ricorrere a tale datata argomentazione dimostra che, in realtà, la lezione dell’evoluzionismo non è ancora stata ben metabolizzata.
In quanto al voler dar forza alle proprie argomentazioni con citazioni di scienziati che non hanno escluso l’esistenza di Dio… vi risparmio, perché potrei riempire quattro pagine di citazioni di Premi Nobel che, al contrario, sostengono la sua sostanziale inutilità nel processo di spiegazione dell’universo.
Sul fatto che i sacri testi siano interpretabili solo dagli addetti ai lavori e sull’infallibilità del Papa ho già detto. Solo una postilla ulteriore: stendere pagine per dire cosa la Chiesa pensa di se stessa ed elencare autodefinizioni in cui la Chiesa certifica che solo la Chiesa è autorizzata a fare questo o quello…non sposta di una sola virgola i dubbi di nessuno. Se voglio sapere se il vino è buono l’ultima persona a cui lo chiederò sarà l’oste. Questo sistema eminentemente tautologico è molto in voga tra chi deve difendere una fede (qualsiasi, non solo quella cattolica, anche quelle laiche). In parole povere… “io possiedo la verità…e la prova è che lo dico io, che possiedo la verità”.
Anche questo sistema “chiuso” è privo di qualsiasi razionalità e si rifà alla definizione enciclopedica di fede già citata.

Mi permetto di sorvolare sulla questione dell’8 per mille, che non ritengo attinente alla discussione "filosofica” in corso… Magari potrà, se vuole, farlo Elena su “Solleviamoci”, blog molto più attento ed adatto di questo alle questioni secolari.

Mi fermo qui. Resto, ovviamente, della mia opinione che un Dio non sia necessario alla spiegazione dell’universo e sia, anzi, una ridondanza che la complica inutilmente (tradendo il famoso rasoio di Occam); resto dell’opinione che quando si fanno atti di fede si rinuncia, per definizione, all’uso della ragione…e anche che è legittimo farlo, ma sarebbe meglio esserne pienamente consapevoli.

Sul “bisogno” che la fede rappresenta per l’essere umano si potrebbe aprire un altro vasto dibattito… tuttavia, pur senza voler in alcun modo frenare la discussione, mi piacerebbe anche spaziare, nei prossimi post, tra altri miei interessi: chi, invece, si sia appassionato, può sempre andare a trovare l’Abietto su “nogod”, che è un sito dedicato espressamente al confronto tra credenti e non credenti.

In ogni caso… siate sereni e… Namasté, saluto il Dio che è in voi.

IL PUNTO DI VISTA DEI CATTOLICI...


Ecco “l’atteso documentone” di Elys e Spratz:. Per non occupare due blog lo ospito io come post autonomo. Un giorno o l’altro mi piacerebbe vedere un sito cattolico che lascia spazio alle argomentazioni dei non credenti con pari dignità…ma lasciamo stare. Avevo anche deciso di limitarmi a fare un commento, ma era, anche quello, troppo voluminoso. Quindi il mio commento lo trovate nel post successivo. Come suggerimento a chi volesse intervenire propongo di usare l’ultimo in ordine di tempo per concentrare lì i commenti eventuali, in modo da non essere costretti a cercarli qua e là. Malgrado lo spazio tiranno ho scelto di accompagnare la fatica delle nostre due amiche con un’immagine che supponevo potesse non dispiacere alle nostre due credenti, per renderlo anche un po’ bellino. Spero di non aver sbagliato…ma di mettere la faccia di Ratzinger non me la sono proprio sentita! :-)
Buona lettura.



Articoleremo la nostra risposta per paragrafi, in quanto dobbiamo affrontare svariati argomenti. Il tempo a disposizione non consente di toccare tutti i punti posti in discussione, ma nonostante questo cercheremo di esporre la posizione dei cattolici ampiamente travisata da confusioni e letture erronee dei dogmi cristiani oltre che delle Sacre Scritture.
E’ importante partire da una considerazione fondamentale. Adattare alle proprie esigenze quanto scritto su un testo Sacro è altamente fuorviante, perché per quanto si possa paventare e dimostrare a suon di citazioni, la propria ragione, si tratta comunque sempre e soltanto d’interpretazioni personali, tacciabili di errore proprio per il loro carattere SOGGETTIVO. Lo stesso Equo, nel post “Riflessione”, sostiene: «E lo faccio, com’è inevitabile, dal mio punto di vista, che prende le mosse da personali concetti e convinzioni». Sebbene poco dopo si contraddica con evidenza sostenendo: «…quindi senza la pretesa di vedersi realizzare un impossibile accordo, ma con la speranza di sentirmi riconosciuta la massima oggettività che si può desiderare da un essere umano». Ora delle due ipotesi una: o si afferma che quanto si scrive rappresenta soltanto uno dei punti di vista (quindi di conseguenza soggettivo) oppure si afferma che quanto si scrive è oggettivo contraddicendo l’esplicita dichiarazione di soggettività insita nel “punto di vista” personale. Come si può essere oggettivi se poco prima si è sostenuto che si sta esprimendo una riflessione in base al proprio punto di vista? Il punto di vista non è già di per sé un esprimere un’opinione soggettiva? E la soggettività non è l’esatto opposto dell’oggettività? E perché a voi è concessa l’oggettività di elaborare teorie su una materia che non vi compete, mentre i religiosi in genere devono necessariamente restare nel proprio ambito senza azzardarsi ad invadere quello della scienza? Se noi non capiamo la grande verità della ragione, voi però potete capire la grande verità della religione? Alquanto incongruente come discorso.

Proseguiamo sempre partendo dalle ultime esposizioni di Equo, che riassumono esaurientemente l’idea comune espressa dai razionalisti del blog e da loro sottoscritta a chiare lettere.

«una “persona di fede” è orgogliosa di “non aver bisogno di prove per credere”, è questa la dimostrazione della sua fede, appunto; un razionalista non può, al contrario, condividere tale atteggiamento senza venir meno a tutto ciò in cui crede… e questa è la principale ragione per la quale la fede e la ragione sono destinate a procedere su binari separati ed a guardarsi con reciproco sospetto.
Ogni volta che la fede invita a credere in qualcosa senza bisogno di spiegazioni o di verifiche, la ragione si sente offesa…e, viceversa, ogni volta che la ragione nega la possibilità dell’esistenza di qualcosa che non si può provare, la fede si ribella… »

Potrebbe sembrare un ragionamento inattaccabile. Ma non è così. Se da un lato è vero che il credente non ha bisogno di prove per confermare a se stesso l’esistenza di Dio, dall’altro il dubbio è naturalmente insito nell’essere umano ed in virtù del pericolo di allontanarsi dalla fede, la religione cattolica ha pensato ad una branca della teologia, l’apologetica, preposta a dissimulare tutte le eventuali incertezze e a fornire le prove storiche della rivelazione divina agli uomini. Per l’esattezza questo settore pone a fondamento la consapevolezza del pieno valore della ragione, cosa che consente al cristiano di dialogare senza paura con chi non è cristiano, ammettendo lui stesso il valore dell’intelletto.
Da qui cosa si evince? Sembra piuttosto ovvio, ma è preferibile non dare mai nulla per scontato. Si deduce che la fede e la ragione camminano a braccetto e non si guardano per niente con sospetto. Se così fosse il cattolicesimo non avrebbe riflettuto su nulla e l’apologetica nemmeno sarebbe stata concepita. Decade quindi anche la convinzione che la fede voglia spingere a credere in questioni non verificabili.

«Spero che si possa tutti convenire che le “invasioni di campo”, in questo caso, sono a senso unico, per una ragione spiegabilissima e quasi accettabile (sottolineo il quasi): la ragione (diciamo, in questo caso, la scienza, ad esempio) non ha alcun interesse ad indagare campi nei quali non può essere adottata come metodo d’indagine e, quindi, si è astenuta, si astiene e si asterrà dall’interferire con le questioni di fede; il massimo che si concede è guardare con occhio scettico alle manifestazioni della fede stessa e bofonchiare: “Non è provato!”…
La fede, al contrario, (diciamo, in questo caso, la religione, ad esempio) è per sua intrinseca natura portata ad estendere il proprio influsso su ogni aspetto della vita e del sapere umano…ed è accaduto, accade ed accadrà con considerevole frequenza che si trovi, quindi, a dire, suggerire o tentare d’imporre il proprio punto di vista sulle questioni che sarebbero di competenza della ragione ».

Qui di carne al fuoco ce n’è davvero tanta! E quanta confusione! La base da cui si dovrebbe partire per COMPRENDERE veramente la religione cristiana in rapporto con la ragione e con la scienza, è abbastanza semplice per chi non si ancora nelle proprie esclusive certezze, dichiarandosi assolutamente sicuro delle sue DEDUZIONI. Il problema non esisterebbe se soltanto si superassero certi preconcetti e certe sbavature interpretative. Il cristiano, o meglio, il dettato religioso non dice “la scienza sbaglia”, ma sostiene “che dietro i processi di creazione, dietro la perfezione e il meraviglioso ordine che vediamo in tutto quanto l’esistente, c’è la mano di Dio”. Ovvero legge in chiave mistico – religiosa il mondo. Avete presente, solo per esemplificare meglio quanto detto e non da prendere in considerazione come una realtà presente ancora oggi, nel Medioevo l’ideologia che si aveva di ogni aspetto della realtà? Dal tempo, alla storia si leggeva tutto sotto l’egida del cristianesimo. Il mondo aveva conosciuto diverse epoche storiche e queste epoche si distinguevano l’una dall’altra per il diverso rapporto che l’uomo aveva con Dio e con la redenzione. Il progresso storico non c’era, perché a detta a loro la società andava verso la completa dissoluzione, realizzatasi in un futuro vicino o lontano (dipendeva dai punti di vista) con la discesa di Cristo in Terra.
Ebbene, oggi la religione cristiana non mette in dubbio le scoperte della scienza, ma le legge in chiave religiosa.
Non staremo qui ad aprire il dibattito sui tentativi detti più volte di far abolire la legge sull’aborto da parte dell’istituzione cattolica, perché sono ovvie le ragioni del perché tentino di farlo. Per la Chiesa l’aborto è un omicidio in quanto l’embrione è già vita. Al di là di quanto possano sostenere gli scienziati, tale è l’interpretazione CRISTIANA della realtà.

«La “convivenza pacifica” sarà possibile il giorno (che è molto lontano) in cui la fede accetterà di auto-limitare le proprie sfere d’influenza, riservandole all’intimo della vita personale degli individui e senza voler più decidere che forma abbia la Terra, come vi si sia sviluppata la vita, cosa sia lecito studiare e cosa no…
Perché questo accada, tuttavia, sarebbe necessaria una rivoluzione tale da trasformare profondamente lo stesso concetto di religione e, francamente, credo sia impossibile che avvenga ».

La questione delle sfere d’influenza, rientra in quanto espresso sopra.
Come si sa oltre al cattolicesimo esistono altre “varianti” della religione cristiana che si sono costituite nel corso della storia e una di queste ha una preponderante presenza negli Stati Uniti d’America. Il protestantesimo. Esso è una forma di cristianesimo sorta nel XVI secolo dalla Chiesa cattolica a seguito del movimento politico e religioso noto come “riforma protestante”, derivato dalla predicazione dei riformatori, fra i quali i più importanti sono Martin Lutero e Giovanni Calvino.
Da un punto di vista teologico il protestantesimo si caratterizza per la varietà delle confessioni di fede e delle chiese, sebbene sia possibile individuare alcuni tratti comuni, come l’importanza assoluta data alla Bibbia nello stabilire la regola della fede, rispetto alla tradizione della Chiesa. L’enfasi sulla dottrina della “giustificazione per fede”, consistente nel ritenere che la salvezza del fedele sia derivata da un atto di fede piuttosto che da comportamenti o azioni. L’idea che la natura umana sia intrinsecamente malvagia e meritevole di distruzione, ma che l’uomo si salvi grazie al sacrificio espiatorio di Gesù. Un’altra caratteristica del protestantesimo storico è l’accentuata dipendenza dallo Stato.
Chiarito questo concetto (importante per quanto diremo tra poco) passiamo a definire meglio il discusso Creazionismo. Il Creazionismo o teologia della Creazione è l’ipotesi che iscrive l’origine dell’umanità, della vita, della Terra e dell’intero universo all’opera di un essere supremo o ad un intervento soprannaturale di una divinità. Tale intervento può essere sia un atto di creazione dal nulla o il porre ordine in un caos primordiale.
In un senso più ristretto il termine creazionismo viene oggi utilizzato soprattutto per indicare la posizione di quei GRUPPI CRISTIANI, SOPRATTUTTO PROTESTANTI americani, che affermano la verità letterale del racconto biblico della creazione (Genesi 1- 2), secondo il quale Dio creò il mondo nell’arco di sei giorni.
Questi gruppi rifiutano la teoria dell’evoluzione delle specie di Charles Darwin, perché la Bibbia afferma che Dio creò tutte le specie viventi in principio e perché considerano scandalosa l’idea che l’uomo possa discendere da una specie animale considerata inferiore, e rifiutano i modelli comunemente accettati dalla comunità scientifica mondiale che spiegano l’origine della vita, l’origine della specie umana, la formazione del Sistema Solare e dell’universo, perché incompatibili con la scala dei tempi presentata dalla Bibbia (secondo questi modelli, infatti, l’età dell’universo è di diversi miliardi di anni).
Molti dei sostenitori della visione creazionista considerano questo un aspetto del loro credo religioso che è comunque compatibile con una visione scientifica del mondo. Altri sostengono che il metodo scientifico può provare l’ipotesi creazionista (il disegno intelligente); altri ancora invece sostengono che la scienza e il razionalismo empirico sono incompatibili con il credo religioso.
Negli STATI UNITI sotto l’etichetta di “creazionismo” rientrano una serie d’iniziative a carattere religioso, politico e sociale (ad esempio nel definire i programmi scolastici) che contestano la teoria di Darwin e chiedono, mediante azioni in tribunale, uguale o superiore legittimità per la tesi creazionista durante le lezioni di scienze nelle scuole. Chi critica queste azioni vede in esse un’indebita interferenza nella separazione tra chiesa e stato ed un approccio non corretto verso un possibile dibattito scientifico. Chi invece le sostiene afferma che non è corretto presentare un’unica teoria sull’origine delle specie senza esporre anche le sue alternative. I critici del creazionismo però sostengono anche che queste teorie alternative non hanno alcuna validità scientifica.
Veniamo adesso al punto cruciale e che interessa i CATTOLICI. Il CREAZIONISMO NON VA CONFUSO CON LE CONVINZIONI DI CHI, PUR ACCETTANDO L’ESISTENZA DI UN ENTE CREATORE, ACCETTA IL METODO SCIENTIFICO PER SPIEGARE I FENOMENI NATURALI. SECONDO TALI CREDENTI, IL RACCONTO BIBLICO DELLA CREAZIONE NON INTENDE ESPORRE LA MODALITA’ PRECISA CON LA QUALE IL MONDO EBBE ORIGINE, MA SOLTANTO ESPRIMERE CON LINGUAGGIO FIGURATO IL FATTO CHE L’UNIVERSO E’ OPERA DI DIO. QUESTA E’ LA POSIZIONE DELLA CHIESA CATTOLICA.
Da ciò cosa deducete? Ovviamente che tutte le vostre riflessioni fatte a proposito delle interferenze della Chiesa nella scienza, delle sue battaglie contro la teoria dell’evoluzione, non hanno niente a che fare con il cattolicesimo, bensì con il protestantesimo. Non c’è nessun eretico, né una tolleranza della Chiesa ad accettare la convivenza tra teorie discordanti per non perdere i suoi fedeli, perché i suddetti fedeli ed ecclesiastici viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda.

« In queste pagine abbiamo anche visto quale possa essere il tentativo di “conciliazione” di cose apparentemente inconciliabili: ad esempio sostenere, come alcune gentili lettrici hanno finito con il fare, che, in realtà, le narrazioni bibliche relative agli aspetti scientifici (creazione dell’universo e dell’uomo, forma della terra, moti astrali, nascita delle razze umane e quant’altro) sono allegorie e che, quindi, si può credere che gli esseri umani si siano evoluti a partire da antenati scimmieschi e, nello stesso tempo, che il racconto di Eva tratta da una costola di Adamo sia una forma poetica di messaggio che nasconde significati che non c’entrano nulla con l’evoluzionismo. Diciamo subito che, accettando questa tesi, ci troviamo non più a discutere con le posizioni ufficiali della fede, quanto con le personalissime opinioni delle lettrici in questione che, in questo modo, si pongono al di fuori dei dogmi del Cristianesimo (anche dell’Ebraismo e dell’Islam, se per questo) […]».

Da tale citazione fino alla fine...diventa tutto aria fritta! In virtù di quanto sostenuto ampiamente sopra.

Concludiamo questa parte del discorso, indicando quelle che l’apologetica indica come prove fisiche dell’esistenza di Dio.
L’argomento si può riassumere dicendo che nella natura esiste un mirabile ordine teologico. Dunque necessariamente esiste una suprema intelligenza ordinatrice. Ma questa intelligenza ordinatrice deve essere anche creatrice dell’universo. Dunque esiste un Dio creatore e ordinatore dell’universo.
Lo stesso Voltaire diceva : « L’universo mi imbarazza e io non posso sognare che questo orologio esista e non abbia orologiaio».
Abbiamo l’ordine del cosmo, ampiamente dimostrato dalla scala degli esseri dai più semplici ai più complessi. Si pensi al regno vegetale, a quello animale o a quello umano. Tutto è armonico e perfetto. Nel regno animale, ad esempio, vi si possono scorgere gli istinti straordinari in virtù dei quali gli animali agiscono e operano con tanta sicurezza e perfezione di mezzi, risolvendo con la massima semplicità i problemi difficili. E cosa dire dell’uomo? Lo stesso Newton diceva che chi ha fatto l’occhio umano doveva conoscere bene le leggi dell’ottica. Alexis Carrell, anatomista americano, conclude un suo libro affermando che «l’esistenza di una finalità nell’organismo è innegabile: tutto avviene come se ogni organo conoscesse i bisogni presenti e futuri dell’insieme e si modificasse secondo questi». Dietro tale armonia la religione cristiana vede l’innegabile presenza di Dio. E’ lui a stabilire l’ordine dell’universo. Se ad esempio nella visione di un tramonto, l’uomo di scienza la interpreta come tutta una serie di processi, l’uomo di chiesa non nega quei processi ma sostiene che dietro di essi, dietro l’assoluta perfezione della luce, della rifrazione solare e via dicendo, vi è il Signore. E ciò si sposa perfettamente con quanto sostenuto sopra a proposito del creazionismo dei cattolici.
Lo stesso Papa Benedetto XVI, nel dialogo che intrattiene con il filosofo Jürger Habermas, afferma che la Fede finisce sempre per confluire nella Ragione. Si abilita uno spazio di libertà dove le idee possano rinnovarsi, evitando la manipolazione del potere. Habermas ammette l’esistenza di un dialogo molto positivo tra la Fede e la Ragione, che deriva dalla prima. Tale convinzione fa dire al filosofo tedesco che il laicismo è positivo purché sia moderato e non rinneghi le radici che rendono possibile l’uso della Ragione nella sfera pubblica. Ovvero non si deve giudicare la storia né pretendere di cancellare ogni traccia , del cristianesimo dall’Europa. Avvertimento, questo che rivolge a coloro che, esercitando il potere, credono che sia necessario spogliare la società dei suoi valori e delle sue radici identitarie. Questo Papa, inoltre, ci mette in guardia contro i pericoli della Ragione priva di valori e della Fede irrazionale. Entrambe rappresentano una grave minaccia per la libertà. Il cristianesimo è l’affermazione dell’uomo. La sua libertà si fonda sulla natura razionale della Creazione. D’altra parte la posizione del Pontefice è alquanto delicata, poiché egli non è soltanto un’intellettuale, ma anche Papa, la Pietra su cui è edificata la Chiesa: milioni di persone guardano a Lui. E in quanto Papa, Benedetto XVI ha un impegno nei confronti della libertà, contro il comodo relativismo che caratterizza il nostro secolo. Per molti può essere scomodo, ma per molti, indipendentemente dalla propria fede religiosa e dalla propria spiritualità rappresenta un valido alleato nella difesa dei valori quali il Bene e la ricerca sincera della Verità (il che esula dal proteggere, per chi avesse già in mente di replicare con la storia dei preti pedofili, coloro che pur vestendo indegnamente la tonaca commettono terribili crimini!) .

Per quanto concerne la Bibbia, menzioniamo quanto segue.
La Chiesa, assistita dallo Spirito Santo e quindi infallibile, i concili ecumenici e i papi, anch’essi infallibili, hanno sempre riconosciuto come Parola di Dio, e quindi vincolante per la fede e la vita del cristiano, la Sacra Scrittura. Secondo il Cattolicesimo solo la Chiesa può dire quali siano i libri sacri, cioè provenienti da Dio e vincolanti.
a) Per il Nuovo Testamento
La Chiesa ha riconosciuto come parola di Dio i 27 libri delle Scritture Cristiane detti "Nuovo Testamento", in cui, secondo essa, è contenuto l’autentico pensiero cristiano.
b) Per l'Antico Testamento
Quanto ai libri delle Scritture ebraiche (Antico Testamento), la Chiesa ha accettato che contengano la parola di Dio solo alla luce dell’interpretazione data ad essi da Gesù.
Per i cristiani l'Antico Testamento contiene una rivelazione «incompleta» e provvisoria e viene perciò letto come preparazione al Nuovo Testamento.
La Chiesa si è sempre comportata in modo libero nei confronti dell'Antico Testamento. Ha infatti lasciato cadere molte norme contenute in esso, come le norme di purità (l’aveva detto anche Gesù almeno riguardo ai cibi - Mc 7, 19), le norme liturgiche e sacrificali, molte norme giuridiche (es. la circoncisione o il divieto di farsi immagini, su cui Gesù non disse nulla.).

L'interpretazione della Bibbia
La Bibbia è un messaggio di Dio, ma le parole attraverso cui si esprime sono parole umane, scritte secondo la mentalità e la cultura dell'autore umano. Ora qualsiasi testo scritto, per essere capito, deve essere interpretato. E ciò è tanto più necessario per la Bibbia, se si tiene conto del fatto che essa è scritta in tempi, culture e lingue molto diverse dalle attuali.
Hanno senso perciò ulteriori domande:
1) Chi può interpretare autorevolmente la Bibbia?
2) Con quali criteri o metodi deve essere interpretata?

1) solo la Chiesa può interpretare autorevolmente la Bibbia. Infatti
- alla radice del Nuovo Testamento c’è una lunga tradizione orale che lo precede;
- è la tradizione che ha scelto quali libri fossero «apostolici»;
- l'interpretazione del testo biblico data dagli antichi ha maggiori garanzie di verità, rispetto a tutte quelle che vennero dopo, sia per la maggior vicinanza al tempo come lingua e sia per la migliore conoscenza dell'ambiente in cui il testo fu prodotto.
E la Chiesa si esprime
- o mediante una sostanziale unanimità dei fedeli,
- o mediante il Concilio Ecumenico,
- o mediante il vescovo di Roma.
Si noti però che la tradizione non ha peso uguale per tutti i punti della fede. Ci sono infatti interpretazioni di testi biblici da tutti sempre e dovunque accettate e queste sono vincolanti per il cristiano. Ci sono invece altre interpretazioni che, anche se comunemente sostenute da molti, non furono sostenute sempre e da tutti e inoltre le persone che dissentirono pubblicamente non furono mai condannate. Queste interpretazioni sono di libera discussione.
2) i criteri per interpretare la Bibbia sono stati fissati dalla Chiesa stessa.
La tradizione antica ci ha presentato due metodi per interpretare la Bibbia:
1) quello della scuola teologica di Antiochia di Siria: preferiva dare ai testi una interpretazione letterale, cercando il senso esatto delle parole usate dall’autore sacro (agiógrafo) e cercando di capire esattamente tutto quello che egli voleva comunicare;
2) quello della scuola teologica di Alessandria d’Egitto: preferiva invece una interpretazione simbolica, allegorica, basata sul principio secondo cui, trattandosi di parola di Dio, la Bibbia poteva avere significati molteplici, al di là delle intenzioni dello scrittore sacro.
Garanzia di non commettere errori in questa interpretazione allegorica è il sentire cristiano (il sensus Ecclesiae).
Una lettura che voglia giungere al pensiero degli autori non può prescindere dalla presentazione che ne fa la comunità nella quale tale libro è sorto ed è sempre stato letto.
A questo riguardo l’obiezione possibile è che anche una tradizione può essere manipolata, può trasmettere errori. Bisogna anche presentare in primo luogo prove o almeno seri motivi di dubbio. In secondo luogo l’eventuale conclusione che la tradizione sia viziata condurrà a rifiutarla, ma non permetterà di proporre al suo posto una interpretazione che nasca oggi e che quindi ha probabilità assai minori di essere vera.
Leggiamo da Elena:

«O magari che l'8x1000 non destinato viene, sempre dallo stato, spalmato sulle chiese accreditate a seconda del numero dei fedeli...»

Su che cosa faccia lo Stato italiano dei soldi non destinati, temo purtroppo non se ne verrà mai a capo, visto che è un “magna magna” generale e qui la religione non c’entra davvero niente. Se poi vogliamo prendercela con il Vaticano pure per gli errori commessi dagli uomini politici di destra o di sinistra, siamo messi male! Ci teniamo però a precisare in cosa consiste prima di tutto l’otto per mille.

«Con il Concordato dell'11 febbraio 1929, che codificava i rapporti tra Stato italiano e Chiesa cattolica, quest'ultima venne dichiarata religione di Stato, e lo Stato italiano si impegnò direttamente a pagare gli stipendi al clero cattolico attraverso il meccanismo della congrua. Questo sistema venne riformato il 18 febbraio 1984 con la firma del nuovo concordato tra il presidente del consiglio italiano Craxi e il segretario di Stato del Vaticano Casaroli: con il nuovo accordo veniva eliminato il concetto di religione di Stato, e si stabiliva che il finanziamento (studiato dall'allora Ministro del Bilancio Paolo Cirino Pomicino) fosse costituito da una frazione del gettito totale IRPEF (l'otto per mille, appunto), che i contribuenti potevano decidere di destinare allo Stato o a una confessione religiosa. La materia fu poi regolamentata dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 e da successivi decreti legge e circolari. Negli anni successivi lo Stato ha firmato intese analoghe anche con le altre confessioni: nel 1986 con le Assemblee di Dio, nel 1993 con la Unione delle Chiese metodiste e valdesi e con i Luterani (intesa ratificata nel 1995), nel 1996 con gli Avventisti e con le Comunità ebraiche. Ad oggi sono quindi sei le confessioni religiose che possono ricevere l'otto per mille. Nel 2000 lo Stato ha firmato due intese anche con l'Unione Buddista Italiana e con i Testimoni di Geova, ma queste ultime due non sono ancora state ratificate dal Parlamento italiano. I Battisti hanno firmato un'intesa con lo stato nel 1993 ma rifiutano di ricevere l'otto per mille» (fonte wikipedia).
Da ciò si evince che il CITTADINO PUO’ SCEGLIERE LIBERAMENTE COSA FARE DEI SUOI SOLDI. Non è obbligatorio devolvere tale percentuale agli ecclesiastici.
Le critiche mosse a tale sistema sono state queste:
«Alcuni cittadini hanno mosso delle critiche verso l'otto per mille, in quanto questo limita la distribuzione del denaro unicamente a religioni organizzate, non fornendo alternative a persone di confessioni religiose diverse da quelle citate. Per queste ragioni l'otto per mille secondo taluni andrebbe contro la laicità dello stato. Altre critiche, sorte dal mondo laico, riguardano la pubblicità della CEI, ritenuta fuorviante, per il finanziamento della Chiesa cattolica. Negli spot sarebbero infatti enfatizzati gli aspetti caritatevoli della donazione, che in realtà è destinata ad aspetti umanitari solo in minima percentuale. La somma ricevuta dalla Chiesa cattolica deve essere impiegata "per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo", così come previsto dall'art. 48 della L. 222/1985. Essa è per la maggior parte impiegata per gli stipendi e le pensioni dei sacerdoti; nel 2005 solo l'8% è stato destinato al terzo mondo. Il totale è stato di 1.021 milioni. Ogni anno viene pubblicato un resoconto riassuntivo delle spese, che riporta la distribuzione dei fondi tra le tre voci principali ma non elenca il numero di progetti finanziati e la spesa corrispondente. Inoltre la Chiesa cattolica non comunica quale percentuale dei fondi ottenuti sia usata a scopo pubblicitario e gestionale».
Tali valutazioni perdono la loro ragion d’essere nel momento in cui la legge non OBBLIGA i contribuenti a versare questo fantomatico otto per mille. E l’accusa di una pubblicità poco chiara, beh, non fa altro che adeguarsi alla natura stessa delle reclame. Quando mai si è vista la pubblicizzazione, ad esempio, di una macchina dove si indica al cittadino che ha un elevato livello di consumo? Oppure che al posto di un tale detersivo ne esiste un altro che offre maggiori garanzie di pulizia? Senza contare che gli utenti hanno la fortuna di potersi adeguatamente informare su tutte le questioni che gli vengono sottoposte quotidianamente. In passato non si avevano certi privilegi ma oggi difficilmente ti metti a dare i soldi tanto perché te lo consiglia una pubblicità. Sono libere scelte. Senza nessun lavaggio del cervello. Se una persona è assolutamente credente e rispettosa e vuole partecipare all’otto per mille, qual è il problema? Saranno soldi suoi!
PS: per quanto concerne altre ed eventuali questioni relative ai commenti succedutesi nei diversi post, rimandiamo ad altra sezione.
Elys & Spratz

mercoledì 20 giugno 2007

RIFLESSIONI


Bene.
Approfitto di questo momento di relativa bonaccia per seguire un mio bisogno: quello di mettere qualche punto fermo nel fiume di parole (non tutte indispensabili) che si sono riversate su queste pagine negli ultimi giorni.
Lo faccio non certo con la presunzione di arrivare a delle “conclusioni”, che prevederebbero il collocarsi in una posizione super partes ed una saggezza che sono ben lungi dal possedere, quanto per riordinare le mie stesse idee, nell’intento di “portare a casa” qualcosa di utile dal vivace scambio d’opinioni… e lo faccio, com’è inevitabile, dal mio punto di vista, che prende le mosse da personali concetti e convinzioni, quindi senza la pretesa di vedersi realizzare un impossibile accordo, ma con la speranza di sentirmi riconosciuta la massima oggettività che si può desiderare da un essere umano…
Approfitto anche della mia posizione privilegiata in questo blog per utilizzare un post, anziché un commento, spero mi perdonerete…

Malgrado tentativi di conciliazione da più parti effettuati sembra evidente che esista una dicotomia profonda tra concetti come “fede” e “ragione” o, se preferite, “religione” e “scienza”… ma, questo, non è strano e, anzi, è implicito nella stessa definizione e nei reciproci, diversi scopi. Infatti è stato ricordato che la fede possiede inevitabilmente (considerandola, anzi, una sua specifica virtù) una componente di irrazionalità che non può essere condivisa né apprezzata dalla ragione: una “persona di fede” è orgogliosa di “non aver bisogno di prove per credere”, è questa la dimostrazione della sua fede, appunto; un razionalista non può, al contrario, condividere tale atteggiamento senza venir meno a tutto ciò in cui crede… e questa è la principale ragione per la quale la fede e la ragione sono destinate a procedere su binari separati ed a guardarsi con reciproco sospetto.
Ogni volta che la fede invita a credere in qualcosa senza bisogno di spiegazioni o di verifiche, la ragione si sente offesa…e, viceversa, ogni volta che la ragione nega la possibilità dell’esistenza di qualcosa che non si può provare, la fede si ribella…

C’è, però, un fatto che complica ulteriormente le cose: non tutti gli esseri umani hanno fede, ma tutti possiedono la ragione. Ne consegue che mentre un razionalista può vivere nel suo mondo fondamentalmente materialista (nel senso filosofico del termine), la persona di fede deve costruirsi un equilibrio non sempre agevole tra le due “pulsioni”.

Il più delle volte la cosa è risolta semplicemente non ponendosi il problema, vivendo le due istanze come momenti separati e non comunicanti della propria vita: per la persona di fede che non voglia rinunciare alla propria razionalità esiste un ambito “normale” nel quale si adottano gli schemi del pensiero razionale, ed un “terreno privilegiato” in cui questi schemi sono sospesi, non utlizzabili, ed occorre ricorrere, appunto, alla fede stessa.
Anche questo, per il razionalista, è inaccettabile, ovviamente.

Un incontro impossibile, dunque.
Domandiamoci, allora, se sia quanto meno auspicabile una pacifica convivenza.
Lo sarebbe certamente… se gli ambiti d’intervento restassero separati e distinti…ma è difficile che ciò possa avvenire.
Spero che si possa tutti convenire che le “invasioni di campo”, in questo caso, sono a senso unico, per una ragione spiegabilissima e quasi accettabile (sottolineo il quasi): la ragione (diciamo, in questo caso, la scienza, ad esempio) non ha alcun interesse ad indagare campi nei quali non può essere adottata come metodo d’indagine e, quindi, si è astenuta, si astiene e si asterrà dall’interferire con le questioni di fede; il massimo che si concede è guardare con occhio scettico alle manifestazioni della fede stessa e bofonchiare: “Non è provato!”…

La fede, al contrario, (diciamo, in questo caso, la religione, ad esempio) è per sua intrinseca natura portata ad estendere il proprio influsso su ogni aspetto della vita e del sapere umano…ed è accaduto, accade ed accadrà con considerevole frequenza che si trovi, quindi, a dire, suggerire o tentare d’imporre il proprio punto di vista sulle questioni che sarebbero di competenza della ragione.
Questo per un fatto banale ed evidente a tutti: la ragione cerca una spiegazione…alla vita, all’universo e a tutto il resto… La fede ce l’ha già!
Se ne deduce che, mentre la ragione è “possibilista”, la fede, per definizione, è assolutista; la ragione è lieta d’essere messa in discussione perché è questo il fondamento della ricerca, la fede non lo può tollerare, perché, nel momento in cui si dubita, ci si pone degli interrogativi, si fanno confronti…si cessa automaticamente d’avere fede!
Questa, per inciso, è anche la ragione per la quale la storia umana è ricca di guerre di religione e non ha mai visto guerre (guerre vere, non diatribe accalorate) tra scienziati.

La “convivenza pacifica” sarà possibile il giorno (che è molto lontano) in cui la fede accetterà di auto-limitare le proprie sfere d’influenza, riservandole all’intimo della vita personale degli individui e senza voler più decidere che forma abbia la Terra, come vi si sia sviluppata la vita, cosa sia lecito studiare e cosa no…
Perché questo accada, tuttavia, sarebbe necessaria una rivoluzione tale da trasformare profondamente lo stesso concetto di religione e, francamente, credo sia impossibile che avvenga.

L’unica cosa che mi sento di proporre in questo limitatissimo ambito è provare ad operare una simile rivoluzione…negli individui, visto che le “istituzioni” non lo faranno mai.
Mi spiego meglio.
Nel tentativo di “giustificare” le invasioni della fede nel campo della scienza, anche su queste stesse pagine abbiamo assistito a coraggiosi quanto velleitari (lasciatemelo dire) sforzi…e di ancor più velleitari ne vediamo mettere in atto in genere nel mondo.
Voler difendere, ad esempio, la “visione scientifica” della Bibbia (o del Corano, o dei testi cosmogonici buddhisti) porta alcune persone, oggi, non nel medioevo, a negare con ostinazione molte evidenze provate: non possono più asserire che la Terra è piatta o immobile (come pure sta scritto nella Bibbia), però si accaniscono, ad esempio, a negare l’evoluzionismo o la datazione del pianeta mediante il carbonio 14.
Ci sarebbe da domandarsi perché, visto che si è dovuto ammettere che la Terra gira attorno al Sole, non si scelga con semplicità anche di concedere che, in fatto di visione dell’universo, quel testo non è attendibile: o era vero tutto (e allora si deve sostenere che la Terra è piatta ed immobile) o è tutto discutibile e rivedibile.
Badate: è quello che ha fatto il Buddhismo. L’attuale Dalai Lama, giocando con un piccolo telescopio da ragazzino, notò che i moti degli astri non corrispondevano a quanto descritto nei sacri testi che stava studiando. Ne dedusse che i sacri testi erano sbagliati, in quel campo, ed oggi lo dichiara tranquillamente, riconoscendo al metodo scientifico una priorità nell’interpretazione del mondo e riservando all’ambito religioso la cura del benessere dello spirito dell’Uomo.
Ma il Dalai Lama non deve difendere l’immagine di un Dio Creatore… cosa che complica un po’ tutto quanto.

In queste pagine abbiamo anche visto quale possa essere il tentativo di “conciliazione” di cose apparentemente inconciliabili: ad esempio sostenere, come alcune gentili lettrici hanno finito con il fare, che, in realtà, le narrazioni bibliche relative agli aspetti scientifici (creazione dell’universo e dell’uomo, forma della terra, moti astrali, nascita delle razze umane e quant’altro) sono allegorie e che, quindi, si può credere che gli esseri umani si siano evoluti a partire da antenati scimmieschi e, nello stesso tempo, che il racconto di Eva tratta da una costola di Adamo sia una forma poetica di messaggio che nasconde significati che non c’entrano nulla con l’evoluzionismo.

Diciamo subito che, accettando questa tesi, ci troviamo non più a discutere con le posizioni ufficiali della fede, quanto con le personalissime opinioni delle lettrici in questione che, in questo modo, si pongono al di fuori dei dogmi del Cristianesimo (anche dell’Ebraismo e dell’Islam, se per questo).
Infatti se questa visione allegorica dei sacri libri fosse accettata… non si vedrebbe la necessità di scatenare da parte delle gerarchie religiose ufficiali una campagna internazionale contro l’insegnamento dell’evoluzionismo nelle scuole, ad esempio.

Le nostre lettrici sono…eretiche.
Ma sono in buona compagnia: oggi la quasi totalità dei Cristiani possiede, infatti, opinioni personali che non coincidono affatto con quelle delle Chiese Cristiane e che, nel medioevo, sarebbero bastate per mandarli tutti al rogo.
E’ il prodotto di quel tentativo cui facevo cenno di conciliare la ragione con la fede: ognuno ha una diversa soglia di “tolleranza dell’irrazionale” e si arriva, quindi, alla costruzione di tante diverse e personalizzate “religioni” che le gerarchie ecclesiastiche, oggi, tollerano facendo finta di niente per non perdere masse e masse di fedeli.
Se, ad esempio, il Vaticano imponesse degli “esami di Cristianesimo” nei quali bisogna dimostrare di aderire a TUTTI i dogmi della Chiesa Cattolica Apostolica Romana… credo che i Cattolici nel mondo si ridurrebbero a poche migliaia…

Tuttavia, anche volendo esaminare le dichiarazioni di fede alla luce del fatto che molti episodi (quali? Perché non tutti, a questo punto?) narrati nei sacri testi siano allegorici… personalmente resto con grandi domande aperte…
Faccio solo un esempio.

In una data può esserci una ben scarsa valenza allegorica: è un dato matematico puro e semplice.
La Bibbia ci dice che la Terra è stata creata 6000 anni or sono… e noi sappiamo con certezza che non è vero.
Se Dio ha creato la Terra…saprà pur quando lo ha fatto, no?
Perché, mentre ispira la Genesi ai profeti del popolo ebraico, commette un erroruccio di tre miliardi di anni? Che senso ha? Poteva dire “La Terra è stata creata moltissimo tempo fa”: perché 6000 anni?
Semplicemente perché è la cifra che risulta se si sommano gli anni in cui hanno vissuto i protagonisti (Adamo ed i suoi discendenti sino ai Re d’Israele, ecc.) le cui vite e vicende sono narrate nella Bibbia stessa: la creazione dell’Universo è ridotta alle dimensioni della nascita dello stato di Israele…e ci mancano tre miliardi di anni.
Il Creatore di galassie, di tutto ciò che vive sul pianeta e fuori di esso… è ridotto al rango di un’agenzia immobiliare per la distribuzione di terre promesse. Se credessi in un Dio non potrei credere nel Dio di Abramo: gli è stata data una dimensione un po’ troppo provinciale.
Per questo le persone intelligenti, come le nostre lettrici credenti, si costruiscono la loro fede personalizzata.
Facciano, allora, un passo in più: cessino del tutto di difendere una indifendibile visione biblica della vita, dell’universo e di tutto il resto, si affidino del tutto alla ragione per interpretare il mondo… e riservino a Dio, se vogliono, il fondamentale ed importantissimo compito di guidarle nelle loro scelte morali.

martedì 19 giugno 2007

lunedì 18 giugno 2007

LA VITA, L'UNIVERSO E TUTTO IL RESTO...



Va bene. Ve la siete cercata. Vi beccate un interminabile post…e stiamo a vedere cosa succede…



“Ci sono più cose, Orazio, tra cielo e terra di quante i tuoi filosofi possano immaginarne…”
...fa dire Shakeaspeare ad Amleto nell’omonima tragedia.

Concetto, questo, sul quale concordo…per aggiungere subito che questo non significa che “strani episodi”, “fenomeni insoliti”, “cose inspiegabili”, debbano essere indagate partendo dal presupposto che si tratti di questioni che travalicano la natura per collocarsi in una sfera mistico/religiosa o simili.
Non è poi passato molto tempo da quando anche il fulmine era una manifestazione divina (era Zeus a scagliarlo, ricordate?) ed ancor meno da quando le strane pietre a forma di conchiglia che ogni tanto si trovavano arando i campi erano definite “scherzi di natura” ed attribuite ad una “Vis Vitae”, ad una forza vitale di origine altrettanto divina…mentre oggi ne spieghiamo chiaramente l’origine attraverso il procedimento di fossilizzazione.
Man mano che la scienza procede, per tentativi ed errori, ad interpretare la natura che ci circonda, i fenomeni che sino a ieri apparivano misteriosi ed arcani rivelano i propri segreti e si collocano in un disegno armonioso che siamo ancora lontani dal comprendere a fondo ma che, sempre meno, è costretto a tirare in ballo interventi consapevoli di qualche Esistenza Superiore.

Prima di lanciarmi in una piccola e modesta disanima della discussione lasciatemi dire una cosa che mi tocca: da parte degli “idealisti” (nel senso filosofico del termine) capita talvolta di tirare in ballo il mio amato Oriente come fonte di una maggior spiritualità, contrapposta al “materialismo” del nostro Occidente… il che è vero…ma si tende a dimenticare che l’Asia è anche il continente che ha dato i natali ad importanti sistemi filosofico-religiosi ricchi di quella spiritualità di cui si diceva, ma anche profondamente atei: non solo nel Buddhismo delle origini non è prevista alcuna esistenza di un dio, ma, anzi, una tale presenza sarebbe considerata deresponsabilizzante per l’individuo e, quindi, assolutamente negativa.

Qualcuno ricordava che Sherlock Holmes (grazie alla penna di Conan Doyle) sostiene che “eliminato l’impossibile ciò che resta, per quanto improbabile, è la verità”…ed io rammento anche il vecchio caro “rasoio di Occam”, che sostiene che, tendenzialmente, la spiegazione più semplice è quella giusta. Tuttavia il problema è proprio qui: come posso “eliminare l’impossibile” se non concordiamo su cosa sia possibile e cosa no? Come posso trovare la spiegazione più semplice se non ci accordiamo sul concetto di “semplice”?
A me alcune cose sembrano ovvie…per poi scoprire che, per un altro non lo sono affatto e che lui ritiene più probabili cose che ai miei occhi risultano assai poco credibili…
Farò un esempio sulla stregua di ciò che Spratz narra come suo “Primo Episodio”…

Torino, le tre di notte, Piazza Vittorio. Sto su una panchina ad interrogarmi su scelte decisive che mi attendono nella vita, pieno di dubbi, combattuto tra i pro ed i contro che sembrano equivalersi. Attraversando la piazza nella mia direzione mi si avvicina un barbone ubriaco che mi afferra per le spalle e bofonchia una serie di parole ingarbugliate tra le quali distinguo una frase: “Ci vuole un sogno!”
E’ fatta. Raggiungo una improvvisa “Illuminazione” e decido cosa fare nel mio futuro…

Ora: nella mia personale interpretazione ciò che è accaduto è semplice: il barbone seguiva i suoi etilici e confusi pensieri e borbottava per i fatti suoi; la mia particolare sensibilità di quel momento ha voluto vedere “un segno” in quelle parole perché avevo un disperato bisogno di una spinta in una o nell’altra direzione. Un giorno prima od uno dopo e quelle parole non avrebbero avuto significato né impatto e, anzi, me le sarei scordate dopo 5 minuti…
Lo stesso vale per i sogni. Immaginate di attraversare un mercato rionale e di vedere, durante questo transito, duecento persone. Cento novantanove sono illustri sconosciuti. Il duecentesimo è un vostro vecchio compagno di scuola. Tornando a casa racconterete: “Sai, al mercato ho visto Elio… Stava con una tipa , si è fatto crescere la barba, aveva un Rolex al polso…”
In realtà di persone continuate ad averne viste duecento, ma fissate nella memoria solo quella che ha per voi un valore emozionale.
Io posso sognare per duecento notti di seguito d’inciampare per le scale, ma, dato che il mattino dopo prendo l’ascensore, al sogno non attribuisco nessuna importanza e lo dimentico in breve tempo. Nella duecentounesima notte sogno che un cane mi morde la caviglia e, la mattina dopo, mi prendo una storta…ed ecco che il sogno “premonitore” mi si incide nel cervello ed acquista un significato…che sono io stesso ad attribuirgli. Se, invece, non mi prendo nessuna storta dimentico anche quello e aspetto… che, tanto, la statistica è dalla mia parte e, prima o poi, qualche attinenza salta fuori… se voglio crederci. Purtroppo voler contestare le statistiche è come voler mettere in discussione la matematica: vince lei, non c’è speranza…
Ma, come appunto si fa qualche volta in matematica, facciamo un ragionamento “per assurdo” o, se preferite, facciamo il vecchio gioco infantile del “facciamo finta che…”

Facciamo finta che, ad esempio, la signora in coda che consigliò a Spratz di “avere fede” non sia né una brava donna che ha notato gli inconsci segnali di disagio della giovane che le è accanto ed ha voluto bonariamente offrirle una parola di conforto, né una pia donna abituata a consigliare d’aver fede a tutti e sempre perché pensa che la fede risolva ogni cosa; facciamo finta che non sia stata Spratz a dare un significato a parole casuali (come quelle dell’ubriaco)… In questo caso cosa resta? Spratz non lo dice per un giusto e modesto riserbo ma, in questo caso, non resta che credere in un Messaggio che viene dall’Alto: la vecchia signora altri non era che un Angelo (dall’ebraico che significa, appunto, “messaggero”) venuta sulla Terra per aiutarla in un difficile momento della sua vita.
Badate: io so bene che alcune serie televisive americane ci stanno facendo abituare all’idea che gli Angeli sono tra noi con il compito di intervenire nelle nostre vite, ma, francamente, se così fosse davvero m’arrabbierei moltissimo!
Insomma! Ma davvero il Signore Creatore deve inviare i suoi messaggeri per (che so?) convincere un certo John Fergusson di Minneapolis a far la pace con la figlia prima di morire mentre, a morire nel mondo, sono migliaia di bambini ogni giorno?
Dove accidenti è l’angelo della bambina thailandese mentre si trova tra le mani di un bruto? E’ forse impegnato in una coda all’anagrafe per dare un buon consiglio a Spratz?

Preferisco credere nel caso e nella nostra interpretazione dello stesso, altrimenti i supposti Angeli mi diverrebbero veramente odiosi…

Sul fenomeno del “déja vu” è “deja” stato detto tutto: il cervello umano non è assolutamente in grado di distinguere le illusioni che esso stesso provoca. Basta una sonda capillare infilata in precisi punti della corteccia cerebrale per avere l’assoluta ed incrollabile certezza d’aver visto delle cose, sentito dei suoni o percepito degli odori e, anche senza sonde (che servono solo a provare praticamente la teoria) alcune reazioni chimico-elettriche possono alterare il nostro senso del tempo… e questo, in realtà, è in grado di per sé di spiegare perfettamente moltissimi “fenomeni” come le cosiddette “premonizioni” che altro non sono che delle “postmonizioni” retrodatate.
Non fidatevi di me: nelle librerie mediche specializzate trovate un’ampia ed indiscussa documentazione in merito…

Concordo invece perfettamente con Ska quando interpreta i sogni della cugina come elaborazione di dati inconsci: esiste nell’essere umano un “metasistema” di controllo che conosce in tempo reale ogni aspetto della nostra condizione psicofisica e che, più spesso di quanto non si creda, si manifesta attraverso i sogni che, in linguaggio simbolico, ci lanciano dei segnali di allarme o di rassicurazione. Questi sì, che sono “fenomeni” che vale la pena esplorare… ed infatti la psicoanalisi e la medicina neo-psicosomatica, attribuiscono grande importanza all’interpretazione dei sogni…

C’è poi una considerazione che vorrei fare, sperando di non urtare la suscettibilità di nessuno: il mio è un discorso generico, statistico, e non necessariamente riguarda qualcuno dei partecipanti a questa discussione…

Gli psicologi hanno da tempo evidenziato (con cifre difficilmente discutibili) la “categoria” di persone che ha avuto esperienze “extra-naturali” e, in questa categoria, mi perdonino i credenti, si collocano TUTTE le esperienze fuori dall’ordinario: apparizioni di fantasmi, visioni della Madonna, contatti con extraterrestri, premonizioni, ricordi di vite precedenti, ecc.
Nessuna di queste persone ha una vita particolarmente disagiata: se stai cercando di procurare un tozzo di pane ai tuoi figli non hai tempo per le visioni.
Nessuna di queste persone ha una vita particolarmente gratificante ed è pienamente soddisfatta di ciò che è e di quello che fa.

Si situano tutte in una fascia che potremo definire di medietà (o, a voler essere sgradevoli, di mediocrità) con, però, in comune anche il forte bisogno di distinguersi, di sentirsi in qualche modo “diversi” e speciali, pur sostenendo la loro assoluta normalità.
In altre parole a queste persone accadrebbero, come qualità e quantità, le stesse esperienze di chiunque, ma sarebbero più portate a “vedere segni” là dove esiste solo la casualità, a dare significati ad episodi di per sé spiegabili con l’ordinaria legge della statistica, ad interpretare gli accadimenti secondo uno schema deciso a priori.

Credo che molti di voi sarebbero sorpresi nel sapere come funziona (o non funziona) veramente la mente umana…
Nel suo secondo (o terzo, non ricordo) viaggio verso quelle che allora si chiamavano le Indie Occidentali, Cristoforo Colombo sbarcò con la scialuppa, lasciando i galeoni al largo della costa. Fu accolto da indigeni amichevoli che volevano sapere se avesse attraversato il mare su quella barchetta. Egli negò, indicando loro le navi che erano lì, in bella vista… Ma gli indigeni americani… non le vedevano! Erano oggetti talmente fuori dalla loro esperienza che gli occhi registravano l’immagine e la trasmettevano al cervello, ma questo non era in grado d’interpretarla, di incasellarla in qualcosa di conosciuto e, quindi, semplicemente, la rifiutava. Solo dopo molti tentativi, descrivendo le navi pezzo per pezzo e ricorrendo a paragoni ( “le vele sono grandi teli, come quelli delle tende da campo… lo scafo è come questa barca, ma molto più grande…) gli “indiani” videro le navi e, da quel momento, non ebbero, ovviamente, più problemi a farlo immediatamente.
Il nostro cervello può non farci vedere qualcosa che c’è, può farci vedere cose che non ci sono affatto, può “inventare” collegamenti tra cose che sono slegate tra di esse… e, cosa più importante, se la nostra mente pensa che sia vero, per noi non esiste altra verità.

Il giorno (per rifarmi ad un post precedente) che vedrò un asino volare… non mi basterà ancora: andrò a chiedere conferma a qualcun altro se lo vede anche lui.
E farò molta attenzione a scegliere una persona che abbia problemi diversi dai miei… o rischieremo soltanto di confermarci a vicenda nelle nostre illusioni.

venerdì 15 giugno 2007

SUPPLEMENTO 2


Vorrei parlarvi del Figlio di un Dio, nato il 25 Dicembre da una donna vergine alla presenza di un gruppo di pastori ed al quale furono portati in dono oro, incenso e mirra.

Venuto sulla Terra Egli insegnerà che l’anima è immortale, che esistono un Paradiso in cui vanno le anime dei Beati ed un Inferno popolato da demoni torturatori ed introdurrà il battesimo come forma di purificazione… Stabilirà, inoltre, che la Domenica è il giorno sacro dedicato al Signore e che il capo della sua Chiesa porterà il titolo di Pater Patrum, poi abbreviato in Papa…

Potrei continuare, ma credo che, a questo punto, siate sicuri d’aver capito di chi sto parlando, vero?

Sbagliato.

Sto parlando del Dio Mithra, una divinità dell’Induismo e, poi, della civiltà persiana, i cui primi riferimenti storici risalgono a 1.400 anni prima di Cristo.

Il suo culto fu introdotto a Roma prima del Cristianesimo e, per molto tempo, godette di un ampio favore, in particolare tra i Legionari e, in una certa misura, gli schiavi.

Mettiamola così, amici miei: se quella mattina del 28 ottobre dell’anno 312 dopo Cristo l’imperatore Costantino fosse sceso dal letto con l’altro piede, oggi l’occidente del mondo sarebbe mitraico, anziché cristiano.

La fede, talvolta, è troppo soggetta a variabili geografiche o storiche…

SUPPLEMENTO


Va bene.
Mi ci sento un po’ trascinato per i capelli e obtorto collo…ma tant’è: ho voluto la bicicletta e, ora, mi tocca pedalare.

Lasciamo da parte per un momento la Chiesa Cattolica, i suoi difetti ed i suoi pregi, e proviamo ad andare alle radici, ovverosia a parlare della fede.
Badate: non mi riferisco unicamente alla fede in questa o quella divinità, ma proprio al concetto di fede, ovvero alla “adesione incondizionata ad un fatto, ad un’idea, determinata da motivi non giustificabili per intero dalla ragione” ( dallo Zingarelli).

Ora provate a seguirmi… Se una persona vi dicesse: “Ho le prove che gli asini volano… e queste prove consistono nel fatto che io ti dico che gli asini volano!” probabilmente vi fareste una risata o ve ne andreste considerandolo quanto meno uno sprovveduto.

Perché, allora, nel caso della fede religiosa, un simile atteggiamento di accettazione acritica dev’essere considerato una virtù?

Il mio Dio è quello giusto…e la prova è che te lo dico io che sono stato incaricato dal mio Dio…che è quello giusto! Inoltre la prova che parlo a nome di Dio sta nel fatto che io lo affermo…” è poi così differente dall’asserzione sugli asini volanti?

Di fronte alla contestazione di questi falsi sillogismi autoreferenziali, abitualmente, la risposta di chi ha fede diventa: “Tu puoi dire quello che vuoi: io credo e basta!” Il che, ovviamente, mette fine a qualsiasi discussione: per confrontarsi bisogna essere disposti ad usare la ragione, a paragonare tesi e prove; chi ha fede (l’adesione incondizionata ad un’idea non giustificabile dalla ragione, appunto) non ha alcun interesse o volontà nel farlo e, di conseguenza, qualsiasi discussione in merito, anche la più civile, non ha significato: qualsivoglia argomentazione logica s’abbatte contro il muro incrollabile di una decisione aprioristica che non può essere scalfita da nulla al mondo.

La dimostrazione logica dell’esistenza o meno di una divinità è una contraddizione in termini; ergo: dibattere tra chi ha fede e chi crede nella ragione non ha alcun senso e può portare solo all’esasperazione delle reciproche posizioni.

Facciamo così: coloro che hanno fede discutano tra di loro, magari per decidere se il Dio in cui credono è quello di Abramo, di Gesù o di Maometto… ed i propugnatori della ragione, pur continuando com’è loro diritto a rivendicare dignità e rispetto per il loro agnosticismo od ateismo che sia, la smettano di cercare di convertirli al pensiero razionale che, in fatto di fede, è utile più o meno come una bicicletta per un pesce.

Per quanto mi riguarda, come mi è capitato spesso di dire, sono pronto a credere anche che gli asini possano volare.

Ma, prima, dovete farmene vedere almeno uno.

UN'OPINIONE

Avevo intenzione, in realtà, di parlare più del metodo di discussione che del merito della stessa, ma, a questo punto, dopo le polemiche più o meno garbate che hanno coinvolto un po’ tutti, se lo facessi sembrerei sfuggire il confronto, quasi volessi mantenere una neutralità super partes… atteggiamento che non mi appartiene.
Pertanto entrerò nel merito, almeno per quanto lo consente il mezzo di comunicazione che usiamo, riservandomi di parlare del metodo semmai in un secondo tempo.
Come “linea guida” farò riferimento in particolare agli ultimi commenti di Elys, anche perché è quella che si è sentita più coinvolta personalmente dalle critiche alla religione in generale ed alla Chiesa Cattolica in particolare.

“La Chiesa è un'istituzione religiosa e come tale ha le sue leggi e suoi dogmi da rispettare”… dice Elys…e, aggiungo io, ne ha pieno diritto… a patto che non voglia imporli a chi non li condivide.
La Chiesa è contro il divorzio? Niente da ridire: può anche affermare che coloro che sciolgono un matrimonio passeranno l’eternità tra le fiamme dell’inferno, è di sua competenza. Ciò che, al contrario, non ha il diritto di fare è mobilitarsi per impedire che una legge dello Stato che consente il divorzio venga approvata (ricordate i "bravi parroci di campagna" che facevano comizi dai pulpiti?) o tentare di farla abrogare. E questo, badate bene, non tanto perché si tratti di un’interferenza, quanto perché viola quel principio di libertà individuale cui facevo cenno in altra occasione: io non obbligo nessun Cattolico a divorziare; perché i Cattolici lo vogliono impedire a me?
A ben vedere la questione è tutta qui: la Chiesa Cattolica (come anche le istituzioni delle altre due religioni monoteiste) ha la convinzione di possedere una Verità Rivelata e di avere il diritto/dovere d’imporla anche a chi non la condivide e questo, dal mio punto di vista, non è accettabile… e non è nemmeno ecumenico.
Quando verrete a trovarmi, qui nella Contea, scoprirete che nella mia libreria, tra i tanti volumi, ci sono tutti i libri sacri delle principali religioni: il pensiero dell’Uomo m’interessa in ogni sua forma e, quindi, mi sono preso la briga di leggere la Bibbia ed i Vangeli, il Corano, la Torah ed il Talmud, le Sri Isopanisad induiste, testi di varie correnti del Buddhismo, il Bardo-Todol tibetano, testi sulla spiritualità sciamanica o su quella dei Nativi Americani, ecc.
Credo, senza false modestie, di poter dire che, in materia, non sono uno sprovveduto.
Alla luce di ciò mi sento anche di affermare che la Chiesa Cattolica può essere considerata tollerante e permissiva…solo se paragonata agli integralismi dell’Islam o dell’Ebraismo, ovvero della religione originale da cui è nata e dalla sua successiva evoluzione. A paragone, invece, della maggioranza delle altre fedi, le tre religioni monoteistiche sono le più assolutiste, e considerare l’operato della Chiesa tollerante e permissivo solo perché si paragona a quello di fanatici religiosi oscurantisti non è molto corretto.
Mi piacerebbe infinitamente poter evitare di occuparmi di ciò che la Chiesa dice o di quello che mette in atto; per farlo, però, occorrerebbe che la Chiesa stessa non uscisse costantemente dall’ambito della “cura delle anime”, che dovrebbe essere il suo compito, per invaderne altri… e non parlo solo della politica. I Cattolici vogliono credere nella Creazione? Nel fatto che le specie di animali sono immutabili? Ancora una volta liberi di farlo; ma non liberi di cercare d’impedire l’insegnamento delle teorie evoluzioniste nelle scuole, come accade in alcuni stati degli USA e come si è proposto anche in Italia… In fondo dovrebbero essere passati un po’ di anni da quando al povero Galileo fu imposto d’affermare che era il Sole a girare attorno alla Terra, eppure la Chiesa tenta ancora di dire alla Scienza cosa e come deve pensare. Anche questo non mi sta bene.
Dirò di più: non dovrebbe star bene in primo luogo ai Cattolici! Dovrebbero essere i primi a dire alle gerarchie ecclesiastiche: “Occupatevi delle anime…e lasciate stare il resto”.
Così come dovrebbero essere i primi ad indignarsi e protestare con forza di fronte non tanto ai diffusi casi di pedofilia tra i sacerdoti (che sono uomini e, per di più, costretti ad una castità non sempre desiderata) quanto al tentativo di garantire a questi personaggi una sorta d’immunità grazie al loro abito talare.
Se i buoni Cattolici vogliono evitare che gli anticlericali si scaglino contro la Chiesa per episodi del genere… lo facciano loro per primi, si facciano portatori di una ventata di rinnovamento… toglieranno forza alle armi ai loro avversari.
Ma non si può fare perché, in materia teologica, il Papa è infallibile!
Questa non la capisco, scusate.
Papa Pio X, agli inizi del secolo scorso, stabilì che le anime dei bambini non battezzati venivano indirizzate al Limbo; il Papa attuale ci ha informati che il Limbo non esiste e le anime dei bambini non battezzati vanno comunque in paradiso. Due Papi infallibili che affermano due cose contrarie?
Il problema, quando si parla in particolare della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, è che parliamo di tutto e del contrario di tutto: nella Chiesa ci sono e ci sono stati i preti-operai e quelli confindustriali, i Francescani ed i Gesuiti, quelli che nella Seconda Guerra Mondiale salutavano romanamente e benedicevano medagliette con la scritta “Dio stramaledica gli Inglesi” ed i preti-guerriglieri dell’America Latina, i Giordano Bruno e quelli che lo hanno bruciato vivo, i Cattolici dell’I.R.A. irlandese e quelli dell’Opus Dei spagnola… Ma i “buoni Cattolici” (buoni dal mio punto di vista, s’intende) dovrebbero smetterla di cercare di difendere ad ogni costo anche ciò che non è difendibile e che, per di più, sarebbe in primo luogo loro interesse debellare e sradicare.
Dire che nel Clero ci sono tante brave persone non può diventare la foglia di fico che copre le vergogne.
Elys dice che lei non obbliga nessuno a credere in Dio (e intende nel Dio dei Cattolici, ovviamente) e sono certo che per lei è così… Purtroppo la tendenza ad imporre le proprie idee è, invece, radicata in molti rappresentanti della Chiesa e, in merito, avrei un gran numero di significativi esempi che, per il momento, vi risparmio e che sciorinerò solo se costretto.
C’è poi un particolare che mi ha molto sorpreso, arrivando da una persona che mi è parsa sempre sensibile e delicata…quando non si affronta il tema della religione: affermare tautologicamente che la persona che è in disaccordo con noi ha la mentalità chiusa e si basa su una logica errata… intanto non è un argomento ma, appunto, solo un’affermazione; in secondo luogo è una vera e propria aggressione personale: è come dire “io con te non ci parlo perché sei stupida”… e questo non è carino, vero?
D’altra parte, quando si tocca questo tema, in molti fanno fatica a mantenersi equilibrati: lo abbiamo visto anche con l’Abietto che, dopo aver dato prova di grande misura quando si parlava di pedofilia, arrivando giustamente a mettere in guardia contro i nefasti effetti di ogni crociata… quando si sfiora l’argomento “Chiesa” prende lui stesso toni da crociato, investito dal Sacro Fuoco della Ragion Pura!
E tutto ciò è solo aria fritta, bassa macelleria… Ben più importante sarebbe parlare (se lo si potesse fare con delicata calma) delle ragioni psicologiche profonde che stanno alla base delle scelte (religiose, ateistiche, agnostiche) degli individui…
In ogni caso, per rispondere anche all’Abietto che aderirebbe al fantomatico Partito solo se certo di non trovarsi in quella che, per lui, è una cattiva compagnia, aggiungerò che la discriminante è che le opinioni personali non interferiscano con le scelte di carattere eminentemente politico: in altre parole se una persona la pensa come me su cosa accidenti fare per evitare che questo pianeta vada del tutto a puttane o, più modestamente, su come dare ai giovani di questo Paese un futuro decente ed agli anziani una pensione decorosa… poi, nel suo privato, può anche passare la notte ad offrire fiori di ibisco alla Dea Ishtar, adorare il Mostro Volante a Forma di Spaghetti o comunicare telepaticamente con gli Alieni e, sino a che non mi viene a dire che gli Alieni vorrebbero conoscere il mio numero di carta di credito, a me sta bene.
Perché, sempre a proposito di libertà individuale, può anche darsi che alcune convinzioni abbiano più dignità di altre… ma non sarò certo io a decidere quali, così come non voglio che nessuno lo decida per me.

E adesso, se vi riesce, controllate la bagarre… prima o poi vorrei tornare a parlare di cose importanti.