domenica 27 gennaio 2008

LA LEZIONE DELL'UOMO-RAGNO


Mi tocca esordire (non è la prima volta... e non sarà l'ultima, temo) con il rivolgere delle scuse a quelle amiche ed a quegli amici che mi hanno garbatamente rimproverato una certa latitanza, sia per quanto riguarda il blog, sia, cosa forse più grave, per ciò che concerne la corrispondenza privata.

Come coloro che meglio mi conoscono sanno, mi capita di concedermi (o d'essere costretto a prendermi) dei periodi "sabbatici" in cui rinchiudermi un tantino in me stesso.
Per fare bilanci, leccare ferite, ricaricare le batterie.
Non durano mai moltissimo e, dopo, sono in grado di ritornare sulla ribalta virtuale (parafrasando il grande Petrolini) "...più bello e più superbo che pria!"

Dopo le doverose (ma non per questo insincere) scuse potrei cercare di cavarmela dicendo che, in fondo, la gestione di un blog dev'essere un piacere e che non si dovrebbe mai farla diventare un dovere con scadenze precise ed ineluttabili da rispettare, se non si vuole, prima o poi, finire con il considerare il tutto un peso, un lavoro e, alla fin della fiera, persino una fastidiosa incombenza cui non ci si può più sottrarre!

Ma questo non basta...
Io penso che, anche tramite uno strumento effimero come un blog, ogni persona debba dar fiato alla voce (od alla tastiera) ... quando ha qualcosa da dire.

Lo so che la Rete è stracolma di blog dove adolescenti di ogni età pubblicizzano le loro quotidiane, comunissime esperienze o trascrivono ingenui versi di infantili poesiole...
Lungi da me l'idea di voler impedire alla studentessa di Voghera di parlarci dei suoi primi palpiti amorosi o dell'adorazione che nutre per il cantante pop del momento!
Sono per la libertà d'espressione di tutti... ma, nei confronti di me stesso, tendo ad impormi dei limiti più rigidi.

Io credo nella lezione che ci è stata impartita da Spiderman: a grandi poteri corrispondono grandi responsabilità.

Quello di poter comunicare i propri pensieri, le proprie opinioni, potenzialmente al mondo intero è un potere da non sottovalutare... e, appunto, dovrebbe essere trattato con un altrettanto grande senso della responsabilità personale.

Per cui, amiche ed amici, lasciate che latiti per il periodo necessario, sino a che non sentirò d'avere qualcosa che (a mio giudizio, inevitabilmente) vale la pena d'essere condiviso.

In fondo pensate a quanto sarebbe più pacato e stimolante il mondo se coloro che non hanno nulla da dire tacessero!

sabato 12 gennaio 2008

NUOVA PARENTESI PERSONALE


Sono stato sollecitato, da parte di nuovi amici della Rete, a spiegare le ragioni della scelta del nome del blog.
Credo che il modo migliore, per evitare lunghi discorsi e non tediarvi troppo, sia quello di riportare il testo di una mia vecchissima ballata ed anche il commento che la presentava...


La ballata in questione è una di quelle che amo di più... i suoi versi finali, tra l'altro, desidererei formassero il mio epitaffio.

Il che, probabilmente, la dice lunga su di me, immagino...

In questa ballata esalto quello che, secondo me, è il più antico e nobile mestiere del mondo: quello del Narratore.
Le puttane, in realtà, sono venute molto dopo.
In quanto a coloro che cacciavano o raccoglievano bacche... si trattava solo di sopravvivenza: il vero lavoro, quello che si sceglie ed in cui ci si specializza, è venuto quando qualcuno, invece di cacciare, si è messo a raccontare le imprese di caccia di un altro.

Si spostavano di territorio in territorio, seguendo i cacciatori che seguivano a loro volta le mandrie di renne... e narravano, attorno al fuoco, che, oltre le montagne, vi erano uomini con i piedi voltati all'indietro o con il viso nel ventre, draghi, tesori...

Con loro è nata la poesia, con loro l'Uomo ha imparato a sognare.

E, naturalmente, sono immortali: attraversano le epoche ed i continenti, cambiando forma, viso, voce, modo di raccontare o strumenti con cui lo fanno, ma si conservano, in realtà, sempre uguali a se stessi.

Nella mia ballata, poi, si nasconde un piccolo gioco intellettuale: riuscirete ad individuare tutti i riferimenti storici ai quali si accenna ?

Il Fabbricante di Sogni

Di notte io lancio sottili reti
per catturare i vostri segreti,
di voi io so tutto, desideri e bisogni,
è il mio mestiere: Fabbricante di Sogni.

Per un popolo antico che temeva la morte
ideai piramidi a sbarrarle le porte,
fu mio il pensiero che la strada ha aperto
a quel sogno di pietra in mezzo al deserto.

E in Britannia, assetato, durante una caccia,
un guerriero mi offrì la propria borraccia.
Guardandolo andarsene per la sua strada
sognai per lui una magica spada.

Ad una triste e bellissima terra
lacerata dall'odio e dalla guerra,
sentendo il peso di tanto dolore
offrii il sogno di un dio d'amore.

In cambio del dono di uno sparviero
sognai un vasto e potente impero,
un'Orda d'Oro e cavalli al galoppo,
per l'ambizione di un barbaro zoppo.

E toccato nel cuore e nei sentimenti
da quel triste amore d'adolescenti,
a Verona, per loro, sotto il balcone,
sognai la morte come soluzione.

Ma la vostra vita, grigia e annoiata,
non sono io che l'ho sognata:
i quotidiani, piccoli mostri
sono soltanto incubi vostri.

Di voi io so tutto, desideri e bisogni,
è il mio mestiere: Fabbricante di Sogni,
guerriero con cetra, poeta con spada,
giullare triste, bardo di strada.

venerdì 11 gennaio 2008

PERCHE' ERA LA'


(ANSA) - AUCKLAND (NUOVA ZELANDA), 10 GEN -

E' morto Edmund Hillary, alpinista ed esploratore neo-zelandese che nel 1953 scalo' per primo l'Everest. Aveva 88 anni. Lo ha reso noto la NZPA, l'agenzia di stampa della Nuova Zelanda e lo ha confermato il premier Helen Clark.
'Il leggendario alpinista, esploratore e filantropo e' il neo-zelandese piu' famoso mai esistito', ha detto.
Hillary arrivo' sulla sommita' dell'Everest, posta a 8.884 metri, assieme allo sherpa Tenzing Norgay il 29 maggio 1953.


Sin qui il freddo comunicato ANSA.
Io voglio ricordarlo per un altro particolare: quando, dopo la sua impresa, un giornalista gli domandò perché avesse deciso di scalare la montagna più alta del mondo, Edmund Hillary rispose: "Perché era là".

Ci sono sfide che non si possono rifiutare.
Sfide con se stessi, naturalmente.

lunedì 7 gennaio 2008

ALCHIMISTI E BONSAI


Lo spunto, questa volta, arriva da un commento del Capitano che, in modo criptico come si conviene a taluni argomenti, accennava ad un tema proprio della vecchia Alchimia…

La cosa, stranamente, mi ha fatto tornare alla mente una definizione dei Bonsai che ascoltai molti, molti anni or sono…

Il Bonsai, mi si disse, è una scultura lenta: la più lenta scultura del mondo.

Giorno dopo giorno, anno dopo anno, si svolge una delicata lotta tra l’Uomo, che ha in mente la sua idea di come vorrebbe si sviluppasse la sua opera, e la Pianta, che resiste per seguire la sua natura.
L’Uomo tenta di sedurre la Pianta illuminandola dove vuole che cresca e lasciando in ombra le altre parti, cerca di forzarla con il fil di ferro, con le forbici, con la propria volontà…

La Pianta, da parte sua, si ribella, ostinatamente decisa a restare padrona della propria vita…

Alla fine si realizza un compromesso tra l’Uomo, che non avrà mai una Pianta esattamente come l’aveva immaginata, e la Pianta stessa che sarà, comunque, molto diversa da come sarebbe stata senza l’intervento dell’Uomo.

Una scultura lenta, quotidiana, fatta di attenzioni continue e costanti, di piena e totale dedizione alla propria opera…

…e, con l’andar degli anni, non si capisce più se ad essere scolpita sia la Pianta… o l’Uomo.

Anche il vecchio Alchimista che, caparbiamente, si ostina a raffinare per la millesima volta la sua oncia di mercurio, alla ricerca della Quintessenza delle cose, della Pietra Filosofale, dell’Elisir degli Elisir… in realtà sta raffinando se stesso, il proprio spirito, la propria vita.

L’Alchimia, come l’arte dei Bonsai ed ogni altra impresa in cui l’Uomo sia chiamato a misurarsi con il Tempo, con la pazienza, con la devozione e, soprattutto, con se stesso, sono una grande, misteriosa e meravigliosa allegoria, al termine della quale ci aspetta il premio più ambito, l’unico per cui vale la pena di battersi, vivere e, giunto il nostro momento, morire.