mercoledì 27 giugno 2007

SICUREZZA ED AGGRESSIVITA' 2


CAPITOLO 2 – ISTRUZIONI PER L’USO

Dopo la premessa che ci ha portati a dare uno sguardo alla profonda insicurezza dei nostri pelosi antenati ed alla loro conseguente tendenza ad un elevato livello di aggressività (cosa che, magari, riprenderemo da svariati punti di vista) è necessaria una precisazione di partenza.
Ogni volta che s’intenda comunicare occorre preventivamente mettersi d’accordo sull’oggetto della discussione. Sembra una banalità…ma non lo è per nulla, in particolare se la comunicazione avviene attraverso la parola (parlata o, peggio, scritta). Il linguaggio verbale umano è, infatti, estremamente subdolo e ingannevole. A prima vista sembra un modello di efficienza, ben più complesso e raffinato di ogni altra forma di comunicazione: in fondo abbiamo una o più parole per ogni oggetto, ogni sentimento, ogni situazione. Tuttavia proprio questa complessità (e l’analoga complessità della mente umana che tale linguaggio ha generato) ne fanno uno strumento insidioso.
Nessuna parola, nemmeno le più concrete e semplici, è esente dall’essere “caricata” di significati emozionali inevitabilmente molto personali, che fanno riferimento ai “vissuti” di chi l’ascolta o la pronuncia. Se, ad esempio, ad un gruppo di una decina di persone io chiedo di dirmi, immediatamente, senza pensarci (modello "libere associazioni"), quale parola viene loro in mente se io pronuncio il termine “mare”…alcuni risponderanno “vacanze”, oppure “libertà” o anche “spiaggia”…ma, se tra quelle persone vi è qualcuno che è stato vittima di un naufragio, potrebbero venirgli in mente “paura”, “pericolo” o persino “morte”… E stiamo parlando di qualcosa di concreto e tangibile: immaginate cosa accade se la parola in questione è il nome di un sentimento, di un’emozione… Noi “sappiamo” cosa è il “mare”, come “sappiamo” (razionalmente) cosa sono l’amore o l’amicizia, ma ognuna di queste parole “risuona” dentro di noi con vibrazioni sottilmente diverse, portandoci al rischio di…usare le stesse parole, ma intendere cose differenti.

Non è, quindi, tempo sprecato quello impiegato, all’inizio di un’eventuale discussione, per definire i termini, raggiungere una sorta di patto narrativo iniziale in cui concordiamo nel dare un significato univoco al tema in oggetto.

La parola-chiave, in questa circostanza, è AGGRESSIVITA’.

Concorderemo (con il successivo post…oggi mi sento pigro) di non confonderla con “violenza”, “ira”, “rabbia” o, magari, con “forza”, “determinazione”, ecc.
Per farlo esamineremo il suo significato corrente nelle discipline che più si sono occupate dell’aggressività stessa: l’etologia, la psicologia, la neurofisiologia, la stessa filosofia…

Non vi spaventate: cercheremo di farlo attraverso aneddoti, esempi anche divertenti… con la leggerezza che si confà a questa calda estate, ma senza rinunciare al rigore ed alla profondità.

Per il momento vi lascio a riflettere sulle ambiguità della comunicazione e su come, di conseguenza, perché essa risulti efficace, non sia tanto importante quello che si dice, quanto quello che l’interlocutore sente.

1 commento:

elena ha detto...

Come darti torto? Abbiamo già avuto qui, proprio di recente, dei begli esempi di incomprensioni-da-interpretazione, mi sembra...
Suerte a tutti (mi sa che ne abbiamo bisogno...!)