lunedì 16 aprile 2007

IL LIMITE


All’epoca in cui i corsi ai quali collaboravo si svolgevano in quel di Como arrivò un terzetto di personaggi che provenivano dal Veneto: figlio, padre e la giovane compagna di quest’ultimo. Il padre, un uomo sui 45 anni, era il classico Veneto di montagna, alto, con lunghi capelli biondi raccolti a coda di cavallo, due spalle da rugbista avvolte da una camicia scozzese; il figlio sembrava la sua fotocopia di vent’anni prima e si notavano subito l’affetto e la complicità che li legavano. La donna aveva, più o meno, l’età del figlio… ma questo non costituiva un problema per nessuno, anzi: il ragazzo adorava questa donna che aveva riportato felicità ed amore nella vita di suo padre.
Sembravano non avere un solo problema al mondo… eppure erano lì, a fare un corso al quale, di solito, si presentavano persone con problematiche anche pesanti. Alle mie domande si limitavano a rispondere d’essere venuti “per curiosità”. In quel tempo (dato che non decidevo io la politica economica del Centro) i corsi erano decisamente costosi e mi sembrava perlomeno strano che quei tre spendessero qualcosa come dieci milioni delle vecchie lire per togliersi una curiosità! Sentivo che sotto c’era qualcos’altro, ma mi trovavo la strada sbarrata da un muro d’omertà. Più tentavo di indurli ad aprirsi, più padre e figlio si serravano a difesa e, data la mia insistenza, cominciarono ad odiarmi. Nei giorni del corso me ne dissero di tutti i colori ed arrivarono anche a minacciarmi fisicamente.
Poi, alla compagna del padre, saltarono i nervi. Chiese di parlarmi in privato e per prima cosa mi fece giurare che non avrei assolutamente rivelato che mi aveva parlato, né che avrei usato quanto stava per dirmi perché i “suoi due uomini” non volevano e non glielo avrebbero perdonato. Piangendo disperata mi rivelò che il figlio, quel giovanottone di 24 anni, aitante e sportivo, era ammalato di sclerosi multipla e, nel giro di pochi anni, si sarebbe ridotto su una sedia a rotelle. Padre e figlio erano distrutti dentro, ma decisi a negare l’evidenza, a fingere che il problema non esistesse e, soprattutto, a non chiedere aiuto: erano persone forti, abituate ad affrontare ogni cosa con le sole loro capacità e non si sarebbero mai “abbassati” ad “esibire” il loro dolore in pubblico!
Ero veramente in un guaio! Ora ero ancor più motivato nel far qualcosa per dare il mio aiuto a quelle persone, ma, nello stesso tempo, ero impotente, legato dalla promessa fatta. Tentai nei modi più insinuanti d’indurre loro a confidarsi…ed ottenni l’effetto opposto: più arrivavo a toccare la loro emotività, più li spingevo quasi sul punto di aprirsi, più i due s’infuriavano con me, come se cercassi di violentarli, di costringerli a mostrare una debolezza. Sino al punto in cui il padre arrivò ad insultarmi pesantemente, facendo anche il gesto di sputarmi in faccia.
Intanto il corso proseguiva ed io mi adoperavo, ovviamente, anche per le altre persone presenti e, come sempre accade in quelle circostanze, si sparsero lacrime, si cucirono ferite, si tese, tutti insieme, una mano a “bambini” spaventati…
Avvenne così che la domenica mattina, a poche ore dalla conclusione del corso, mentre mi ero preso una pausa e mi ero rifugiato in un corridoio per dedicarmi al mio secondo vizio preferito (il tabacco…non fatevi idee strane) il padre mi avvicinò con una strana luce negli occhi. Per un attimo pensai che volesse aggredirmi davvero e stavo decidendo quale atteggiamento mantenere (“mmmm…scappo in aula o gli slogo un polso?) quando, invece, mi sorprese. Non riusciva a guardarmi negli occhi e la sua voce usciva quasi come un borbottio, ma quello che disse fu, più o meno:

“Ti ho guardato lavorare in questi giorni. Ho visto cosa hai fatto per quelle persone e quanto ti sei speso. Ora ho capito cosa stavi cercando di fare per noi…ed io ti ho offeso e insultato. Volevo solo chiederti scusa…”
Ecco: era il momento per aiutarlo a sciogliere il ghiaccio che gli serrava il cuore.

“Vedi, amico mio…” – gli risposi – “normalmente, nella vita di tutti i giorni, se vedi uno che sta per cadere, gli tendi un braccio per reggersi e lui, invece di ringraziarti, ti sputa in un occhio, ti limiti a pensare “che razza di stronzo!”. Questo, invece, è un posto dove se chi stai tentando di aiutare ti sputa addosso ti viene da pensare: “Quanto deve soffrire per essere così difeso!” Per cui non c’è niente da scusare: vorrei solo che tu e tuo figlio mi permetteste di fare il mio lavoro…perché sin dall’inizio ho visto la pena che vi portate dentro e vorrei dividerne con voi il peso…”

Mettiamocelo bene in testa, se possibile: nel 99% dei casi chi ci aggredisce si sta solo difendendo, sta solo palesando la sua paura, sicuramente in modo distorto, sicuramente facendoci del male…ma sta chiedendo aiuto. Se siamo in grado di capire questo messaggio e siamo abbastanza “forti” da poter affrontare la situazione sino a rassicurarlo in modo che cessi di aggredire…ottimo!
In caso contrario dobbiamo abbandonare la situazione, allontanarci prima che la sua insicurezza ci contagi ed induca anche noi allo stesso gioco perverso.
Una volta mi è accaduto di continuare a camminare a braccia spalancate verso una persona che mi lanciava manciate di ghiaia in faccia… altre volte mi sono arreso ed ho pregato chi non intendeva comprendere i miei messaggi di pacificazione di portare altrove le sue violente manifestazioni di paura.
Come sempre il problema è trovare la giusta misura…
La vostra qual è?

22 commenti:

elena ha detto...

Maestro, io sono solo una ex crocerossina pentita... ad un certo punto ho detto basta. E quello che senza di me sarebbe morto è pimpante ed arzillo ancora adesso... ma scarica addosso ad un essere indifeso (be' insomma... diciamo comunque da tutelare) le sue debolezze. Chi ha il cervello lo usi, era il senso di quanto dicevi qualche post fa. E se nel frattempo chi non ce l'ha fa solo danni? Lo so, sempre storie personali vado a tirare in ballo... ma sono stanca e non so più se ho ancora la forza per fare quello che devo (e voglio) per la Fuoriserie... mi rifletti? :)
Namasté.

Equo ha detto...

Non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo; il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo, al fine di lasciare a coloro che verranno dopo terra sana e pulita da coltivare. (Gandalf)

elena ha detto...

Se mi aiuti a rendere innocua la megapianta di cicuta senza ferire e/o compromettere la crescita degli alberelli di mimosa circostanti, credo che non ti chiederò più nulla, dopo... :)
Quanto alla tua domanda, cui mi sono dimenticata di rispondere prima, è talmente ovvia la mia risposta... come posso avere una misura, io che sono SMISURATA??? E anche consapevolmente suonata, aggiungerei... :)

SETHAR ha detto...

Elena, cerca di leggere quello che scrivo con un qual certo distacco… ;-)
Personalmente, sono dell'idea che c'è sempre qualcosa che possiamo fare affinchè "l'altro" cambi i suoi atteggiamenti...
Come ho già scritto, anche se può essere molto difficile e complicato, iniziando a cambiare i nostri...
C’è sicuramente stato, all’inizio della conoscenza reciproca, un momento in cui la comunicazione tra voi era possibile e forse anche adeguata… In seguito hanno prevalso le problematiche che la condivisione della quotidianità hanno accentuato e hanno avuto come conseguenza una “divisione” e stati d’animo carichi di risentimento, rabbia, rancore, acredine, etc. etc… tutte cose che hanno portato ad un’incomunicabilità quasi totale e magari delle ripicche reciproche che alla fine hanno coinvolto anche la “vostra fuoriserie”… (dimmi se almeno ho azzeccato la situazione e il contesto di ciò che hai dissertato).
Cercando di tornare mentalmente alla fase in cui comunicare con “lui” era ancora possibile e cercando di eliminare, quindi, le influenze che non ti consentono di “sentirlo” come un interlocutore adeguato, dovresti cercare di capire quali sono i condizionamenti che lo inducono a comportarsi in quel determinato modo… che poi è determinante per riuscire a comprendere i suoi problemi e quindi ad "avvicinarsi" a lui in maniera diversa... Fino a che ciò sia possibile... Come dice Equo finchè non abbiamo fatto tutti i nostri tentativi possibili...
So che tutto quello che ho scritto è di difficilissima attuazione perché è un percorso irto di ostacoli, faticoso, quasi incomprensibile e anche sgradevole…
Tuttavia, magari dopo aver ricevuto strumenti adeguati, questo percorso potrebbe essere di più facile percorrenza…
Il più delle volte, quello che fa la differenza è proprio quello!!
Avere gli strumenti giusti per affrontare “la situazione” in maniera adeguata...
Abbracci

elena ha detto...

Sethar, azzeccare ci hai azzeccato... solo che avresti logicamente bisogno di qualche elemento in più - che peraltro non sono disposta a darti in rete... non per la difesa della mia privacy, peraltro molto dubbia, quanto perché io alla tutela dei più deboli ci credo ancora... come, nonostante mie svariate affermazioni in merito, credo anche che chi ha il cervello ha il DOVERE di usarlo.
Ovviamente poi, comunque, sarebbe solo una campana... che non fa primavera (e lo so che sto mischiando le carte...)
Quindi, a te la scelta: o ti scrivo in privato e ti subisso con tutta una storiaccia di qualche centinaio di pagine, o ti accontenti della mia versione: a parte qualche randellata in testa, c'è poco da fare... scherzo. Perché non ne sono capace e perché finché ho un cervello... lo uso.
Suerte!

Equo ha detto...

Elena, Sethar! Un po' di pazienza, che diamine!Magari riusciamo davvero a mettere insieme uno "stage" ed allora avrete tutto il tempo di aprirvi l'un l'altra... :-))
Comunicazione di servizio: Sethar, appena ho dati più precisi t'invio una mail o telefono. Nel frattempo...chissà se troviamo un servizio di catering in zona? Tu sai di cosa parlo, ok?

Anonimo ha detto...

Dici bene equo, meglio affrontarle in uno stage.
Elena cerca di non polarizzare sempre su te stessa ogni post di equo. Non per altro, ma perchè non riesco, poi, a sviluppare considerazioni che esulano da una vicenda personale.
Scusate dell'osservazione.
Rita M.

Anonimo ha detto...

Io sto in attesa di essere aggredita (ce l'ho in particolare con una persona di mia conoscenza). Vorrei che lo facesse per poter reagire come vorrei. Ma lui non lo fa e questo mi fa gonfiare di rabbia e rancore sempre più. Ho cercato di provocarlo in tutti i modi che mi sono stati possibili. Una buona parte di quello che gli volevo dire gliel'ho detto, ma non è abbastanza. Mi chiedo perchè non voglia affrontarmi. Mi chiedo se il suo "glissare" sia solo vigliaccheria o indifferenza. Non voglio salvare questa persona. Voglio che sia punita... da me. Sono una aggressiva passiva? :)

SETHAR ha detto...

Ok, Equo. Ricevuto. Hai mail.
Rita, io penso che ognuno di noi faccia riferimento, quasi inevitabilmente, a situazioni proprie, specialmente quando è alla ricerca di una soluzione ad un problema personale.
Ciò non impedisce ad altri di postare le sue impressioni che saranno oggetto di medesimo approfondimento.
Ogni cosa che si racconta di se stessi magari aiuta altri a rivedersi in quella situazione e magari a trovare un aiuto in ciò che poi si scrive, analizzandola...
Quindi il mio suggerimento è di raccontare anche tu esperienze e problematiche personali che poi serviranno ad altri che magari ci si rispecchieranno...
Cosa ne dici?
Per Elena (ma anche per tutti gli altri): Non c'è speranza senza paura, né paura senza speranza. (citazione di un "certo" Carol Wojtyla).
A volte pensiamo troppo... Più pensiamo meno risolviamo, dobbiamo lasciarci andare con la corrente, dove essa ci porterà. Quando avremo la mente libera troveremo il giusto responso al nostro quesito.

SETHAR ha detto...

Avete mai viaggiato nel fiume di Equo? ;-)
La mia gionata lavorativa termina qui e quindi, in questo periodo, anche il mio collegamento a internet.
Abbracci a tutti

Anonimo ha detto...

A me sa tanto di seduta psicoanalitica, poi magari sbaglio, ma se ognuno di noi deve raccontare una sua problematica, non vedo come si possa sviluppare il discorso del post e, soprattutto, come possa equo districarsi nelle risposte.
A me sembrava che lo spirito del blog fosse diverso, ma forse avevo capito male.
Grazie della risposta.
Rita. M.

Equo ha detto...

Precisazioncina... Seduta psicoanalitica no, eh?! :-) Altrimenti vi farei pagare un fottio di soldi per 50 minuti di conversazione e, soprattutto, mi limiterei a dire cose tipo: "Perché dici ciò?", "E questo che emozioni ti suscita?", ecc. Cos'è questo blog? Un framento di specchio, se volete. Quindi tutti sono autorizzati ad usarlo (o interpretarlo) come meglio credono: raccontare di sé, parlare dei Massimi Sistemi, fare filosofia o narrare barzellette. Per ciò che mi riguarda è... una tessera di un complicato mosaico, per cui v'invito a non concentrarvi troppo sui singoli pezzi... o rischiate di non cogliere, poi, il disegno nel suo insieme. Vi invito anche, come è solito dire Sethar, a "sospendere il giudizio"... quando e se il disegno si comporrà capiremo dove siamo andati.
In quanto alla cara Zed... lo so, lo so che le cattiverie passate, le umiliazioni imposte, le rabbie represse, portano al bisogno di sfogarsi e, in un certo senso, "ristabilire la giustizia" tramite la vendetta. E' una cosa che ti riempie di soddisfazione, quando riesci a farla, per... alcuni giorni e, poi, ti lascia solo l'amaro in bocca. E' umano voler punire chi ci ha fatto soffrire, ma... CERCHIAMO DI NON DIVENTARE CIO' CHE COMBATTIAMO: chi uccide un assassino non è migliore di lui. Ci sono altri sistemi, altre soddisfazioni. E durano un po' di più.

Neo ha detto...

Scusate ma io a quest'ora non reggo più, e non sempre riesco a seguire il filo di tutti questi discorsi... però mi trovo d'accordo con il "finchè non abbiamo fatto tutti i nostri tentativi possibili..", sempre che un tentativo possibile ci sia..

Scusate ancora se non riesco a praticare strategie relazionali, ne sono assolutamente incapace.. anche se ammiro molto chi ha imparato a gestire determinate situazioni con maturità mentale e riesce a trasmetterla agli altri (non per niente equo è spesso definito maestro!)

Forse un giorno anch'io imparerò -o tenterò di imparare.. se quel giorno arriverà (cosa di cui dubito fortemente) potrò dire di essere cresciuta, di esser diventata saggia o solo più distaccata (e il che non mi farebbe male).
Per adesso vivo ogni ingiustizia come un'esperienza devastante, spesso me ne distacco e magari riesco anche a percepire la grandezza di atteggiamenti diversi e più produttivi.. ma il tutto è molto raro e limitato alle occasioni in cui ho a che fare con persone che amo, che meritano il mio sforzo.. per il resto nutro profondo odio (per fortuna verso pochi) e non me ne vergogno.. e se mi va il sangue alla testa non penso certo a chiedere scusa ma mi piacerebbe -poi magari non lo faccio- avere l'occasione di ferire l'altro, almeno quanto ha ferito me.
E non mi sento cattiva. Anzi.
Poi.. ognuno ha i suoi percorsi no?

Equo.. sono scomunicata dal tuo blog?

Equo ha detto...

Certo, Istanbul: sei scomunicata. E prego tutti, d'ora in avanti, di chiamarCi "Santità", oppure Noi ripristiniamo la Santa Messa in latino, la Santa Inquisizione e un po' di Santa Tortura per chi non la pensa come Noi!

Ma mi ci vedete a "predicare" la tolleranza e, poi, ad inalberarmi se altri vivono a modo loro? :-))

Neo ha detto...

Ma dai che scherzavo... non lo avrei scritto, ti pare?

Namasté

SETHAR ha detto...

Istanbul, anche Equo scherzava :-)
In questo "mondo" vige la regola del completo rispetto verso tutti...
E, in ogni caso, ritengo che la cosa più importante sia capire a cosa si vuole "puntare", a cosa si vuole "giungere"...
E se ancora non lo si è capito, cercare un percorso che ci aiuti a farlo...
Istanbul, una domanda: sei soddisfatta dell'atteggiamento che hai nelle situazioni che hai descritto? Sei davvero appagata, poi, del risultato che ottieni?

SETHAR ha detto...

Rita, forse mi sono espresso male.
Quello che volevo dire, come poi ha ribadito Equo, è che ognuno è libero di esprimere le proprie sensazioni come queste si manifestano... e ognuno di noi ha il suo modo di farlo...
E comunque ogni intervento è utile per capire in che direzione rivolgere il confronto...
Quindi, grazie a te per l'intervento :-)

Neo ha detto...

No sethar non lo sono per niente. E ti dirò di più, non sono certo io a volerlo.
Forse comunque mi sono espressa male. Quello che ho scritto è vero, ma deriva sempre dal male che mi è stato fatto, mica vado a trucidare le persone per strada! Sono la persona più pacifica del mondo ma a volte proprio non ce la faccio a subire.. il mondo non è questo blog, fatto di belle e brave persone. E purtroppo ci sono casi in cui perdonare è perfettamente inutile, il porgi la gola o l'altra guancia diventano un'arma nelle mani di chi può ferirti. Non ci credo. Credo anzi che una seconda possibiltà serva solo a non darne una terza. Poi la fiducia negli altri si costruisce, si modula, in base alle proprie esperienze. E forse io l'ho persa da un po'.

Ad ogni modo -e può anche darsi che queste mie parole siano dovute al periodo- non è semplice.

Baci

Equo ha detto...

Precisazione, anche, ne sono certo, a nome di Sethar e, magari, dell'Abietto (se tornasse a farsi vivo). Che nessuno si faccia l'idea che in questo blog si voglia affermare che esiste un "giusto modo" di vivere e che chi non vi si adegua sbaglia! Io mi limito a narrare esperienze, con profondo rispetto verso coloro che pensano ed agiscono diversamente: qualche volta mi capita, con modestia spero, di mostrare una strada, ma non credo sia obbligatorio intraprenderla. E facciamo giustizia anche di un altro possibile equivoco: se mi capita di suggerire di "perdonare" chi ci ha fatto del male non lo faccio certo per "recuperare" il feritore! Semmai perché questo difficile esercizio fa bene al ferito e ne affretta la guarigione. In fondo, credetemi sulla parola, il "nessuno tocchi Caino" è pensato nell'interesse di Abele, anche se in pochi lo capiscono. Anche in questo caso (come nella risposta a Zed del post successivo) vi rimanderei alla prossima puntata... se mi riuscirà di scrivere quel dannato post che mi coinvolge un bel po'.... E sono d'accordo anche con Istanbul quando dice che nel mondo reale si respira un'aria ben diversa da quella che abbiamo qui: alla fine dei miei stage metto in guardia le persone proprio su questo. Ma penso anche (personalmente, eh?) che non possiamo fare come quello che si lamenta perché "tutti rubano" ed, intanto, evade le tasse perché "non sono mica l'ultimo fesso". Qualcuno deve cominciare a spendere un po' di coerenza, anche quando non è facile... posso consigliarlo ma, in realtà, lo "pretendo" solo da me stesso. Comunque... grazie di esistere, gente :-)

SETHAR ha detto...

Pienamente d’accordo Equo…
Non ti sei espressa male Istanbul, volevo solo approfondire meglio il tuo pensiero.
Mai pensato che tu fossi una "sanguinaria"… :-)
Come dice Equo, tendere la mano, "offrire la gola" non deve diventare certo quella che lui chiama "la sindrome dello zerbino". Dopo aver tentato il tentabile è meglio abbandonare la "guerra"...
Anche se capisco che non è facile perchè, a volte, veniamo tirati dentro il "campo di battaglia" forzatamente da altri...
Ma, ti prego, non perdere la fiducia...
Il mondo ha bisogno di gente come te...
So che in questo momento non è facile da credere, ma la situazione può cambiare.
Il sole è sempre li nel cielo… devi solo spostare un po’ le nubi… :-)
Non so se Equo ha mai parlato in maniera approfondita dei suoi stage, ma, per esempio, quello potrebbe essere un buon percorso per iniziare a farlo...
Abbracci

Neo ha detto...

Ci tenevo solo a chiarire.
Scusatemi sono stata inhiottita nuovamente dai miei ritmi..

a presto!

SETHAR ha detto...

Grazie per il chiarimento, Istanbul. A presto!