martedì 2 ottobre 2007

QUESTA SPECIE D'AMORE


Per spiegare bene occorreranno un po’ di parole. Mettetevi comodi.

Rosina (il nome è, ovviamente, stato cambiato) arrivò da me sull’onda di una rabbia feroce che la divorava.
Dopo alcuni anni di fidanzamento aveva sposato il suo compagno (che chiameremo Renzo) e, insieme, avevano deciso di avere un figlio. Quando Rosina era incinta di sette mesi Renzo le confessò d’essersi innamorato di un’altra.
“Resto con te” – le disse – “sino a quando nasce la bambina, poi vado a vivere con lei…”

Ora cercate d’immaginarvi come Rosina abbia passato quei due mesi, sospesa tra la gioiosa attesa della nascita e l’angosciosa certezza che quel momento avrebbe anche significato la fine del suo matrimonio, lasciandola sola con una piccola creatura da allevare.

Renzo fu di parola: il giorno stesso della nascita della piccola Lucia stipò le sue cose in un paio di valigie e si trasferì a casa dell’amante.
Tuttavia, per vedere di tanto in tanto sua figlia, faceva visita a Rosina una volta alla settimana e, mentre c’era, le portava anche qualche camicia da stirare.
Rosina, nei primi tempi, accettò tutto, sperando si trattasse di una “sbandata” e che, prima o poi, lui sarebbe tornato su suoi passi. Non ci mise molto, però, a rendersi conto di quanto fosse umiliante quella situazione ed a sentirsi, come si dice a Napoli, “cornuta e mazziata”… e tutto il suo amore si mutò in odio rovente!
Così fece la cosa peggiore che potesse fare: iniziò ad usare la piccola Lucia come un’arma. Proibì a Renzo di vederla e, quando lui, ciò nonostante, si presentava alla sua porta, erano litigi furibondi, urla ed insulti.

“Ma non sono qui per me!” – mi disse seduta di fronte alla mia scrivania – “E’ per la mia bambina. Non so se senta la tensione, se le manchi il padre o cosa… ma non sorride più, è sempre triste! Cosa debbo fare?!”

Le domandai se, secondo lei, Renzo avrebbe accettato di venire a parlare con me.

“Glielo chiederò” rispose.

Il giorno stesso Renzo mi telefonò e fissammo un appuntamento. Mi ero preparato ad incontrare un cinico bastardo egoista con il pelo sullo stomaco… e mi trovai di fronte un ragazzo schiacciato dai sensi di colpa, avvilito e terribilmente confuso.

“Io lo so…” – mi disse – “d’aver fatto una cosa orribile! Ma quando ho incontrato quella donna ho capito per la prima volta cosa volesse dire amare veramente! Non so cosa darei perché fosse avvenuto prima di sposarmi o, almeno, prima che Rosina restasse incinta! Ma cosa potevo fare? Se avessi scelto di restare con Rosina amando un’altra sarebbe stato meglio? Non le avrei fatto pagare per tutta la vita il fatto d’essermi negato l’amore?”

Convinsi sia lui che Rosina a venire contemporaneamente ad uno dei miei stage, ma dissi loro che ponevo una condizione:

“Io mi considero assunto dalla vostra bambina!” – esordii – “Farò tutto ciò che riterrò meglio per lei, che è, probabilmente, l’unica vera innocente di questa storia. Se accettate ci vediamo venerdì sera… in caso contrario sbrogliatevela da soli!”

Scelsero di venire: Rosina sperava di veder massacrare il suo ex marito traditore; Renzo, in realtà, sperava d’essere massacrato per pagare in qualche modo il suo delitto e liberarsi dei sensi di colpa che gli stavano comunque rovinando la vita ed il nuovo rapporto.

Ovviamente accaddero, nei due giorni e mezzo di stage, un sacco di cose che tralasceremo, ma che furono indispensabili per preparare il “siparietto” di cui, invece, val la pena di parlare…

Era, per così dire, il turno di Renzo e, ovviamente, non feci alcuna fatica a fargli ammettere che si sentiva un emerito bastardo.
“Va bene!” – gli proposi – “Te ne vuoi andare da qui più leggero? Allora devi pagare per ciò che hai fatto. Però, siccome si tratta di qualcosa di molto pesante, anche la tua punizione lo sarà! Io, però, non posso obbligarti a fare nulla: sei tu che devi dirmi se accetti a scatola chiusa ciò che ti ho riservato…”

Ricevuto il suo assenso feci un cenno ai miei collaboratori che già sapevano, ovviamente, cosa fare: Renzo fu legato mani e piedi alla sua sedia e la sua testa fu coperta da un pesante cappuccio, mentre io spiegavo a lui ed a tutti i presenti cosa sarebbe accaduto…

“Ora sceglierò una donna perché, in assoluta e piena libertà e con la certezza di non pagarne alcuna conseguenza, dato che siete tutti testimoni che lui è consenziente, faccia quello che vuole di questo bel personaggio!”

Rosina scattò in piedi proponendosi, con una luce feroce negli occhi… ma le spiegai che non era a lei che stavo pensando… e chiamai Ester, che si avvicinò, bianca come un cencio.

“Ecco!” – le spiegai – “Ha un cappuccio perché tu non ne veda il viso. Non è più lui: è l’Uomo! E’ tutti gli uomini che ti hanno fatto del male e con cui sei in guerra da una vita! E’ tuo padre, quello che si scopava ubriaco le puttane sul sedile posteriore dell’auto mentre tu bambina sedevi su quello davanti; è il tuo primo amore che ti ha praticamente violentata e poi abbandonata perché non eri una ragazza seria; è quel bastardo che hai amato più di te stessa e che, invece, amava solo la merda che si sparava in vena e che ha portato anche te nell’inferno della droga; è quell’altro gentiluomo che ti pestava perché non volevi “essere carina” con i suoi amici… E’ tutti questi uomini… ed è impotente, legato, nelle tue mani! Puoi farne cosa vuoi e ciò che ne farai deciderà come potrai confrontarti con gli uomini per il resto della tua vita…”

…ed Ester, singhiozzando come una bambina abbandonata, si avvicinò alla sedia, sciolse le corde e lo abbracciò.

Renzo ci confessò dopo che quell’abbraccio gli aveva fatto molto, molto più male della scarica di schiaffi che si attendeva.

Poi avvennero ancora tante cose, ma ciò che conta è quello che successe una settimana dopo.
Lo stage si era svolto in Dicembre e, la settimana prima di Natale, Rosina tornò nel mio studio per farmi un piccolo-grande regalo: aveva fatto stampare da una tipografia un calendario con la foto della sua bambina e me lo donò dicendo:

“Ci tenevo che lo avessi, perché tu hai ridato il sorriso a mia figlia…”

Come tutti i calendari, ovviamente, scadeva dodici mesi dopo… ma restò per tre anni sulla parete del mio studio, prima che trovassi il coraggio di toglierlo.

17 commenti:

Anonimo ha detto...

Qual'è la morale della favola?

by Mat

Equo ha detto...

Proviamo prima con un po' di maieutica :-) Lasciamo che i viandanti esprimano emozioni e pareri... poi, se è il caso, dirò cosa ne ho tratto io, senza mai pretendere che ci sia un'unica morale per tutti! Mica sono il Papa! :-)

nemo ha detto...

Per quanto mi sforzi di restare in silenzio...

Anonimo ha detto...

Considerata la mia ignoranza sono andato a vedere che significa "maieutica" e così, anche ad uso di altri lettori, posto il copia/incolla:
Per Socrate, la tecnica per cui, attraverso il dialogo, le verità sedimentate nella coscienza vengono portate alla luce e palesate dagli interlocutori con i propri mezzi.

In attesa della conclusione dell'ottimo Equo.

By Mat

nemo ha detto...

a volte sembra davvero tutto fumo, fumo e fumo...

Equo ha detto...

...a parte il precisare che, ovviamente, nulla di quanto appare su queste pagine è frutto di fantasia (se non espressamente dichiarato) vorrei invitare il buon Nemesisnemo a fornirci lui un po' d'arrosto...

nemo ha detto...

già.
Chi ha mai dubitato che le storie che scrivi siano reali?
Io non ne dubito affatto. Continuo a dubitare che possano insegnare qualcosa... che possano trasmettere, che possano ispirare.
Non riesco a liberarmi dall'idea che ogni esperienza è unica ed irripetibile e che non c'è una via maestra da seguire o una regola aurea da applicare quando ci si raffronta con gli altri, ci si imbatte nel dolore, nella rabbia, nella furia, nella disperazione.

La risposta di oggi, di ora, di questo istante... sarà sbagliata fra un attimo ed insensata domani... illuminante per qualcuno, oscura per qualcun altro.

Detto questo, la mia opinione è solo mia e non intende sminuire la sostanza di ciò che gli altri esprimono.
Non ho mai detto di avere arrosto da offrire, del resto la carne mi piace pure poco... ;-)

Equo ha detto...

Su una cosa siamo assolutamente d'accordo, Nemesis: i Maestri Zen dicono che nulla di quanto vale la pena d'essere imparato può essere insegnato, intendendo, ovviamente, che solo l'esperienza diretta è la vera Maestra. D'altra parte, amico mio, che diavolo vuoi che si possa fare su un blog?! Solo narrare e narrarsi. E' per questo che mi mancano tanto quelle occasioni in cui potevo offrire alle persone delle possibilità esperienziali... e non solo delle vuote parole.

Blue ha detto...

Per quanto non nego affatto che l'esperienza sa essere la migliore maestra a volte le parole sono se non alla pari di poco sotto...leggere mi fa riflettere, molto...e spesso in maniera più distaccata di quando devo invece trattare con l'esperienza. Forse perchè vi sono più coinvolta o perchè a volte è più facile giustificare se stessi che per esempio un personaggio di un libro.
A volte quelle quattro righe possono essere veramente illuminanti e aprirmi un mondo...forse sono io, che con la parola scritta ho un rapporto un pò particolare, ma a mio parere anche una semplice narrazione può trasmettere, insegnare e lasciare un segno tanto quanto un'esperienza vissuta sulla pelle.

elena ha detto...

Chissà perché (...) leggendo questo post m'è venuto in mente un discorso sul perdono, uno che ho letto in un prezioso libro che non per caso mi è capitato tra le mani.
Il perdono come liberazione di sé, prima che atto di "clemenza" nei confronti dei cattivi... che restano spiazzati e "colpiti" da qualcosa che non si aspettano.
Be', io sono ancora lontanissima dalla meta - se mai riuscirò ad arrivarci. Devo essere proprio cattiva... perché la mia reazione è stata "assì, abbracciare un cattivo che sa di esserlo (anche se con tutte le motivazioni "giuste" e le giustificazioni del caso) lo fa sentire peggio? Pronta!" il che, oltre ad essere lontano anni luce dalla morale cristiana (che peraltro non è il mio obiettivo), è quanto di più lontano questo post (a pelle ed a parer mio) voleva dire...
Evidentemente ho bisogno di uno specchio portatile... eh, Equo???

elena ha detto...

La seconda considerazione è invece che esistono anche i cattivi che non se ne vogliono rendere conto - e per quelli sono ancora nella fase delle "sane mazzate".
Ovvio che parlo per me e per i miei vissuti...
La terza (ma a dir la verità è stata la prima, solo che non volevo fare la chioccia ad oltranza) è ch trovo assolutamente deprimente che gli adulti si rivelino troppo spesso bambini cresciuti solo fisicamente. Cervello e sensibilità zero... ripeto, parlo partendo da me e dal mio vissuto (mai generalizzare, fortunatamente non siamo tutti uguali...). Sono passata anch'io attraverso una separazione e non precisamente indolore - potrei anche dire che ci sono ancora in mezzo - ma ho sempre pensato che, prima della "vendetta" sul coniuge, il mio compito principale fosse quello di proteggere mia figlia. Facile metterla contro all'altro anche solo con giochini scemi tipo "vuoi più bene a me o a papà?". Ma chi ci rimette, chi ci sta male, è lei... possibile essere così ciechi??? Sì, certo, è possibile. Anche questa è una lezione dell'esperienza... e per fortuna quella bimba ha trovato un paladino all'altezza dei suoi bisogni...
Namasté.

Equo ha detto...

*Blue: non dico che le parole siano del tutto inutili...se no mi sentirei anche un imbecille a continuare a cercare di scrivere. Ma quando "le cose" passano attraverso il corpo, scavalcano la nostra parte razionale e vanno a colpire gli strati emozionali della mente... è un'altra cosa. E' la vecchia storia, trattata in un antico post, del teorema d'Euclide e dell'imparare ad andare in bicicletta...

*Elena: il perdono (come dono a se stessi) c'entra, ovviamente. In quanto agli "adulti mai cresciuti" che usano i figli per farsi del male l'un l'altra... ho la nausea da quanti ne ho visti! Tuttavia, se portati a capire che i figli stessi erano quelli che pagavano il prezzo più alto della loro fottuta "Guerra dei Roses", nessuno ha mai esitato a cambiare rotta.I
A proposito, poi, dei "cattivi" che non vogliono cambiare...ecco: questo è esattamente uno dei campi in cui si misura tutta l'impotenza della sola parola... ma datemeli in pasto dal venerdì alla domenica sera... e poi ne parliamo :-))

Capitano ha detto...

In teoria potrebbe esserci un'edificante morale sul perdono, o forse sull'andare avanti nonostante tutto quello che è successo.

Non lo so, non saprei. Non sono il tipo che perdona, e quando perdono è perchè in realtà poco mi importa. Sono più tipo da indifferenza.

Ma ovviamente questa è solo la mia versione. Adesso. Domani chissà...

BUENA VIDA

Anonimo ha detto...

Da giovane ebbi un confronto con un erudito, pur lui, giovane romano che filosofeggiava sulla "falsità della parola". Io contrapponevo la falsità del cuore e non delle parole, ma ad essere sinceri la mia teoria convalidiva la sua.
Da sempre i capipopolo si sono avvalsi delle parole per accattivarsi il consenso ed il popolo è sempre caduto nella trappola.
Basta citare Mussolini, Hitler, Bossi, Berlusca, ecc. - (chiaramente l'accostamento è riferito all'esclusiva capacità di incitare, promettere, coinvolgere).
Allora non resta che l'uomo, come singolo individuo, c apace di filtrare "le parole" e trarne le giuste considerazioni. C'è chi,poco riflessivo, si fa ingannare, chi invece vuole farsi ingannare e, l'uomo libero e senza pregiudizi che vede al di là delle chiacchiere.
Ecco che, alla fine, ciò che conta è l'ascoltatore, il lettore e la sua storia personale.

Giustamente come avete osservato voi.
By Mat

Anonimo ha detto...

Io, ho paura.

Equo ha detto...

Parliamone, Melarosa.
Se non vuoi farlo qui, scrivimi...

Blue ha detto...

Oh,Equo!!Ma le mie parole non erano rivolte a te,(mi sentirei io una imbecille a pensare che te non dessi importanza alle parole quando hai un blog!!)ma a Nemesis...buona serata a tutti!