giovedì 22 febbraio 2007
VEDERE IL BAMBINO
A proposito di “trovare il Santo” negli altri…
Lo stage si svolgeva a Como. A quel tempo arrivavano persone da ogni parte d’Italia e solo poche di loro avevano sostenuto il colloquio preliminare con me. Delle altre, malgrado da tempo insistessi inutilmente perché si compilassero schede personali, il più delle volte non sapevo nulla e mi toccava comprendere i loro problemi “in corso d’opera”.
Così fui preso del tutto alla sprovvista quando quell’uomo sulla quarantina, con l’aspetto del ragioniere al catasto e bravo padre di famiglia, confessò che non solo era un pedofilo, ma anche che era stato coinvolto in una sorta di commercio di bambini Thailandesi.
Avevo da poco finito il mio “numero” con la Spada e non mi ero ancora cambiato.
Mi accorsi che le dita della mia mano destra si stringevano attorno all’impugnatura: mi sentivo, in quel momento, freddo e duro come l’acciaio della mia Katana, mentre
l’adrenalina si riversava nelle mie vene, preparandomi all’azione.
Ogni mio nervo, ogni muscolo era teso come una corda di violino, eppure ero stranamente rilassato nel profondo, intanto che visualizzavo cosa sarebbe accaduto di lì a qualche secondo: la lama che sgusciava fuori dal fodero in un arco elegante, essenziale; il filo della Spada che sfiorava quasi delicatamente il collo di quell’individuo, prima che richiamassi la Katana a me con un gesto deciso… Mi parve addirittura di poter “udire” il suono che avrebbe fatto la sua testa cadendo sulla pesante moquette della sala…
Fortunatamente al mio fianco c’era una persona che mi conosceva piuttosto bene ed alla quale non sfuggì, probabilmente, la luce che mi si era accesa negli occhi: mi abbracciò e, gentilmente, mi trascinò fuori dalla sala.
Mi chiusi in una delle toilette dell’hotel, spaccai con un pugno una tavoletta di legno e poi, non essendomi bastato, presi a cazzotti anche le piastrelle della parete, sino a farmi sanguinare le nocche.
Rientrato in sala chiamai uno dei miei collaboratori e gli bisbigliai: “Questo trattalo tu: io non ce la faccio!”
Venti minuti dopo, la stessa persona che mi aveva ispirato sentimenti omicidi era in ginocchio su quella moquette, che piangeva disperatamente, ululando come un animale ferito, rivivendo il momento in cui lui stesso, da bambino, era stato violentato.
Mi fu tutto chiaro, allora.
Ero ancora deciso a non aiutare in nessun modo quello spregevole uomo…ma era mio dovere, mio preciso dovere, tendere una mano a quel bambino.
Se avete il coraggio, la costanza, l’infinita pazienza di guardare a fondo, nell’angolo più riposto e più nascosto dell’animo umano, scoprirete che, sempre, dietro ai comportamenti anche più aberranti, anche più disgustosi, anche più ignobili, si nasconde un bambino tremante che sta chiedendo aiuto.
Ecco. E’ tutto qui… Se non vi riesce di vedere il Santo negli altri, se non incontrate il “dio” che è in ognuno di noi…abbiate occhi per quel bambino, ascoltate il suo pianto.
Il resto è facile e viene da sé.
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9 commenti:
Quanto sono giuste le tue parole... e quanto difficili.
Parlo da mamma, non da esperta. Tempo fa, nella BdF, s'è affrontato il discorso dei "criminali" che a loro volta, anzi prima di esserlo, sono vittime. Già allora avevo detto che sono contraria alla pena di morte, perché non risolve il problema e non rende alla vita le vittime. Però... è dura. Riconoscere il bambino offeso originariamente rischia di divenirne la sua giustificazione. Non so se la pedofilia sia curabile, so per certo che non voglio che una vittima diventi carnefice. Ma non so come spezzare la catena... Basta l'amore offerto al bambino ferito che ci portiamo dentro, a sanare le sue ferite ed a cambiarne i comportamenti? Perché, ripeto, Franti ha delle giustificazioni valide... ma per salvare lui, non possiamo, né dobbiamo, affogare tutti gli altri.
Oddio! Cos'hai tirato in piedi... ma rifletterci ci farà bene. Intanto, un sincero apprezzamento per la tua condotta, così appassionata ma anche razionale.
Grazie Maestro... namasté.
spesso si guarda senza vedere e si sente senza ascoltare; sarà anche banale, ma è così.
perciò, grazie per quello che hai scritto
Sì, so di aver messo le mani in un vespaio. Dalla mia modesta esperienza credo d'aver capito che c'è un solo modo per "spezzare la catena": rimuovere le cause del comportamento anti-sociale, quale che sia. Su un piano generale ciò significa che ci saranno sempre ladri sino a che esisterà una società nella quale convivono coloro che hanno il superfluo e chi manca dell'indispensabile e, per di più, che incoraggia l'avidità ed il consumo, senza darti i mezzi per soddisfare questi "bisogni indotti". Per fortuna nessuno mi ha nominato imperatore del mondo e, quindi, non compete a me occuparmi dei massimi sistemi. Sul piano individuale molto si può fare, accogliendo, appunto, quel bambino e curando le sue antiche ferite, in modo che anche i suoi comportamenti nel presente mutino. La prima, fondamentale regola è il "non giudizio", ma, di questo, mi sa che sarà gioco forza parlare ancora.
Per Karel: hai profondamente ragione... Una delle prime cose che hanno cercato d'insegnarmi in Asia è proprio questa. Mi dicevano: "Voi Occidentali guardate molto, ma vedete poco". Prima ancora, quand'ero un bimbo molto piccolo, ci fu una persona che mi faceva giocare a "sentire il rumore dell'erba che cresce" ed a "vedere le stelle in cielo di giorno". Che la Forza sia con lui, ovunque sia.
Il "non giudizio"...a volte è difficile, e senti la rabbia salirti dentro, il sangue affluire nelle mani, proprio come descrivi te..e quello che mi ferma è la mia fiducia incrollabile che quella persona può cambiare, che in fondo nell'angolino più nascosto qualcosa di buono c'è, sotterrato sotto tanto dolore o tanta paura che forse nemmeno lo sa. Non posso perdere questa speranza, non la dovremmo perdere tutti, perchè ti rende la vita migliore ed è come avere una marcia in più quando serve...a volte mi sembra così assurdo vedere come la mia prima reazione è diventata la tolleranza, la comprensione...invece che la violenza. E sia chiaro, è diventata, perchè anche io sono cambiata...
Non si deve avere paura di intraprendere la strada più tortuosa e difficile per tendere una mano, abbandonando i giudizi e le certezze lasciando che siano il cuore e il "non giudizio" a guidarci, non la cieca rabbia e l'odio...sono solo ruggine che corrode noi stessi. E questo non significa perdono incondizionato verso azioni o persone tremende o disgustose, perchè perdonare è una cosa che riguarda solo noi stessi... Quell'anima per quanto sporca è un'anima e volte è soprendente come possa cambiare con piccoli gesti..
Ancora una volta mi sono ritrovata con semplice eccezionalità nelle tue parole...Namastè Maestro, grazie..
Ovviamente concordo con te, Blue. E ti voglio dare un elemento in più...
Credo che ti dedicherò, visto che ne parli, un post sul perdono...
A legger qui, sembra davvero che nessuno di voi abbia conosciuto gente chiusa, arida, finita. Pronta a veder i figli, non per miseria ma per profitto, pronta a calpestare qualsiasi cosa... a sputare su qualsiasi cosa.
Non dubito delle esperienze altrui... le esperienze sono assolute... indiscutibili. Rifiuto l'idea che da un'esperienza si possa trarre un significato... è più forte di me.
Sono lieto di non aver vissuto... ancora...
Un viaggiatore giunse alle porte di una città, nei pressi delle quali sedeva un vecchio. "Dimmi - chiese il viaggiatore - "che genere di gente vive in questa città?" "Dimmi tu, prima..." - replicò il vecchio - "Che genere di gente c'era nella città da cui vieni?" "Ah!" - rispose il Viaggiatore - "Ladri, farabutti, egoisti! Me ne sono andato per questo!" "Ebbene..." - concluse il vecchio - "Qui troverai lo stesso genere di persone..." Di lì a qualche tempo giunse un altro viandante che pose al vecchio la stessa domanda ed ebbe di rimando la stessa replica, al che rispose: "Insomma... Gente normale, che lavorava, in genere brave persone..." Indovinate cosa rispose il vecchio...
Bravi! Disse proprio: "Qui troverai lo stesso genere di persone".
Onestamente credo d'aver visto più orrori della maggioranza della gente che conduce una vita "normale" e, spesso, è davvero difficile non diventare cinici. Ma se si vogliono cambiare gli alberi...bisogna cominciare dal proprio.
Concordo. Io non voglio cambiare gli altri.
In una cosa concordo con Nemo: neanch'io VOGLIO cambiare gli altri. Di mestiere faccio lo specchio: rifletto solo chi si mette di fronte a me ed ha voglia di tenere gli occhi aperti. Il resto lo lascio ai missionari, per i quali, di solito, non nutro molta simpatia.
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