lunedì 7 gennaio 2008

ALCHIMISTI E BONSAI


Lo spunto, questa volta, arriva da un commento del Capitano che, in modo criptico come si conviene a taluni argomenti, accennava ad un tema proprio della vecchia Alchimia…

La cosa, stranamente, mi ha fatto tornare alla mente una definizione dei Bonsai che ascoltai molti, molti anni or sono…

Il Bonsai, mi si disse, è una scultura lenta: la più lenta scultura del mondo.

Giorno dopo giorno, anno dopo anno, si svolge una delicata lotta tra l’Uomo, che ha in mente la sua idea di come vorrebbe si sviluppasse la sua opera, e la Pianta, che resiste per seguire la sua natura.
L’Uomo tenta di sedurre la Pianta illuminandola dove vuole che cresca e lasciando in ombra le altre parti, cerca di forzarla con il fil di ferro, con le forbici, con la propria volontà…

La Pianta, da parte sua, si ribella, ostinatamente decisa a restare padrona della propria vita…

Alla fine si realizza un compromesso tra l’Uomo, che non avrà mai una Pianta esattamente come l’aveva immaginata, e la Pianta stessa che sarà, comunque, molto diversa da come sarebbe stata senza l’intervento dell’Uomo.

Una scultura lenta, quotidiana, fatta di attenzioni continue e costanti, di piena e totale dedizione alla propria opera…

…e, con l’andar degli anni, non si capisce più se ad essere scolpita sia la Pianta… o l’Uomo.

Anche il vecchio Alchimista che, caparbiamente, si ostina a raffinare per la millesima volta la sua oncia di mercurio, alla ricerca della Quintessenza delle cose, della Pietra Filosofale, dell’Elisir degli Elisir… in realtà sta raffinando se stesso, il proprio spirito, la propria vita.

L’Alchimia, come l’arte dei Bonsai ed ogni altra impresa in cui l’Uomo sia chiamato a misurarsi con il Tempo, con la pazienza, con la devozione e, soprattutto, con se stesso, sono una grande, misteriosa e meravigliosa allegoria, al termine della quale ci aspetta il premio più ambito, l’unico per cui vale la pena di battersi, vivere e, giunto il nostro momento, morire.

25 commenti:

Anonimo ha detto...

Sapevo di un premio post-mortem, ma quello di cui tu parli, o Equo, e per cui vale la pena battersi, vivere e, alla fine, morire qual'è?

Inoltre è un premio alla portata di tutti o somiglia ai premi della "Befana"

Mat

Equo ha detto...

Oh, uomini insensibili e donne senza cuore! Cogliete, vi prego, l'antico dolore che si cela dietro le parole di Mat! Il pianto mai scemato di un bimbo che trovava nella calza solo carbone e mai (dico mai!) le tanto agognate caramelle! Crescendo tentò con la Lotteria di Capodanno, ma anche lì solo delusioni e brogli! Quella bieca megera della Befana mai gli sorrise...
E chi sono io per invertire la tendenza?
Tutto ciò che posso dire senza rovinarvi il viaggio è che la meta si riconosce quando la si raggiunge. :-)

Anonimo ha detto...

Hai capito bene che le "caramelle" sono per i ricchi, Pertanto i ricchi sono "buoni".
Ora dimmi se anche i "cattivi" hanno il tempo di trovare il "premio" da te promesso :-)
Mat

Equo ha detto...

Il "premio" è alla portata di tutti, se si sceglie la giusta Via.

Capitano ha detto...

Come al solito, caro Amico, cogli un aspetto di ciò che io pensavo.
Introspezione, conoscere sè stessi.
La pietra filosofale, l'oro dei filosofi non è un minerale, ma è il meglio di noi, dentro di noi.

Alchimia, la meditazione, il dialogo, lo studio, il confronto, il viaggio... sono tutte strade, strumenti, per questa ricerca. Ognuno a modo suo, con i suoi tempi.

E il premio non credo sia il risultato finale, bensì la trasformazione stessa che avviene durante il "cammino" (anzi, l'Opera ;)).

BUENA VIDA

Anonimo ha detto...

Bel post, bella riflessione... vi concordo.

Anonimo ha detto...

E se la teoria del post valesse anche per questo?:
"Un tempo volevo dar fuoco alla foresta. Oggi mi occupo dei singoli alberi".

Anonimo ha detto...

Mi ricorda un poco il rapporto che si instaura tra alcuni genitori e figli.Dove i genitori credono di potersi plasmare l'anima attraverso l'imposizione delle proprie volontà sui figli che, se lasciati in libertà troverebbero naturalmente (come la pianta) il loro percorso verso la luce.Magari il risultato sarà meno artistico ,ma non è detto, perchè di rogne che impediscono la strada,che forzano il carattere a piegare in direzioni inaspettate, ce ne sono già abbastanza in natura, senza che ci sia bisogno di qualcun'altro ,come per il bonsai,che ti lega ,taglia ,devia un percorso di crescita per vivere in una simbiotica opera d'arte.La pianta è gia bella cosi come'è in ogni suo singolo istante di vita, esattemente come lo è l'osservatore in grado di apprezzare, senza voler per forza interferire. Che ognuno trovi il modo di raffinare se stesso senza rompere volontariamente le palle (o radici) al restante mondo!
Baci
fabrizia

Equo ha detto...

Illuminante osservazione, Fabry :-) Che, per altro, contiene spunti di verità... Tuttavia, dato che è impossibile non interagire con coloro con cui si vive (e, a maggior ragione, tra genitori e figli) l'deale, forse, è proprio un rapporto simbiotico (e non parassitario) in cui entrambi i contraenti "si cambiano a vicenda"... preferibilmente non in peggio :-)

Anonimo ha detto...

Il male e il bene sono patrimonio di ogni uomo, per cultura e civiltà l'uomo tende a celare il male, i suoi istinti primordiali, e si sforza a tenerlo soffocato nella sua coscienza anche se non riesce a nasconderlo del tutto. L'introspezione non serve ad altro che a far emergere quegli istinti e crea solo conflitti interiori. In fondo la meditazione introspettiva (alchimia), così come l'intendete voi, appare un metodo simile all'auto-ipnosi per convinvere se stessi di essere buoni e che il mondo è quasi perfetto.
Mat

Anonimo ha detto...

... e quindi?

;)

Anonimo ha detto...

E quindi, caro Edgar, l'alchimia non è lo strumento per conoscersi, ma per "cambiarsi".
Gli orientali e gli asceti solo soliti affidarsi a riti e formule anche ripetitive e questo mi sembra un metodo per autoplagiarsi.
Dunque si cambia, ma non seguendo il metodo della conoscenza, ma dell'oblio.
Ogni uomo porta il suo fardello di bene e di male ed è giusto che, secondo le occasioni e le necessità, possa emergere l'uno o l'altro.
La vera alchimia è ridurre il proprio appetito ed amare le cose semplici, conservando quella carica del "male" per lottare se necessario.
Mat

Anonimo ha detto...

Per quanto riguarda il mio primo commento (quella della befana e dei buoni-ricchi e cattivi-poveri), era una provocazione per Equo e Cavaliere per sapere se il negro del Ruanda o il compatriota disoccupato hanno la possibilità di - taglio e incollo -

"Alchimia, la meditazione, il dialogo, lo studio, il confronto, il viaggio... sono tutte strade, strumenti, per questa ricerca. Ognuno a modo suo, con i suoi tempi."

Per quanto mi riguarda amo le formule solo se funzionano per tutti.

Mat

Equo ha detto...

Credo, Mat, che, per prima cosa, bisognerebbe cercare d'essere meno superficiali. Per la cultura dell'Uomo valgono le stesse regole dell'evoluzione naturale, ossia ciò che si conserva nei secoli è perché possiede un suo valore intrinseco, altrimenti si estingue. Alcune metodologie di "ricerca del sé" sono molto più complesse e funzionali di quanto possa credere chi le conosce solo per sentito dire e, seppur con differenze che fanno riferimento ai diversi contesti culturali, sono diffuse in ogni angolo di mondo e indipendentemente dalla condizione sociale od economica dei praticanti. A differenza di quanto può credere il profano il loro scopo non è affatto quello di "stordirsi" o creare illusioni di beatitudine, ma esattamente il contrario: cioè squarciare il velo d'ignoranza attraverso il quale si guarda al mondo ed a noi stessi. Per tua, ed altrui, informazione, vorrei far notare che le più avanzate ricerche della moderna neuropsicologia stanno confermando il valore concreto e fisiologico di deternminate pratiche. Da questo punto di vista le ricerche di T. Hirai in passato e del gruppo Mind and Life oggi (tanto per fare un paio d'esempi) sono illuminanti. Sfrondate dai contenuti "mistici" e riportate alla loro scientificità rimane il fatto che tali pratiche stesse aprono reali nuovi orizzonti a ciò che siamo. Occorre solo far lo sforzo di non credere d'avere già tutte le risposte in tasca :-)

Anonimo ha detto...

Lo studio, la ricerca e la conoscenza non sono in discussione Equo.
Discuto la teoria del "conoscere se stessi = migliorarsi" ed anche "conoscenza = bene".

Chiunque può smettere di fumare, purchè lo voglia davvero, ma la spinta resta "la paura" non l'esercizio della semplice volontà.

Mat

Anonimo ha detto...

Non ho mai capito quelli che cercano premi al di là di questa esistenza, né penso che li capirò mai (non nel senso che non comprendo i motivi per cui arrivano a tali puerili e superstiziose credenze, ma nel senso che non riuscirò mai a condividere visceralmente queste posizioni). La vita, vissuta in modo pieno, è già di per sé premio e percorso, viaggio e destinazione, senza bisogno di altro (che d'altronde non c'è). E se cominciassimo a provare davvero a vivere in modo più autentico, profondo e intenso, ce ne renderemmo subito conto. L'idea di ricerca del sé per "migliorarsi" o "essere più buoni" è ovviamente un'idea che può avere solo chi non ha mai intrapreso una seria e autentica ricerca del sé. Certo, grazie alle tendenze new age, oggi va molto di moda pensarla così e intraprendere presunte vie di conoscenza che promettono questo, ma la realtà è che se la via è autentica ci metterà inevitabilmente di fronte alla nostra ombra. Né una via di conoscenza prevede necessariamente od obbligatoriamente il cambiamento (che non necessariamente è "miglioramento"). Le decisioni spettano solo a noi, e se è qualcun altro a dirci cosa dobbiamo fare, ciò che è etico o meno, ciò che è giusto o sbagliato, allora è un ottimo indizio del fatto che la via che stiamo intraprendendo è sbagliata e "non ha un cuore".

Equo ha detto...

Buon sangue non mente :-))

Anonimo ha detto...

Ecco la differenza tra me e te, caro Abietto, che tu le cose le sai dire molto meglio :-))

ps: Equo non è in discussione, s'intende.

Mat

Anonimo ha detto...

Caro abietto,
grazie per pensare che la mia via sia fatta di puerili e superstiziose credenze :-). Quando però comincio a conoscere a fondo una persona, e la stimo, istintivamente considero se non ci sia della verità in quello che crede, nel modo in cui vive, e la sua visione del mondo, la sua storia mi regala nuovi tasselli.
Ora, tu mi conosci abbastanza, anche se non ci frequentiamo più come un tempo e voglio chiederti: pensi davvero che sia il tipo da puerili e superstizione consolazioni? Forse puoi riconoscere che c'è della verità o della saggezza (o solo della bellezza) nella storia di cui cerco faticosamente di capire l'essenza (e da cui cerco, con la massima onestà intellettuale possibile, di sfrondare gli orpelli e le manipolazioni).
Ma poi la vita è spesso complicata e dura, e costruire qualcosa di buono è difficile e richiede tenacia. A volte si è stanchi e sfiduciati e non si sa quale sia la cosa giusta da fare e allora si prega solo per chiedere: sono stanco stasera, scegli tu per il meglio. Quindi magari è vero, forse sono puerili e consolatorie fantasie. Anzi: le probabilità che lo siano sono dalla tua, te lo riconosco. Concedimi però di non essere un facile dispensatore di certezze.

Anonimo ha detto...

Caro Gawain,
non penso affatto che tu sia un facile dispensatore di certezze, né che la tua intera esistenza sia dominata da puerili credenze o superstizioni di qualsivoglia tipo. Ogni persona ha un modo personale e differente, un filtro unico, attraverso il quale vive la credenza in qualcosa di "altro" o "superiore", e ognuno trova i propri motivi e le proprie giustificazioni e razionalizzazioni. Fa le sue ricerche, scegliendo fonti e testi, e arriva a conclusioni diverse. Questo, attenzione, non vale solo per "Dio", ma per qualsiasi credenza irrazionale. Il punto è proprio questo: che è irrazionale. E se è irrazionale e profondamente radicata nei nostri istinti e nella nostra educazione, è ben difficile riconoscerla. Il fatto è che ci sono troppe cose che non tornano... E forse questa non è né la sede né il momento ideale per elencarne alcune, anche perché già in passato ci sono state discussioni analoghe proprio qui, con altri credenti. Diciamo questo: cosa rende questa religione qualitativamente diversa da tutte le altre, a parte il fatto che tu hai arbitrariamente fede in essa? Sei anche tu un ateo, lo sei nei confronti di Zeus, di Kali, di Cernunnos, di Huitzilipochtli, di Marte, di Anubi... Io vado solo oltre di un dio in più rispetto a te. E' un po' come se qualcuno dicesse "Sapete, tutte quelle storie di super-eroi sono false... Batman, l'Uomo-Ragno... tutte false. Ma Superman no! Quello è accaduto veramente". Penso che tutti quanti saremmo scettici di fronte a una simile affermazione, ma forse non lo saremmo poi tanto se tale affermazione ci venisse ripetuta da tutte le autorità della nostra esistenza fin dalla culla.

Credo che l'Uomo sia terrorizzato dal fatto di essere da solo in un universo fondamentalmente freddo, vuoto, distante e del tutto indifferente alla sua esistenza. Forse è più rassicurante pensare che ci sia qualcuno al di fuori di tutto questo che ci ama e che ci protegge, o che punisce i cattivi per i loro crimini... O ancora che rivedremo i nostri cari in un'altra vita, o dopo la morte.
Mettiamola così: la tua vita è più incredibilmente sacra e miracolosa e preziosa se sei il figlio di un Dio che ha voluto crearti così come sei grazie a un perfetto piano preordinato, o se non c'è nessun Dio e soltanto un incredibile numero di casulità improbabili ti ha fatto nascere qui ed ora, con questa mente cosciente? Io credo che la vita sia sacra e miracolosa proprio perché non c'è nessun essere superiore a vegliare su di noi, e la responsabilità di come gestiamo le cose ricade solo e unicamente sulle nostre spalle di poveri primati glabri e inesperti.

Equo ha detto...

Glabro sarai tu! :-)))

Anonimo ha detto...

Io non so davvero in cosa credo, tante cose non tornano nemmeno a me, ma quella è la mia via, la casa dalla quale parto e la amo, anche se non è, vista dal di fuori, diversa da tante altre case. Qui mi premeva solo recuperare un po' di rispetto e me l'hai concesso e di questo ti ringrazio. Sono d'accordo con te che si giunge alla conclusione che la vita è preziosa e miracolosa (sacra non so) anche per altre vie che non passano dalla religione ed è per questo che, d'accordo su questo principio, davvero non mi interessa fare proselitismo (io, poi!).
Come ben sai tra l'altro appena mi "giro dall'altra parte" e mi metto a discutere di questi temi con persone religiose divento subito un demolitore di dogmi, un razionalista e un "guastatore" di precetti a buon mercato... Insomma sono il classico apolide :-)
Solo un punto: come sarebbe a dire che superman non è vero!?

Anonimo ha detto...

Eheheh =)

Guarda, posso dirti una cosa, riguardo a questo dibattito che potremmo definire annoso e forse privo di una reale "soluzione" in termini dialettici, che capisco profondamente la tua necessità di ricerca e di risposte e che questo solleva uno dei temi più scottanti che si sta ponendo la scienza laica e i suoi rappresentanti atei più militanti proprio in questi anni: come può una visione razionalista, materialista e scientifica del mondo soddisfare il bisogno di risposte esistenziali che da sempre ha l'uomo? Cosa diamo noi razionalisti, noi atei e noi scienziati, in cambio del senso di appartenenza, del senso del mistero e del meraviglioso, del miracoloso, del magico? Come possiamo convincere i credenti ad abbandonare le loro convinzioni se da quel punto di vista non possiamo reggere il confronto con la religione? Esiste una possibile risposta spirituale data dalla scienza? Esiste una "spiritualità materialistica" che prescinda da qualsiasi risposta sovrannaturale e sia soddisfacente, misteriosa, ampia e profonda tanto quanto, se non di più, i misteri dei dogmi e del credo?

Ovviamente, la mia personale opinione è sì, ma il tema è tutt'altro che banale e scontato, nè di facile soluzione... Tant'è che sono in molti a dire la loro in convegni internazionali che vengono anche riportati in vari filmati su internet e in libri, articoli e riviste... Si tratta di un dibattito molto acceso e molto interessante perché è forse la prima volta nella storia che ci si chiede con così tanta chiarezza e lucidità una domanda così delicata.

Questo, a mio modesto parere, potrebbe essere un tema molto interessante da trattare in questa e altre sedi. Non tanto criticare o attaccare il credente sul suo terreno (che comunque, io vedo come una cosa legittima e non come una mancanza di rispetto: la religione è l'unico aspetto della vita umana in cui una critica o un attacco dialettico vengono automaticamente visti come una mancanza di rispetto e di delicatezza, e non è giusto). Piuttosto il proporre un'alternativa spirituale valida, moderna e razionale, che non per questo sia banale o arida. Davvero una bella sfida...

Spiff ha detto...

E' vero, il tema è molto interessante ed è vero, il nostro dibattito non ha mai fine :-)
Ciò nonostante vale davvero la pena.

Anonimo ha detto...

Mi viene in mente l'interminabile serie di citazioni tratte dai discorsi di Einstein, nonché alcuni suoi aforismi, che vengono spesso citati fuori contesto per provare che fosse un credente (era un ateo dichiarato). Riguardo a questa pratica di citazioni fuori contesto, ebbe a dire: "Credo in dio se per "dio" intendiamo la personificazione e l'insieme di tutte le leggi naturali di questo universo. In questo senso, e solo in questo, sono una persona religiosa."

E mi viene in mente la dichiarazione di un astronomo afroamericano che suona più o meno così.

Ho cominciato a interessarmi alle stelle per lo stesso motivo per cui gli uomini delle caverne ci costruivano sopra mitologie, affascinato fin da bambino dal loro eterno splendore. Ho cominciato a studiare astronomia all'università, una scienza molto difficile ed esoterica, proprio come avrebbe fatto un monaco nel medioevo. E proprio come un monaco, dopo essermi laureato ho dovuto cominciare il mio tirocinio facendo i turni di notte in un osservatorio. Gli osservatori hanno molto in comune con gli antichi monasteri, poiché devono essere in luoghi isolati per evitare l'inquinamento luminoso dei grandi centri urbani. Recarmi al mio posto di lavoro era un autentico pellegrinaggio, prendendo treni e autobus e passaggi in macchina agli orari più inurbani, e poi facendo lunghi tratti a piedi, salendo l'altura dove era posta la costruzione con il telescopio principale. Finalmente, mi mettevo a osservare dietro all'obiettivo e mi veniva da pensare che era incredibile! Vedevo delle stelle perché i fotoni emessi dalla loro autocombustione venivano sparati alla velocità (per l'appunto) della luce attraverso il vuoto intergalattico, fino a che alcuni di essi non venivano catturati dalla grande lente del telescopio e attraverso il sistema interno amplificati e diretti proprio sulla mia retina, dove colpivano una serie di trasmettitori biochimici che trasmettevano l'immagine al mio cervello. E se stavo guardando una stella a diecimila anni luce dalla Terra, la stavo osservando com'era diecimila anni fa. Un viaggio incredibile nello spazio e nel tempo, grazie a piccole onde-particelle identiche che viaggiavano nel vuoto per andare a finire sulla retina dei miei occhi. E pensavo anche che il ferro che veniva prodotto all'interno del nucleo di quelle stelle era lo stesso ferro che viaggiava nel mio sangue, lo stesso identico ferro, la cui identica origine si doveva tracciare miliardi di anni indietro nel tempo in quel big bang originali di cui sappiamo ancora così poco. Noi siamo LETTERALMENTE polvere di stelle, non è una visione poetica: tutti gli elementi di cui siamo composti sono stati prodotti dall'esplosione, la combustione, la consumazione e la morte di gigantesche stelle primarie nella notte dei tempi. Io e quella stella, divisi da diecimila anni nello spazio e nel tempo, eravamo autenticamente fratelli."

Ecco. Credo che la strada per descrivere un sentimento di meraviglia e di mistero, un autentico sentimento religioso laico, che non vede necessità di enti superiori, sia questa. La poesia della scienza viene troppo spesso travisata e cancellata dalla visione stereotipata dello scienziato come un essere arido che "spiega" le cose senza vederne la reale essenza umana. Non è vero, e stiamo cominciando a capirlo.