mercoledì 28 febbraio 2007

IL DOLORE


Non volevo più scrivere sin dopo l’Otto Marzo, per ristabilire una sequenza cronologica corretta… Mi sfuggono, invece, queste parole che dedico, come sempre, a tutti voi ed in particolare ad un’amica che conosce molte delle sfumature del dolore…

In quegli anni vivevo a Milano.
Mi svegliai una mattina piegato in due da un dolore lancinante che mi mordeva i fianchi, la vita, la schiena, togliendomi letteralmente il fiato.
Al Pronto Soccorso diagnosticarono una colite spastica, mi rifilarono una compressa di “Buscopan” e mi rispedirono a casa.
Rammento che sul taxi che mi portava indietro mi trovai a pensare: “Se mi dicessero che urlare fa cessare il dolore…non c’è problema: io urlo, eh?!”

Il dolore infatti non accennava a diminuire e non mi dava un attimo di tregua, dato che, in realtà, ero in totale blocco renale ed il “Buscopan” , di conseguenza, aveva avuto, più o meno, lo stesso effetto di un sorso d’acqua fresca, considerando che per quel genere di dolori abitualmente s’interviene con la morfina!

Finalmente il vecchio medico di famiglia azzeccò la diagnosi giusta: nuovo viaggio al Pronto Soccorso e, questa volta, interventi più mirati e più efficaci.

Il giovane medico che mi stava pompando in vena analgesici pesanti e soluzioni reidratanti, scandalizzato dall’errore dei suoi colleghi, mi disse per confortarmi:
“Mi stupisco che non sia svenuto per il male, con tutte le ore che l’hanno lasciato in questo stato! Lei saprà che i dolori di un blocco renale sono paragonati a quelli del parto!”

Con la raffinatezza che sempre mi contraddistingue io gli risposi, a muso duro: “Col cazzo!”

Di fronte alla sua espressione stupita e vagamente offesa mi sentii in dovere di precisare:
“Vede, dottore…” – gli dissi – “…sono certo che una donna soffra molto, al momento del parto. Ma, per la miseria, sta mettendo al mondo una nuova vita! Io, al massimo, piscerò un paio di pietre: a me fa molto più male!”

Ora: il dolore non è piacevole mai, ma, purtroppo, fa parte della nostra esistenza.
Sta a noi decidere se sarà un parto da cui far nascere una nuova vita, una nuova prospettiva, una nuova opportunità, o se sarà soltanto un inutile, sterile, improduttivo blocco renale.
Se soffriamo e questa sofferenza porta con sé solo angoscia, rabbia o, peggio, rassegnazione, ci farà molto più male, perché sarà un dolore inutile.
Nietzsche non è tra i miei filosofi preferiti, tuttavia mi sento di concordare con lui quando afferma: “Tutto ciò che non mi distrugge, mi rafforza”.

Ecco: è così che dobbiamo, io credo, vivere il rapporto con il dolore, specialmente con quello psichico: come una dura palestra nella quale trovare nuova forza per camminare nella vita, orgogliosi delle nostre cicatrici.
Abbiamo il diritto di sentirci stanchi, ogni tanto.
E, poi, come dice una bella poesia che, prima o poi, ritroverò e pubblicherò, abbiamo il dovere di alzarci di nuovo in piedi, con l’anima pesta, “…per fare quello che c’è da fare per i bambini…”.

…e se arriva il momento che ci sembra di non riuscire a reggerci da soli… si chiede aiuto.
Perché gli amici servono a questo.

15 commenti:

Blue ha detto...

Quasi quasi fai venire l'urto!!!Vuoi dire ogni tanto qualcosa, mica tutto il post, ma almeno un pezzetto che non mi piace?! ;))
Capita poi a fagiolo, visto che per qualche giorno non potrò usare la mano destra, per una cretinata poi!!Involontaria, ma di cui posso solo fare "mea culpa, mea massima culpa" ( già chiedo scusa per gli errori visto che dubito vivamente di averlo scritto bene)...sono una mina vagante e imbrananta!Conclusione: quello che non mi distrugge mi rafforza ma tutto quello che passa per la mia mano sinistra fa una brutta fine...

elena ha detto...

Grazie Equo... sei un grande.
Sono di nuovo in lacrime, ma queste sono, in qualche modo, purificatrici.

Blue: auguri per la tua mano!

Blue ha detto...

Grazie Elena!!
Namastè

Grazyana ha detto...

Equo questo post è molto bello, un pò di tempo anche io ho dedicato un post al dolore, proprio nel momento in cui non sapevo se darglierla vinta o invece usarlo per rafforzarmi, a tal proposito volevo postarti una frase di Gibran che reputo veritiera "Molto del vostro dolore è scelto da voi stessi.
E' l'amara pozione con la quale il medico che è dentro di voi guarisce il vostro io malato".

Neo ha detto...

Molto bello questo post, molti insegnamenti. Solo non capisco come possa decidersi se il dolore provocherà un "parto" o sarà stato solo uno sforzo inutile. Come si fa a saperlo -e a decidere di conseguenza- prima?
Se hai una qualche risposta ti pregherei di fornirmela...

Namasté

Anonimo ha detto...

rispondo a istambul..
non puoi sapere prima quali conseguenze avrà il tuo dolore, ma che sicuramente ne avrà.. sta a noi capire perché ce lo siamo procurato e quale insegnamento sia celato in esso..
è un percorso difficile, irto di spine, ma tale è la vita. Solo al fuoco del dolore possiamo abbandonare questa nostra "pesantezza", e volare, alla fine di questa vita, nei cieli di una vita diversa.. E' come un fuoco alchemico, distilliamo col dolore la nostra vera essenza.
mauro

Equo ha detto...

Blue: "La caccia alle balene è uno sport salutare". Ecco fatto: spero proprio d'aver detto qualcosa che non ti piace, perché io ho dovuto fare uno sforzo notevole per scrivere una tale baggianata di dimensioni epocali! Per la tua mano sinistra ti faccio gli auguri di pronta guarigione...ed eviterò di tirare in ballo spiegazioni psicoanalitiche per la tua imbranaggine...per ora:-) Che vuoi fare? La distrazione è una caratteristica secondaria del genio...
Elena: ci contavo. E' bello spargere semi quando il terreno è fertile. Per il resto ci "sentiamo" per e-mail.
Grazyana: ti ringrazio. Rinnovo sempre voentieri l'incontro con Gibran, una delle grandi anime che hanno cercato di rischiarare un po' questo mondo.
Istanbul: la risposta di Mauro è significativa. In affetti la "chiave" del post sul dolore sta in quel "...sta a noi decidere se...", in altre parole se viviamo il dolore (quale che sia) come un insegnamento esso diverrà un parto, se lo subiamo come una punizione (magari persino ingiusta) sarà una fottuta colica renale. La Vita, dicono, è una severa maestra: se non impari la lezione lei te la ripete, e te la ripete, e te la ripete...E non risco ad immaginare inferno peggiore che la continua ripetizione dello sytesso errore, la costante riproposizione dello stesso dolore. C'è un "gioco" mentale che qualcuno chiama "ricapitolazione": rileggete la vostra vita, soffermatevi sui dolori e sugli errori del passato e domandatevi: "Cosa volevano insegnarmi?" e, subito dopo, "Ho imparato la lezione?" A volte si hanno risultati sorprendenti :-)
Mauro: condivido il tuo pensiero. Ovviamente non dobbiamo eccedere: io non cercherò il dolore per "purificarmi", lo accetterò, se e quando arriva, e tenterò di trasformarlo nel crogiolo di una nuova ri-nascita.
Per tutti: ancora un paio di post di "ricordi", per così dire, poi cominciamo a ... giocare. Buona vita.

Neo ha detto...

Grazie mauro. E grazie, equo.
In realtà ho un po' paura di quel gioco, credo di aver imparato ancora poco rispetto a quanto avrei dovuto apprendere dai miei errori.
Ma credo che ognuno abbia un percorso che, più o meno tortuoso, lo condurrà verso un qualcosa che più o meno consapevolmente ha scelto.
Vi abbraccio.

Equo ha detto...

Mmmm...scusate se abuso dello spazio ma...
I Greci credevano nel Fato, una sorte immutabile, già scritta, di fronte alla quale anche gli Dei dovevano arrendersi. Poi si cominciò a pensare al Destino come ad una strada lungo la quale ci sono molte possibili svolte...e sta a noi scegliere, di volta in volta, se andare a destra od a sinistra. La mia personale (personale, per carità!) visione è ancora diversa, più vicina al concetto di Karma orientale: non esiste alcuna strada, la vita è la jungla amazzonica...e noi abbiamo in mano un machete. La "via" nasce man mano che procediamo e, ad ogni passo, ad ogni colpo della lama sulla vegetazione, ne decidiamo la direzione. Se ci guardiamo indietro possiamo vedere la strada che abbiamo creato; davanti si estende il verde mare delle opportunità...o dei fallimenti. Credo (e non lo dico per Istanbul, sia chiaro) che limitarsi ad attendere che si verifichi "il destino che ci è riservato" sia un complicato e prematuro modo d'arrendersi. La jungla è lì, davanti a voi.
Datevi da fare.

elena ha detto...

Vico diceva che la storia è tutto un succedersi di corsi e ricorsi... Be', ho scoperto a mie spese che almeno la mia vita lo è. Continuo a fare gli stessi errori, finché un giorno, miracolosamente, vengo folgorata da un'illuminazione, cambio atteggiamento e... le cose cambiano. Non che ci rifletta, almeno non consciamente... non sono capace. Le soluzioni mi piombano davanti al naso quando non le cerco. Però mi domando: se decido che una persona non mi fa bene, è giusto che la butti a mare?
Lo so, sono drastica... ma posto che cambiare un altro è - stando alla mia esperienza - impossibile, che fare???
Maestro?

Equo ha detto...

Elenuccia mia! Mi chiedi un po' troppo: non ho abbastanza dati. "Una persona mi fa male" è una dichiarazione troppo generica. Sono, però, d'accordo sul fatto che non possiamo cambiare gli altri. Tuttavia, talvolta (quasi sempre) cambiare noi stessi e, di conseguenza, il nostro atteggiamento, muta anche l'atteggiamento altrui. Credo che questo concetto, solo apparentemente semplice, meriti lo spazio di un post e, magari, nei commenti ad esso riuscirò a dire qualcosa di più utile. E allora preparatevi a leggere la storia del marito, della moglie e della sedia...

Neo ha detto...

Si ma (anche se non ti riferivi a me) il percorso di cui parlo è fatto di scelte, di strade intraprese più o meno consapevolmente ma mai imboccate per mero caso fortuito.
Siamo sempre noi gli artefici di tutto (e guai se non fosse così)....

A presto!

Blue ha detto...

Grazie Maestro!Adesso mi sento meglio...apprezzo molto il tuo sforzo per scrivere la baggianata!!! ;))
Ora la mia mano va molto meglio e per quanto riguarda l'imbranataggine lasciamo perdere..ma a tutti quelli che mi sfottono adesso potrò tirare in ballo la genialità!!

Anonimo ha detto...

Oppure c'è un'altra possibilità: che il nostro Destino esista e sia già scritto nelle linee di Forza più potenti che indirizzano, come un fascio, la nostra esistenza, ma possa compiersi solo e unicamente se scegliamo di lottare ogni giorno per raggiungerlo, aggiungendo la nostra energia a quella dell'universo. Oppure, possiamo voltargli le spalle ed opporci e, in questo modo, condannarci da soli a una vita di sofferenze e di distanza dalla luce. Non so se esista il libero arbitrio o un destino già scritto, anzi, a dir la verità, più vado avanti su certi percorsi e più mi sembra che si tratti di un paradosso che dipende solo dal nostro punto di vista, e che in realtà le due cose non siano altro che la stessa verità descritta in modo diverso.

Equo ha detto...

Quello introdotto dall'Abietto è un discorso complesso, troppo per affrontarlo qui...però...
Immaginate un mucchietto di polvere. Un refolo di vento vi soffia sopra e la polvere si alza. I singoli granelli si muoveranno in modo assolutamente casuale, in balia di infinite varianti non prevedibili. Ma dalla somma dei loro movimenti casuali nascerà SEMPRE una precisa forma geometrica, una spirale. As un "certo livello" tutto è dovuto al caso...ad un altro esiste, per ogni granello, il "destino" di far parte della spirale. Se comprendiamo quale sia la direzione per "favorire la Spirale"...facciamo meno fatica e ci sentiamo più in armonia. Non è facile...ma si può fare.