domenica 4 marzo 2007

UNA CARTOLINA DALL'AUSTRALIA


Ogni tanto vi affliggo con i miei “frammenti” di vita vissuta. Resistete: presto, spero, cominceremo a “fare” cose più interessanti…

Clara (nome di fantasia) me l’aveva spedita uno psicologo di Firenze, dicendomi solo che era “panfobica”, ovvero aveva paura di tutto.
Clara non entrava in un ascensore perché era assalita dalla claustrofobia; d’altra parte se provava a scendere le scale era colta da vertigini. Non sopportava di stare in mezzo alla gente, ma quando era sola cadeva in crisi di panico…
In poche parole non poteva vivere.
Aveva inoltre alcune paure specifiche: il colore rosso la agitava, il profumo d’incenso la faceva quasi svenire.
Oltre ai suoi sintomi ero stato informato solo del fatto che era rimasta orfana di madre all’età di quattro anni…e decisi di partire da lì, domandandole se potesse mostrarmi una fotografia della mamma.
Dal suo portafogli estrasse una foto-tessera: “E’ l’unica che ho…” – mi disse – “le altre le ho stracciate perché si vedeva che mamma aveva i polsi fasciati…”

“Ma le fotografie…”
– replicai – “si fanno nel corso degli anni! Tua madre non avrà mica avuto sempre i polsi fasciati, no?”

Così venne fuori tutta la storia…
Mamma era una ragazza-madre: il gentiluomo che l’aveva messa incinta, alla notizia, s’era eclissato per non farsi vedere mai più. Lei aveva scelto di avere comunque la bambina…ma aveva, allora, sedici anni: anche lei era una bambina!
Affrontò il parto, la riprovazione dei suoi genitori che volevano farla abortire, la vergogna, i pettegolezzi e, com’era inevitabile, cadde in una profonda depressione.
E fu lasciata sola ad affrontarla.
Schiacciata da cose tanto più grandi di lei tentava, periodicamente, di scappare da una realtà insopportabile, da tutto quel dolore, da tutte quelle responsabilità, grazie ad una lametta da barba.
Probabilmente all’inizio erano solo disperate richieste d’aiuto, ma non ci furono parenti, dottori o psicologi capaci di starle accanto.

E venne la volta che tagliò le vene nel modo “giusto”.
Morì dissanguandosi lentamente… STRINGENDO CLARA, DI QUATTRO ANNI, TRA LE BRACCIA!

Ora: la donna trentenne che avevo di fronte capiva tutto. Capiva la depressione di mamma, capiva che era stata una vittima e che aveva tanto sofferto, capiva la disperazione di un gesto estremo… Lei capiva.
Ma quella bambina no.
La bambina dentro di lei sapeva solo che la mamma l’aveva abbandonata, che l’aveva lasciata sola, a piangere sino a non aver più voce, mentre l’abbraccio che la stringeva si faceva sempre più freddo, mentre tutto quel rosso sangue la insudiciava.
Quella bambina era ferocemente arrabbiata con la mamma e non sapeva, non voleva perdonare quel terribile abbandono.
Ma come puoi provare rancore verso una madre che si è uccisa in preda alla più nera disperazione senza sentirti in colpa?
La rabbia di Clara le ritornava indietro, come un perverso boomerang, a spegnerle ogni possibilità di vita, di una vita che sentiva di non meritare.

Dovevo parlare direttamente a quella bambina, ma, per farlo, avrei dovuto riportarla a quel giorno, a quell’insopportabile dolore, a quella Paura madre di tutte le sue paure attuali.
Sapevo che lo stavo facendo per liberarla, eppure vacillai più di una volta mentre mi supplicava di smettere di tormentarla, mentre mi giurava (mentendo disperatamente) che, ora, aveva capito, che stava meglio, che…”…non è stata colpa sua, stava male…ma io sono piccola, ho paura…perché sei andata via? Perché? Perché? PERCHE’ MI HAI ABBANDONATA EGOISTA SCHIFOSA! PERCHE’?!!!”

Sì: questa volta ve lo meritate il lieto fine.

Clara fece il suo “esercizio” più importante, quello che io consideravo risolutivo, il sabato pomeriggio.
Per tutta la domenica mattina dovetti, periodicamente, chiederle di lasciare la sala dove si svolgeva lo stage perché…Clara scoppiava a ridere.

Senza motivo, senza ragione alcuna, improvvisamente risuonava la sua risata incontenibile: Clara stava ridendo per tutti quei lunghi, terribili anni in cui aveva pianto dentro.

Un mese dopo ricevetti una cartolina dall’Australia con i suoi saluti.
L’ho conservata a lungo.

14 commenti:

ska ha detto...

Se per "affliggere" intendi "ridurre la gente ad una pezza bagnata di lacrime" hai ragione. Ogni volta piango con questi frammenti e non so perché...
Maestro, vorrei darti la mia anima affinché tu me la restituissi strizzata e depurata...

Blue ha detto...

Concordo con skakkina, questi frammenti devastano!!!Come sempre le "storie" che racconti sono bellissime e scuotono fino alla punta dei piedi il corpo e l'anima..
Però certo "le cose più interessanti" a questo punto ci incuriosiscono!!(oramai i fazzoletti li teniamo pronti!!)
Namastè!

elena ha detto...

Ah ecco... sono contenta di sapere che non sono l'unica a... purificarmi gli occhi gratis...
Bella questa storia Equo. Bella per la ragazza che ti ha incontrato e bella per te che l'hai realizzata... a volte non basta trovare un analista che ti segua, bisogna che sia quello giusto...
Grazie Equo.
Namasté!

Equo ha detto...

Prima raffica di risposte:
Skakkina: l'anima non la dare a nessuno. Mai! Ho un'abitudine: dopo che qualcuno di coloro che mi hanno chiesto una qualche forma d'aiuto ha imparato a conoscermi un po' gli chiedo da 1 a 10 quanto si fida di me... e se risponde 10...lo sgrido. Mi basta un 8...una parte tenetela sempre per voi. E, adesso che vi fidate...non vi resta altro da fare che comunicarmi il vostro numero di carta di credito :-)) Tornando serio...fate davvero attenzione, amiche ed amici miei: il mondo è pieno di Grandi Guru che vogliono...ingurarvi.
Un'ultima cosa, Skakkina: dai una vigorosa pacca sulla spalla da parte mia al tuo compagno. In un mondo di adolescenti mai cresciuti o di "macho" presuntuosi sa avere dei comportamenti da Uomo. Però...non gli far fare tutto il lavoro della "costruzione di un amore" da solo, eh? Ne parleremo ancora...
Blue: ma non vi siete stancati d'essere solo spettatori? Sto cercando il modo di farvi diventare protagonisti...magari si piange ugualmente, ma, almeno, poi si guadagna qualcosa...
Elena: non sei sola. Qualche volta io piango mentre scrivo. Questa è la ragione per cui spesso sono stato accusato d'essere "poco professionale" ma so fare solo quello che mi hanno insegnato dicendomi: "Scendi nel loro dolore, condividilo, sentilo. Poi prendi chi soffre per mano e venitene fuori insieme". E, in ogni caso, non sono un analista, non sono nemmeno uno psicologo. Io sono soltanto un giullare.

elena ha detto...

In fondo ho sempre saputo che essere capaci di far sor-ridere è difficile... come so (ma è una questione di pelle, non di apprendimento) che i giullari ed i clown sono tristi... quand'ero piccola e mi portavano al circo, vedere i clown e scoppiare a piangere era tutt'uno...
Perdonami Maestro, volevo scrivere "specchio" e invece ne è uscito analista... forse perché stavo pensando anche a Giulia (la mia analista). Però, se posso dirlo... intravvedo il cammino che mi conduci a percorrere, ma non ho mai capito il suo...
E comunque, sono pronta a provare a fare la protagonista... da grande voglio fare il giullare, come te.
Namasté!

Blue ha detto...

Per un bel pò di tempo ho pensato che piangere fosse una debolezza, una cosa da immaturi, priva di ogni dignità, così ovviamente lo evitavo...ma ogni tanto si piange.
Un giorno, era l'ultimo giorno di mare e si ricominciava la "solita vita" ed ero presa da una tristezza tremenda allora con risolutezza promisi a me stessa che non avrei più pianto. Era la promessa all'illusione che non sarei più stata triste.
I motivi per piangere arrivarono presto così come finì l'estate ma non piansi...non piansi più.
Dopo molto tempo, e dopo tante lacrime non versate stavo leggendo un libro e quelle parole che scorrevano davanti i miei occhi erano così vere, così mie che versai una lacrima, incontrollata...non avrei voluto, ma invece di essere stata la rottura di una promessa fu un regalo. Quella lacrima dovevo piangerla, non era una debolezza, ma vivere completamente quell'emozione...
Quella promessa mi aveva privato di convividere tante emozioni, di viverle completamente ma era stato un meraviglioso insegnamento.
Ora piango, come sorrido, lasciandomi calare nell'emozione, nella sensazione qualunque sia, di dolore o di gioia perchè solo così la si può capire, la si può vivere in maniera completa...e comprendere se stessi fino in fondo. Solo vivendo pienamente ogni aspetto della vita la si può condividere..si possono capire gli altri e gli si può porgere una mano...
Namastè

Unknown ha detto...

Grazie Elena per avermi giustamente indirizzata verso questo blog.
Bello. Da oggi avrò qualcosa da leggere che mi faccia finalmente pensare, vedere e forse ritrovarmi.

Grazie Equo
Un saluto,
Nilde

Equo ha detto...

Benvenuta, Nilde/Calinde. Tutti stiamo cercando di ritrovarci, in un modo o nell'altro. In quanto ai Corvi di un tuo commento precedente...li hai mai osservati, in montagna, quando mettono in fuga anche la nobile Aquila? Sono più piccoli, meno appariscenti...ma, loro, agiscono INSIEME. Tra un po' tutti si commuoveranno per il ritorno delle Rondini, ma la Rondine è incostante, traditrice: ai primi freddi ci abbandonerà di nuovo. I Corvi resteranno con noi, sotto la pioggia e la neve...e se qualcuno di loro, al momento, è un po'...grasso e fa fatica a volare, che importa? Lo stormo caccerà anche per lui, sino a quando le sue ali torneranno a desiderare il vento. Namasté.

Blue ha detto...

Per il ruolo di giullare sono pronta certo anche io...parto anche avvantaggiata ( adoro i campanellini!!!) ;)))
Anche perchè da protagonisti non si smette di essere spettatori...
Namastè!

ska ha detto...

Grazie Equo. Quello nei confornti del mio ragazzo (forse "compagno" è un termine più maturo?) è un complimento meritatissimo. Sì, cerco di impegnarmi a fare anch'io la mia parte...ma non sono buona come lui! O meglio, calma come lui...ho un brutto carattere, e l'ho cominciato a capire soo qualche anno fa.
Per quanto riguarda invece essere protagonisti: non so cosa intendi, ma a pelle ci sto....mi fido...almeno 7 e mezzo! :)

Anonimo ha detto...

L'importante è fidarsi in modo.. equo!
La battuta è scema, ma contiene anche un fondo di verità. Giustamente equo sottolinea come bisogna sempre lasciare uno uno spazio anche per noi stessi, alla nostra partecipazione critica, a un lasciarsi andare consapevole, a non abbandonarsi ad occhi chiusi nelle mani di colui, o colei, che potrebbe rivelarsi un cieco totale.. Il mondo è pieno di maestri, o presunti tali.. talora in buona fede, per carità, ma offrono sempre una realtà "altra".. E cercare tali maestri è per noi come cercare qualcuno che ci offra una via di fuga a una realtà che non ci piace.
Invece equo è un vero maestro: lui la realtà (la nostra realtà) ce la fa vedere, e vuole che la affrontiamo.. perché solo così possiamo crescere e guarire le ferite che ci hanno, o ci abbiamo, inferto.
mauro

Anonimo ha detto...

Skakkina, un Maestro non è colui che ti prende l'anima, te la strizza e te la ridà depurata. Un Maestro è quello che ti dà gli strumenti per farlo da te. Siamo circondati da guru, falsi maestri, stregoni raffazzonati, gente che si improvvisa "guida" senza aver risolto minimamente i *propri* problemi, persone che amano viversi come "vissute" e "risolte", quando non hanno nulla di tutto ciò, e lo vivono solo nel riflesso adorante degli sguardi dei propri allievi. Grazie al cielo non è questo il caso... Perché i veri Maestri sanno che il loro compito è quello di rendersi inutili il più rapidamente possibile, passando una scintilla che solo l'altra persona può decidere se spegnere con un soffio o se alimentare con il carburante del proprio impegno, incendiando così la propria anima e facendo luce sul Maestro che è dentro ognuno di noi.

Anonimo ha detto...

...del tipo: non dare al povero il pesce, ma insegnalo a pescare.

ska ha detto...

Sì, capisco ciò che vuoi dire, Abietto. Mi sa che col mio slancio sarei la preda prediletta dei guru "inguratori"...forse sono un po' ingenua, però l'anima mi verrebbe di affidargliela ad Equo.
Ma mi ricorderò delle vostre parole.