lunedì 21 maggio 2007

POTETE SENTIRLO...


Negli anni ‘60/’70 dell’ormai scorso secolo alcuni sperimentatori vollero dimostrare la capacità di ricezione degli stimoli esterni da parte dei vegetali che, pure, non dispongono di organi di senso preposti specificamente alla percezione di tali dati, né di un sistema nervoso organizzato capace di trasmetterli ad uno strumento decodificatore come il nostro cervello.
Applicarono, quindi, una serie di elettrodi capaci di misurare le minime variazioni di attività elettrica (collegati a una macchina che trasformava tale attività in un grafico) ad alcune piantine, sottoponendole poi a tutta una serie di “torture”.
Nessuno si stupì troppo notando che le piante dimostravano di reagire quando si tagliava o bruciava loro una foglia o un ramo: in fondo un essere vivente in grado di percepire la luce del sole o il cadere della pioggia deve pur avere un suo qualche collegamento con l’esterno!
La sorpresa era in agguato in un campo che, come spesso avviene, fu toccato per puro caso… Lo scienziato di turno si preparava all’ennesima “mutilazione” del malcapitato vegetale quando, muovendosi in modo distratto e goffo, si ferì ad un dito con il suo stesso bisturi. La macchina, già in funzione in quel momento, registrò, allora, una reazione della pianta, intensa e violenta quasi come se una parte del suo stesso corpo fosse stata ferita!

Ciò diede inizio a tutta una serie di nuovi esperimenti: le pianticelle reagivano “emotivamente” anche alle sevizie che venivano imposte ad altre piante; un vasetto di yogurt contenente fermenti lattici vivi segnalò il suo “disagio” quando piccole scosse elettriche furono inviate non ad esso, ma a un altro consimile recipiente; un uovo fresco registrò e trasmise alla macchina la “sofferenza” di un altro uovo che veniva fatto bollire!

Pressoché contemporaneamente, in quella che allora era l’Unione Sovietica, si procedeva a un altro tipo di esperimento che, a mio giudizio, oltre agli scopi dichiarati, doveva servire perfettamente a dimostrare l’insensibilità dell’animale-uomo verso il resto della Vita.
A una gatta che aveva partorito da poco vennero sottratti i micini, ognuno dei quali fu imbarcato su un diverso sommergibile atomico pronto a partire per una delle sue missioni esplorative. In tempi diversi e in località estremamente distanti tra esse e dal laboratorio nel quale la povera gatta era custodita, i micetti vennero freddamente uccisi: ogni volta, indipendentemente dal fatto che mezzo mondo separasse la madre dai suoi figli, gli apparecchi ai quali la micia era collegata registrarono una sua intensa (quanto inconscia) attività emotiva!

Da questi esperimenti si è evoluta la teoria dei “Campi Comunicanti”: come sempre accade in questi casi le possibili chiavi di lettura di questi fenomeni possono essere più d’una ed occorreranno ancora molti studi per interpretare correttamente i fatti… anche se ci auguriamo che giunga finalmente il tempo di una nuova etica della scienza che impedisca che la nostra presuntuosa ricerca della verità passi attraverso la strada della sofferenza di altri esseri viventi!
Una delle più ragionevoli interpretazioni, comunque, ci porterebbe oggi a concludere che esiste una sorta di comunicazione tra cellule viventi, indipendentemente dalla “forma” in cui esse sono aggregate.
E' come se la Vita avesse un proprio linguaggio, come se i mattoni fondamentali dell’esistenza “sentissero” quando uno di essi soffre e muore.

Chi si è occupato, ad esempio, dell’evoluzione del sistema nervoso dalle origini della vita sulla Terra sino alla comparsa dell’Homo Sapiens Sapiens, sa perfettamente che le primitive giunzioni sinaptiche destinate con il tempo ad evolversi in neuroni, non erano sostanzialmente diverse dagli schemi strutturali e funzionali che contraddistinguono le sinapsi come le conosciamo oggi. La Vita, insomma, si è organizzata in milioni di modi, sempre più complessi, ma, se scendiamo abbastanza in profondità nell’esaminarla, scopriamo che non è quasi possibile distinguere un’alga da Leonardo da Vinci!

D’altra parte tutte le forme di vita sul nostro pianeta si sono evolute e differenziate a partire dallo stesso antichissimo essere unicellulare che popolò nelle più remote epoche il “brodo primordiale” che costituiva gli oceani. Queste “amebe primigenie” si moltiplicavano per scissione, ovvero trasmettendo ai loro discendenti tutto e solo il loro patrimonio genetico: a ben vedere questa è una forma d’immortalità e, quindi, in un certo senso, quell’eredità genetica è ancora presente in noi come in ogni altro essere vivente.

Forse esiste, dunque, una “sub-comunicazione” che sfugge del tutto ai nostri organi di senso più evoluti, ma che finiamo col percepire molto spesso sotto forma di stati umorali, di squilibri della nostra armonia, di malesseri non ben motivati, ad esempio.
Il nervosismo del bambino “troppo piccolo per capire” nei giorni in cui mamma e papà hanno litigato, l’irrequietezza del nostro cane quando non ci sentiamo bene, il crescere più o meno rigoglioso dei gerani conservati in un vaso a seconda dei nostri stati d’animo, forse possono trovare molte spiegazioni alternative, come anche il senso d’angoscia che proviamo, senza ben comprenderne le ragioni, in determinati luoghi o quello di pace che altri trasmettono… ma è certo che l’ipotesi di questo “muto linguaggio” a livello cellulare potrebbe fornire una spiegazione a molti “fenomeni” ancora oggi misteriosi.

Vogliamo aggiungere qualcosa?

Gli astrofisici ritengono che questo nostro Universo sia stato generato dal cosiddetto “Big Bang”: una sfera d’energia raggiunge la massa critica ed esplode. Da quel “Bang” si è generato tutto ciò che esiste.
Le galassie, i pianeti, i fili d’erba, l’elettricità, le montagne, i delfini, gli uomini e qualsiasi cosa possa venirvi in mente, non sono che… scintille di quella esplosione e ciò che chiamiamo “materia” non è che “energia” che vibra su frequenze diverse...

Se “ascoltate” bene…potete sentirlo.

8 commenti:

Elys ha detto...

Post interessante e argomento affascinante. Sulla capacità degli animali di percepire i nostri stati d'animo non ho dubbi, in quanto lo vivo abitualmente con il mio cane. Quando sono giù, sto male o comunque non mi sento di buon umore, lei è più "appiccicata" del solito a me. Mi riempie in misura dolcemente spropositata di attenzioni, come a dire "ehi, guarda che io sto qui, ti coccolo io". Sulle piante non saprei, ma reputo plausibile la "sensibilità" verso il trattamento ricevuto dall'uomo. Non per nulla ho sentito svariati servizi sulla natura in cui molte persone dichiaravano di parlare alle piante e queste in risposta erano stupende e rigogliose. Personalmente, nonostante provenga da studi agrotecnici (alle superiori), non ho mai avuto il pollice verde. Sono un pò negata?! Me la cavo meglio tra scrittura e libri. Ed è vero che alcuni luoghi infondono pace, mentre altri infondono uno strano senso d'angoscia, di oppressione inspiegabile. Io ad esempio, fin da bambina, ho una paura tremenda di entrare dentro al mercato coperto della mia città, nonostante non ci abbia mai messo piede. Mi causa timore anche il lago. Bello da vedere ma se dovessi farci il bagno o andarci in barca, non ce la farei.

elena ha detto...

Anch'io credo che gli animali (ma anche le piante, per esperienza diretta) abbiano una sorta di "sensibilità", che possano mettersi sulla nostra lunghezza d'onda (anche se sarebbe più esatto dire il contrario, secondo me: siamo noi umani che dobbiamo fare lo sforzo di rimetterci in sintonia con loro...).
Quello che non capisco è perché normalmente gli esperimenti - fatti da umani - sembrano più orientati sul dolore che non sulla gioia, o comunque su sensazioni gradevoli. Che ne so... penso alle mucche che producono più latte se ascoltano musica (anche se questo viene fatto più per vantaggio dell'umano che per far piacere alle mucche stesse).
Penso alle mie piante che ogni tanto riesco a far "resuscitare" con la trasmissione di energia - mia - ma che (par condicio pure qui) mi rendono quando mi serve...
Possibile che non possiamo mai fare nulla di positivo, di armonico, di "gratuito"?
Come siamo meschini...

Capitano ha detto...

Un pò come dire che ogni essere vivente e non è avvolto in un campo elettromagnetico il quale può interagire con quello degli altri esseri. In questo modo si potrebbero giustificare interazioni di natura diversa da quelle classiche (il contatto, la parola etc etc).
Alla domanda: "ma come può un essere vivente gestire il proprio campo, indirizzarlo?" io risponderei riflettendo sul fatto che utilizziamo una percentuale ridotta del nostro cervello. Chissà che un utilizzo prossimo al 100% non ci illumini su fenomeni del genere.

A presto,
Y SUERTE

Equo ha detto...

Molto giusto, Capitano. E posso aggiungere che, da sempre, l'Uomo cerca strade per "ritrovare" questa forma di "comunicazione": dall'antichissimo sciamanesimo alle moderne tecniche timodinamiche.
Ma, ciò che più conta, è che...
ve lo dico la prossima volta :-))

ska ha detto...

Sono d'accordissimo. Ho due gatti e ho avuto modo di notare più volte come la mia euforia o la mia tristezza si riflettesse anche su di loro. Sulle piante invece concordo con Elys. Finché ho vissuto a Roma centro trafficato, mi è morto sempre perfino il basilico. Ora che abito fuori e ho almeno un balcone, l'ho riempito di fiori e sto cercando di prendermene cura...anche in modo un po' maniacale, a dire la verità: ogni giorno sto lì a guardare quale foglia nuova è nata e quale fiore si sia aperto...non mi sfugge niente! Ma siccome i gerani sono un po' sofferenti, a pure altri fiori sembrano non passarsela benissimo, mi domando se non sia come dice il mio ragazzo: non li starò mica soffocando di amore e attenzioni?? :D
Ad ogni modo mi sembra di essere uno di quei bambini rincojoniti dalla tv quando vengono portati la prima volta in campagna...mi stupisco di fronte a una gazza, e riesco perfino a convivere con gli insetti (i miei gatti un po' meno).
Quindi le "vibrazioni" della natura le sento eccome.
Ma a proposito, Elys: è al lago che mi sono traferita, e ne ho sentiti tanti che dicono di averne paura...ma perché? Troppa quiete?

Equo ha detto...

Mah! Mio nonno, che da giovane ha anche condotto chiatte cariche di sabbia sul Po e che è sempre stato un Uomo del Fiume, diffidava dei laghi, diceva che la loro acqua era traditrice, le correnti incoerenti, le alghe tentacolari... Ma lui parlava di nuotarci: non credo si riferisse all'atmosfera in generale. Personalmente credo che il lago (come il mare al largo od il deserto) ispiri l'introspezione... Forse è questo che spaventa alcuni...

ska ha detto...

Ahaha! :D
Io sono una creatura di mare, ce l'ho dentro...ma ora vivo al lago, e mi piace (ma continuo a preferire il mare) e ci faccio anche delle belle nuotate.
Mi ci sono trasferita per ragioni di soldi e quiete: ovvero pago un terzo di quanto mi costerebbe la stessa casa a Roma, per vivere in un modo 100 volte più sano. Unico inconveniente: sono diventata una pendolare. Non si può avere tutto.
In questo paese è cresciuto il mio ragazzo, e lui dice che tutti dicono sempre 'sta cosa dei "mulinelli" che ti risucchiano, ma lui in 28 anni di testimonianza diretta, e altri 92 di testimonianza "nonnesca", non ha mai sentito di nessuno morto in quel modo. Spero di non essere smentita...

ska ha detto...

Elys...sono andata sul tuo blog.
Siamo coetanee e "serpentine", ho visto, oltre a condividere la passione per la cioccolata.
....ma: quello sullo sfondo del tuo banner è sicuramente un lago! Com'è 'sta storia? :)