lunedì 31 dicembre 2007

MESSAGGIO AGLI ITALIANI A BLOG UNIFICATI

L’anno che si sta concludendo è stato difficile ed aspro.
Certo, alcuni di noi hanno raggiunto traguardi importanti… ma si tratta di risultati personali, che, per quanto ci riempiano di gioia e di legittimo orgoglio, non incidono sulla vita di tutti.

Il 2007 ha visto troppe promesse non mantenute, troppi rinvii, troppe prese di posizione generate dalla volontà di conservare il proprio orticello felice piuttosto che dal desiderio di agire concretamente per pacificare e rifondare l’Italia.

In democrazia vince la maggioranza, ci insegnano. Ma chi può sostenere onestamente che la maggioranza degli Italiani non voglia una vita serena per sé, per i propri cari, ma anche per gli sconosciuti?
Chi può cercare di convincerci a rinunciare alla nostra umanità, alla solidarietà, alla dignità nostra, dei nostri connazionali – ovunque si trovino – come pure di tutti gli esseri che abitano questa terra?
L’anno trascorso ha visto spesso la volontà popolare travisata, non considerata o strumentalizzata per fini propri – dalla richiesta di rinnovamento di un sistema che non funziona, né in economia, né nella sanità, o nell’istruzione o nella politica, al rifiuto del nucleare nuovamente messo in discussione, al procrastinare sine die l’emissione di una legge che regolamenti la gestione dell’informazione, all’approvazione affrettata di un indulto di cui hanno beneficiato i soliti noti – cercando di farla passare per “clemenza” nei confronti dei carcerati per reati minori.
Neppure nel campo del lavoro si è verificato quel cambiamento di rotta, quella stabilizzazione che in tanti auspicavamo, in cui in tanti abbiamo creduto.
Abbiamo assistito invece ad un’impressionante sequela di morti sul lavoro, la più eclatante delle quali, sia per numero di vittime che per il luogo in cui è avvenuta, ha risvegliato – forse – le coscienze sopite, con promesse di leggi ad hoc.
Abbiamo assistito ad inchieste revocate, censure appioppate, esternazioni tollerate, richieste di grazia discutibili, prese di posizione indifendibili… all’arrogarsi il diritto di cercare accordi di modifica a leggi statali da parte di chi non ne è legittimato… perfino alla messa a punto di topi che non hanno paura dei gatti… ma se invece di inventare qualcosa di cui nessuno sentiva la mancanza gli scienziati si impegnassero a realizzare il siero della verità – e fosse ammesso come prova nei procedimenti giudiziari?

Indipendentemente dalle convinzioni politiche, pensiamo sia evidente a tutti che in quest’anno che si sta concludendo ha predominato ancora una volta la logica degli interessi personali, dei particolarismi, degli egoismi – a cui ha fatto da contraltare, peraltro solo in alcuni casi, l’elargizione condiscendente di quanto in un mondo civile sarebbe meno del giusto e un continuo fare a chi urla più forte.

Non vogliamo scadere nel qualunquismo – le differenze ci sono sempre, e dovunque.
Ma vogliamo fare una richiesta a tutti, siano essi italiani, politici, amministratori, cittadini comuni, associazioni, italiani all’estero o stranieri in Italia – una richiesta che per noi è un impegno costante.
Non abbiamo bisogno di altre leggi, di stravolgimenti o di beneficenza.
Abbiamo una legge che contiene tutto quello che è necessario.
E non è comunista, o democristiana o liberale. E’ super partes, ed è talmente bella e giusta che è costata sangue.
RISPETTIAMO E METTIAMO IN PRATICA LA COSTITUZIONE.
Questa è la proposta che noi facciamo a tutti gli italiani per il 2008.


Invitiamo tutti i bloggers che condividono la nostra proposta a postarla nei loro siti – citando cortesemente la fonte – per la massima diffusione possibile.
Hanno aderito finora:

http://www.arpaspada.blogspot.com/
http://franca-bassani.blogspot.com/
http://tanuccio-diariodibordo.blogspot.com/
http://www.diario_di_bordo.ilcannocchiale.it/
http://www.strageustica.altervista.org/
http://cornettiecappuccino.blogspot.com/
http://solleviamoci.blogspot.com/
http://italianiestero.blogspot.com/

Onde evitare inutili dispersioni, adesioni e commenti possono concentrarsi su "Solleviamoci", blog dal quale è partita l'iniziativa.

Buon anno, gente.

mercoledì 26 dicembre 2007

IS POSSIBLE?


Anche in questo caso un piccolo frammento di specchio.

Credo che se la domanda fosse stata posta al di fuori del contesto in cui, invece, è stata presentata, ossia se vi avessi semplicemente chiesto: “Investireste mai deliberatamente con l’auto un gruppo di bambini?” ovviamente tutti voi avreste risposto: “Ma ti sei fumato il cervello?!”

Possiamo passare tutta la vita convinti che NOI non faremmo mai “certe cose”… perché tanto è improbabile che la vita stessa ci precipiti in situazioni estreme.
Tuttavia sono proprio le condizioni esasperate che fanno emergere il lato dominante della nostra natura ed il bello dei test tipo quello al quale vi siete sottoposti è proprio di poter avere (sempre se siamo sinceri con noi stessi e non li prendiamo come un gioco di società) un riscontro che, per fortuna, può essere solo teorico, ma che, sempre che lo si voglia, aggiunge un altro spezzone di conoscenza di noi stessi.

Come sempre nessun giudizio, salvo, forse, quelli che potrete dedurre da soli leggendo cosa accadde nella mia mente quando fui io “vittima” di questo sporco gioco…

Devo premettere che fui meno fortunato di voi: non mi fu dato il tempo per pensare perché il test si svolgeva “in tempo reale”, come se fossi su quella fottuta Land Rover lanciata a tutta birra e, quindi, con pochi secondi per decidere quale pedale avrei schiacciato.

Tra i miei innumerevoli difetti mi riconosco, però, una virtù più volte verificata (anche nella vita, non solo nei test!): sotto stress riesco a pensare dannatamente in fretta!
Così in quei pochi secondi si dipanarono nel mio cervello una serie di ragionamenti…
La prima cosa che pensai fu “Io freno!” … e, se devo essere sincero, non per restare fedele a dei principi, né tantomeno per guadagnare il paradiso... Semplicemente perché, d'istinto, la frase che mi risuonò in testa fu: “In un mondo in cui bisogna uccidere dei bambini per sopravvivere non m’interessa restare!”

Subito dopo, però, un’altra voce mi urlò nel cranio: “Bastardo egoista! Non stai mica decidendo della tua sola vita, sai? Che ti piaccia o no, che tu l’abbia chiesto o meno, ci sei tu alla guida di questa schifosa auto ed hai la responsabilità di chi c’è a bordo! Non hai tempo d’indire un referendum e, poi, se anche uno solo volesse vivere… chi sei tu per condannarlo a morte per salvarti la coscienza? Certo: anche quei bambini vogliono vivere. Ma tu sei responsabile di questa gente, non del mondo intero…”

La risposta che diedi è molto simile a quella che traspare dalle sofferte righe di Elena: (e di altri): “Schiaccio l’acceleratore” – mormorai – “…porto in salvo la mia gente e, poi, probabilmente, mi suicido perché nel nuovo mondo non ci sia più gente come me!”

venerdì 21 dicembre 2007

UNA PAUSA PER AUGURI ECUMENICI


Un attimo di pausa nei nostri percorsi per inviarvi gli auguri… alcuni in anticipo, altri in ritardo… ma è il pensiero che conta.

Un felicissimo Alban Arthuan a tutti i pagani di sangue celtico come me.

Buon Natale ai cristiani.

Felice Chanukkah agli ebrei.

Un lieto Eid al-adha agli Islamici.

Un sereno Diwali agli induisti.

Un armonioso Vesak ai buddhisti.

Buon Giorno della Nascita del Guru Gobind Singh Sahib ai Sikh.

Un favorevole Pushya ai jainisti.

Un allegro Daruma Hina Matsuri agli scintoisti.

Un ottimo Sciabe Yalda agli zoroastriani

Buon Yule ai seguaci wicca...

…scuse ed auguri a quanti ho dimenticato con la mente, ma non con il cuore.

giovedì 20 dicembre 2007

TEST 2 . THE DAY AFTER


Bene… (si fa per dire, eh?)
Spero ardentemente che nessuno di voi si attenda sul serio che io attribuisca voti di preferenza o, peggio che mai, che riveli quale sia la soluzione del test!
Come tutti i test che si rispettino anche quello al quale avete gentilmente partecipato non ha una soluzione “giusta”: un test non è un problema di matematica ed i suoi scopi sono solitamente ben diversi dall’arrivare ad una qualche forma di verità.
Nella fattispecie la storiella della DONNA, dell’UOMO, del BARCAIOLO e del DOTTORE non si prefiggeva certo l’obiettivo di stabilire i corretti criteri di giudizio morale tramite i quali valutare la squallida vicenda: l’ottica era, piuttosto, quella di permettere a chi lo desideri di acquisire un nuovo frammento di conoscenza su se stesso e sulla propria personale scala di valori…

Attenzione, però: non è così semplice come sembra…
Intanto occorre una sincerità nei propri confronti ed una capacità di mettersi in discussione che non è esattamente di tutti; in secondo luogo i giudizi morali che avete espresso (sia quelli più seri e meditati, sia quelli presentati in forma più o meno scherzosa) fanno riferimento non solo e non tanto a ciò che “siete”, ma, soprattutto, a “ciò che temete di poter essere” o, se preferite, “ a ciò che assolutamente non vorreste diventare”.
Magari rifletteteci sopra un pochino e, forse, vi sarà più chiaro, ad esempio, perché siano state alcune rappresentanti del “gentil sesso” (in particolare quelle che la vita ha costretto a credere nel potere taumaturgico della volontà, dell’autonomia, della disciplina) ad essere le più ingenerose nei confronti della DONNA del racconto…

In realtà, dunque, commentando la storiella, ognuno di voi è come se mi avesse detto: “Ecco! Questo è ciò che io non voglio essere!”

Sin qui tutto bene… ma, naturalmente c’è un ma…
Si dice (non a torto) che ciò che odiamo negli altri è ciò che temiamo alberghi dentro di noi: classico il caso dei ragazzotti dal cranio rasato che massacrano di botte l’omosessuale di turno per esorcizzare la loro omosessualità latente e confermarsi nel loro traballante ruolo di “macho”.
Per cui, se vi va, andatevi a rileggere i vostri stessi commenti alla luce di queste riflessioni: questo è quanto lo “Specchio” può fare per voi…

Invece di approfondire ulteriormente (per questo occorrerebbe un rapporto individuale più stretto e continuativo) preferisco invitarvi ad un altro giochino, a mio giudizio ancora più utile e divertente (si fa sempre per dire), per il quale occorre che vi immaginiate uno scenario fantapolitico (per ora)…

Anno 2025. La civiltà è crollata in mille pezzi. Guerre locali si sono trasformate in conflitti estesi. Qualcuno ha usato ordigni nucleari tattici ai quali altri hanno risposto con bombe più potenti. In tutti i Paesi occidentali gli scontri razziali e religiosi dilaniano le città. Le risorse energetiche, idriche ed alimentari sono agli sgoccioli e le metropoli, cessato ogni tentativo di organizzazione, stanno collassando, preda di bande di varia natura che si combattono nelle strade e depredano tutto ciò che ha un qualche valore…
A voi è data una possibilità di sopravvivenza: infatti qui nella Contea gli abitanti del mio piccolo borgo sulla cima della collina si sono organizzati, trasformandolo in una cittadella cinta da robuste mura, con una propria fonte d’acqua, campi coltivabili, generatori autonomi d’elettricità coadiuvati da pannelli solari e tutto quanto può garantire l’indipendenza economica e la difesa di questa isola di tranquillità… e voi, in quanto amici miei, siete stati invitati a far parte della nostra comunità.
Dovete, però, raggiungerci… ed i viaggi non sono cosa facile, ormai.
Saggiamente vi siete procurati una Land Rover, caricandola con fusti di benzina, alimenti, armi e, soprattutto, prendendo a bordo tutte le persone a voi care per trasportarle verso la salvezza e la sicurezza del nostro borgo che, ormai, viene universalmente conosciuto come Minas Thirit (e chi non capisce perché lo lasciamo fuori!).

Ora state correndo sulla vostra robusta auto al massimo che il motore vi consente per allontanarvi dalle zone pericolose… quando, ad un tratto, un folto gruppo di bambini si scaglia sulla vostra strada ostruendovi il cammino.

Voi sapete con certezza che è una trappola!
Le bande di predatori usano i bambini per costringere le auto in transito a fermarsi, assalirle, uccidere gli occupanti ed impossessarsi del carico.

Prima di procedere un’avvertenza importante: questo non è un test che miri a valutare la vostra fantasia, la capacità di trovare strade alternative od un insolito “escamotage”; truccare i dati del problema non vale, così come non è valido inventarsi finali diversi da quelli che vi sto per prospettare…
Avete solo due possibilità:

A) pigiate sull’acceleratore, fate strage di bambini e, in questo modo, garantite la sopravvivenza vostra e dei vostri cari;

B) schiacciate, invece, il freno, rifiutandovi di uccidere degli innocenti, e condannate a morte certa voi e tutti gli occupanti dell’auto.

Prima di rispondere prendetevi un attimo per calarvi nella situazione: pensate, una per una, alle persone che avete caricato a bordo ed a cosa esse significhino per voi, all’emozione che vi procura l’idea che una vostra scelta possa decidere della loro vita o della loro morte.

Per contro immaginate anche gli occhi sbarrati e spaventati di quei bimbi verso i quali state guidando a tutta velocità: loro non si scanseranno… ed i loro sguardi dovrete portarli con voi per il resto della vostra vita.

Vi è capitato qualche volta, nei vostri deliri di onnipotenza, di sognare d’avere, anche per un solo attimo, potere di vita e di morte sugli altri?
Bene… in ogni caso in questa situazione possedete quel potere.

Fate la vostra scelta!

mercoledì 12 dicembre 2007

TEST


Ed è arrivato il momento di un test, fatto apposta perché possiate scatenare la vostra “verve” polemica e confrontare le idee, civilmente se ci riuscite…
Per prima cosa immaginate una situazione, quella che vado a descrivervi…

Un UOMO ed una DONNA stanno facendo una passeggiata romantica durante una vacanza nell’entroterra australiano.
Decidono di sdraiarsi in un invitante prato ma, per disgrazia, l’UOMO calpesta inavvertitamente un serpente che, spaventato, lo azzanna ad un polpaccio.
I segni dei denti non lasciano dubbi: si tratta di un rettile velenoso, anzi: scorgendolo mentre fugge tra la vegetazione, i nostri sciagurati protagonisti intuiscono che si tratta molto probabilmente di un Taipan, uno dei serpenti più micidiali del mondo.
L’UOMO ha, probabilmente, pochi minuti di vita, né può correre a cercare aiuto perché il maggior ritmo cardiaco non farebbe altro che accelerare l’espandersi del veleno.
Esiste una sola possibilità di salvezza: l’abitato, con una farmacia che dispone certamente del siero antiofidico, non è molto distante: la DONNA deve correre immediatamente a procurarselo e tornare più in fretta che può!
Lei, infatti, si affretta a tornare sui loro passi, in direzione del paese, ma, a sbarrarle la strada, c’è un fiume che già prima avevano attraversato grazie ad un BARCAIOLO che, anche questa volta, la raggiunge dalla riva opposta con la sua chiatta. Nella fretta la DONNA non ha certo pensato di prendere con sé la borsetta… e non ha denaro per pagare il traghetto. Tenta di spiegarlo al BARCAIOLO che, però, è inflessibile: lui vive di quel lavoro e senza soldi non traghetta nessuno! Le offre, tuttavia, un’alternativa: se si concederà a lui per una sbrigativa prestazione sessuale la traghetterà sia all’andata che al ritorno.
La DONNA accetta e, liquidata quella faccenda, riprende la sua corsa sino a giungere alla farmacia dove, dopo aver spiegato la situazione al DOTTORE, si ritrova con lo stesso problema della mancanza di denaro.
Essendo venuto a conoscenza della transazione effettuata con il BARCAIOLO, il DOTTORE offre alla DONNA la stessa opportunità: le cederà il siero in cambio di sesso.
Ancora una volta la DONNA accetta e, ottenuta la preziosa siringa, si lancia nel percorso di ritorno senza incontrare altri inconvenienti.
Arrivata alla radura nella quale l’UOMO, ormai febbricitante, l’aspetta, gli pratica l’iniezione e riesce in questo modo a salvargli la vita.
A questo punto racconta tutto l’accaduto all’UOMO... che si oscura in volto, accusandola di essersi data a degli sconosciuti con leggerezza e di averlo tradito e che, di conseguenza, le annuncia che la loro relazione è finita perché lui non tollera il suo comportamento.

Fine della storia.
Il vostro compito, ora, è di attribuire a tutti i personaggi un “livello di colpa”.
In altre parole: chi considerate più “spregevole” tra l’UOMO, la DONNA, il BARCAIOLO ed il DOTTORE?
E chi occupa il secondo posto, il terzo… e via dicendo?

Ciò che penso io (assieme alla ragione di questo post) mi riservo di comunicarlo in seguito, naturalmente: per ora vediamo se vi vien voglia di confrontarvi e se sarete tutti della stessa opinione…

mercoledì 5 dicembre 2007

AT CONCLUSIONE


Com’era non solo prevedibile, ma anche giusto, gli appunti sulle categorie dell’AT, anche se sommariamente accennati, hanno spinto molti dei “navigatori” che transitano da queste parti a riflessioni su se stessi e sul proprio rapporto con gli altri.
In fondo discipline come l’Analisi Transazionale, la Programmazione Neuro Linguistica, la Psicosintesi, ecc. è a questo che dovrebbero servire: fornire all’individuo maggiori strumenti, in primis per conoscersi e poi, se lo vuole, per migliorarsi.

Tuttavia avevo annunciato, sin dall’inizio del percorso, che intendevo proporvi un ribaltamento di prospettiva… come salire in piedi sulla cattedra per guardare l’aula da un insolito e diverso punto di vista, per cui…

Provate, dunque, a prendere le “categorie” di cui abbiamo succintamente parlato ed a farne un uso al quale neppure il loro inventore aveva pensato: utilizzatele non per “analizzare” l’individuo (cosa per la quale sono nate) ma… la specie umana nel suo complesso, nei suoi rapporti con se stessa e con il mondo che la ospita…

Per farlo (per comprendere quale sia l’atteggiamento prevalente all’interno del quale l’Umanità si muove) spostatevi ancora una volta (vi ho chiesto spesso di farlo) nella nostra preistoria e, gradualmente, arrivate sino all’inizio di questo Terzo Millennio dell’era cristiana…

Non è difficile immaginare che i nostri antenati più remoti (diciamo Lucy ed i suoi parenti Australopithecus Afarensis ?) avessero pensieri e comportamenti infantili nei confronti del resto dell’esistente… e ne avevano ben donde: tutti gli animali sembravano più dotati di loro (più agguerriti, più forti, più veloci) e, soprattutto, la loro vita era dominata da fenomeni incontrollabili e persino incomprensibili… Eruzioni vulcaniche, inondazioni o periodi di disperata siccità, terremoti, eclissi o anche solo tuoni e fulmini dimostravano come la Natura fosse onnipotente ed essi, al contrario, totalmente inermi, disperatamente “NO OK”!

Ad un certo punto, però, il “bambino spaventato” si ribella ad una “madre natura” così severa ed autoritaria: impara a dominare il fuoco che lo spaventava, si costruisce “artigli artificiali” per affrontare le belve che lo predavano, alza gli occhi alle stelle ed urla loro la sua sfida!

Non so quanti di voi abbiano avuto occasione di vedere ed ancora ricordino uno splendido film a cartoni animati di Bruno Bozzetto che, se rammento bene, si chiamava, con metafora musicale, “Allegro, non troppo”.
Vi si assiste all’evoluzione della Vita sulla Terra e, ad un certo punto, compare una scimmia maligna e dispettosa che s’intrufola nella “marcia” degli animali rappresentante il loro mutamento, la loro (appunto) evoluzione.
Ma ecco comparire l’Uomo, come un gigante che spiana la strada davanti a sé, che distrugge e costruisce, che cambia il corso dei fiumi ed il clima del pianeta… ed all’apice di questa sua conquista, dall’interno della sua testa che improvvisamente si apre, compare quella scimmia perfida e sghignazzante…

La “scimmia” che è dentro di noi è ancora terribilmente insicura… ma l’uomo è inebriato dal suo potere manipolatore... e da questo conflitto non può che scaturire un atteggiamento terribilmente adolescenziale…

E’ possibile (al di là della mera osservazione di cosa stiamo facendo a noi stessi ed al pianeta) trovare dei riscontri a questa bizzarra tesi?
Io credo di sì…
Se voglio comprendere a fondo un individuo dovrò, tra l’altro, prestare attenzione ai suoi sogni, in quanto è in essi, spesso, che l’inconscio, seppur attraverso la forma simbolica, si manifesta…
Allo stesso modo se voglio “esplorare l’inconscio dell’Umanità” sarà bene prendere in considerazione i concetti archetipici che compaiono nei suoi sogni collettivi, ovvero nei miti, nelle leggende, nelle fiabe…
Se lo facciamo emergono con notevole chiarezza tutta una serie di “segnali” e di riferimenti che ci confortano nella tesi che l’Umanità stia attraversando una profonda “crisi adolescenziale”… il che, a ben vedere, ha un aspetto confortante.

Infatti se è pur vero che tale “crisi” si manifesta in idee ed azioni distruttive ed autodistruttive, rimane il fatto che lascia spazio alla speranza di una crescita, di una maturità che possa indurre a mutare l’atteggiamento verso noi stessi e la Natura che ci circonda.

Come per i singoli individui anche l’Essere Umano nel suo complesso non è mai costantemente inserito in questo o quel comportamento…ma quello prevalente è drammaticamente evidente ad ognuno.
Infatti è chiaro che alcune religioni, alcuni modi d’intendere la scienza, alcune ideologie politiche od economiche, possiedono un intrinseco atteggiamento “genitoriale”, ossia hanno la presunzione di sapere cosa sia meglio per tutti.
Quando, però, inizia “la transazione”, ovvero quando tali atteggiamenti entrano inevitabilmente in relazione tra essi, per la loro stessa natura la relazione diviene conflitto… ed in capo ad un tempo brevissimo ci si trova di fronte a “due adolescenti” che scatenano guerre religiose, diatribe scientifiche, rivoluzioni e restaurazioni…

E’ possibile che l’Umanità cresca sino ad una condizione “adulta” prevalente?
Se avremo abbastanza tempo, sì.
Immaginate una delle alte e massicce colonne che circondano Piazza San Pietro a Roma.
La sua altezza rappresenta l’età della Terra.
Ora mettetele accanto una moneta da un Euro.
Il suo spessore è il simbolo del tempo di permanenza dell’Uomo sul pianeta.
Siamo una razza dannatamente giovane…
Il problema, naturalmente, è capire se prevarrà il “principio di Vita” che spinge a crescere e maturare, o quello di Morte, Eros o Tanathos…
Ed in questa partita ognuno, nel suo piccolo, è chiamato a fare la sua parte…

Oh, a proposito!
Siete consapevoli d’aver avuto il privilegio d’assistere ai podromi della nascita di una nuova disciplina psico-sociologica, la Universal Transaction Analysis?
Ma che gente fortunata, che siete! :-))

sabato 24 novembre 2007

AT4


La matematica, dicono, non è un’opinione.
Dati gli elementi che abbiamo a disposizione le possibili combinazioni sono solo quattro; dal che si deduce che dobbiamo prendere in esame l’unica che manca all’appello, ovvero l’opzione “IO NO OK – TU NO OK”, quella che si riferisce al cosiddetto “IO ADOLESCENZIALE”.

In altri termini “Io non so chi sono e non so cosa voglio… ma sicuramente non voglio quello che vuoi tu!”

Badate: tale atteggiamento non è così negativo come potrebbe apparire ad un’analisi superficiale… ammesso che si manifesti nel giusto spazio temporale della nostra vita.

E’ l’impulso in base al quale i “giovani della tribù” rifiutano l’autorità degli Anziani e se ne vanno a colonizzare nuove terre; lo stimolo iconoclasta a mettere in discussione convinzioni, credenze, dogmi e, talvolta, per questa strada, a trovare nuove idee e nuovi comportamenti…
In qualche modo è la porta, stretta e scomoda, attraverso la quale accedere alla propria personalità adulta, capace di selezionare cosa del passato tenere e cosa buttare…

Questo, appunto, se si tratta di un percorso di transizione limitato nel tempo.
Qualora, invece, si permanga oltre l’adolescenza biologica un po’ troppo in questo atteggiamento… si aprono dei grossi, grossi problemi.

Il comportamento adolescenziale protratto conduce, troppo spesso, a situazioni totalmente autodistruttive: molte forme di dipendenza (droga, alcool o lavoro, non importa), i disturbi alimentari (anoressia, bulimia, iperfagia…), le tendenze suicide o, nei casi più estremi, ad imbracciare un fucile e sparare nel mucchio sui compagni di liceo.

Ovviamente la permanenza stabile in una condizione adolescenziale (nel senso dell’AT) è fortunatamente rara e relegabile nell’ambito delle patologie dei disturbi comportamentali, ma molto più frequenti sono le “ricadute” nei suoi schemi di azione… e, di queste, siamo vittime tutti.

Se, ad esempio, nel corso di una discussione in procinto di diventare lite, il mio interlocutore mi tratta con sufficienza (ovvero assume un atteggiamento genitoriale, tentando di relegarmi in un ruolo “bambino”) ed io non godo di una sufficiente sicurezza in me o nelle mie asserzioni, inevitabilmente salterà fuori l’adolescente che reagirà “per ripicca”, suscitando un’analoga reazione in chi ho attaccato.
Si dice che, quando inizia una lite, qualcuno ha ragione e qualcuno torto… ma dopo cinque minuti hanno torto in due… e questo dipende dal fatto che a litigare sono sempre due adolescenti.

Dato che il discorso si farebbe lungo e complesso scelgo di spezzettarlo ulteriormente e, per il momento, a mo’ d’esempio vorrei citare una barzelletta che mi divertì molto nei mitici anni ’60 (come direbbe Minà).

Molti di voi sono troppo giovani, suppongo, per avere ricordi diretti di quel periodo nel quale il presidente USA J.F. Kennedy, il premier sovietico Nikita Kruscev e Papa Giovanni XXIII suscitarono grandi speranze nel mondo!
Si parlava di coesistenza pacifica (IO OK – TU OK) ed il gelo della “guerra fredda” sembrava stemperarsi in una nuova primavera…
Non era vero, naturalmente: sotto le apparenze covavano le missioni degli aerei spia U2, l’inizio strisciante dell’intervento americano in Viet-Nam e la crisi dei missili sovietici a Cuba…ma avevamo tutti voglia di crederci…
I grandi della Terra sembravano comportarsi da persone adulte…
Come spesso accade (questi tempi lo stanno dimostrando) furono gli umoristi a cogliere per primi le discrepanze, ad evidenziare le contraddizioni…
Così nacque la storiella…

Nikita Kruscev è in visita negli Stati Uniti e partecipa ad una conferenza-stampa… che si svolge in questo modo:

“Fred Preston, del New York Herald Tribune. Signor presidente, qual è la situazione dell’assistenza sanitaria nell’Unione Sovietica?”

“Nella nostra grande nazione ogni cittadino ha diritto gratuitamente a tutte le forme di assistenza, dalla fornitura di medicinali sino agli interventi chirurgici più complessi…”


“John Huston, del Daily News. Che ci dice dell’istruzione?”

“In Unione Sovietica l’istruzione è a carico dello stato e garantita a tutti dalla scuola materna sino all’università!”

“Eddy Smith, Associated Press. Ci parli del potere d’acquisto del rublo: quanto incide sul salario medio di un operaio l’acquisto di un paio di scarpe?”


“E voi ai Negri cosa gli fate, eh?!!!”


Al primo conflitto, al primo rigirare della lama in un punto dolente, ecco saltar fuori l’adolescente… ed ecco la fine del dialogo.

Con quali conseguenze… lo vedremo poi.

venerdì 23 novembre 2007

AT3


Ed eccoci al terzo capitolo di questa saga, ossia, forse, a circa mezza strada.
Questa è la parte meno intrigante, non chiedetemi il perché, ma sta di fatto che tutti, nella Divina Commedia, preferiscono “L’Inferno” agli altri due cantici…

Oggi parleremo di come ci si dovrebbe comportare… ed è ovvio, anche a giudicare dai vostri commenti, che tutti (in teoria) sapete che dovremmo lasciar prevalere quello che in AT è chiamato IO ADULTO, ossia la parte di noi che riesce a pensare : “IO OK – TU OK”.

Naturalmente significa avere una buona opinione di sé, una discreta considerazione delle proprie opinioni e, nello stesso tempo, rispettare coloro che hanno idee, abitudini, modi comportamentali diversi dai nostri.
Non c’è (o quasi) chi non convenga che questo atteggiamento risolverebbe un bel po’ di problemi nei nostri rapporti interpersonali e nella vita dell’Uomo in genere… in teoria, appunto.

Portare nella pratica quotidiana questa “accettazione del diverso” (che, badate, non è “tolleranza”, ma rispetto!) è tutto un altro paio di maniche: sembra impossibile all’essere umano avere una buona stima delle proprie opinioni senza considerare quelle differenti “inferiori”…

In una visione “macro” ciò ci porta a “il mio Dio è migliore del tuo, la mia razza è più intelligente, il mio sesso è più forte, la mia patria è più bella…” e via dicendo; in un’ottica “micro” alle discussioni su come si allevano i figli, come si spreme un tubetto di dentifricio, o se è meglio Luttazzi di Grillo… ma la sostanza non cambia.

Certo: a volte, per periodi limitati, ognuno di noi riesce ad essere “adulto”, ma, il più delle volte, è una condizione fragilmente transitoria, dalla quale è facile scivolare nel “quarto atteggiamento”, quello di cui parleremo nel prossimo post.

Occorre anche aggiungere che devono esistere dei limiti all’accettazione della diversità altrui… altrimenti dovremmo rispettare i desideri del pedofilo o la prepotenza degli arroganti!

Tuttavia esercitarsi per passare una buona parte del nostro tempo in una condizione di “adultità” è un esercizio di grande efficacia e che, spesso, ha effetti positivi immediati e talvolta sorprendenti sui nostri interlocutori… come cercavo di dimostrare in un vecchissimo post, quello che parlava della “sedia” e dell’uomo che vi sbatteva contro.

All’inizio di una discussione occorrerebbe trovare quei secondi necessari per fermarsi un attimo a riflettere su quale parte di noi sta per attivarsi… e cercare di “programmarci in una modalità adulta”.
Ovviamente non è facile perché le componenti emozionali della “transazione” con gli altri sono sempre fortemente presenti e, molto spesso, ben mascherate.
Però vale la pena di provarci… anche al fine del famigerato “discorso vero” che vi proporrò in conclusione e che non abbiamo ancora sfiorato.

Curiosi?
Bene: è un segno d’intelligenza!

giovedì 15 novembre 2007

AT 2


Ovviamente, a fare da contraltare alle insicurezze dell’Io - Bambino, troviamo quello che viene chiamato IO – GENITORIALE, che, sempre nei rapporti interpersonali, si muove secondo l’atteggiamento : IO OK – TU NO OK.

Non saltate subito alle conclusioni… Se parliamo della correlazione che si svolge effettivamente tra un genitore ed un bimbo di giovanissima età si tratta di un atteggiamento non solo corretto, ma addirittura doveroso.
Io, padre o madre, sono consapevole che tu bambino non sai, ad esempio, che infilare le dita nella presa della corrente è pericoloso e, quindi, te lo devo impedire e, in genere, mi devo prendere cura di te… magari evitando l’autoritarismo, ma non rinunciando mai all’autorevolezza.

E’ altrettanto ovvio che se, al contrario, stiamo parlando di un rapporto tra adulti, l’atteggiamento diventa di arroganza, supponenza e ci troviamo di fronte ad una di quelle persone convinte d’avere sempre ragione e la verità in tasca.

Occorre subito, però, fare alcune precisazioni…

La prima è che non necessariamente un individuo del genere è “genitoriale” a tempo pieno: può accadere (e succede con frequenza indesiderabile) che sia dispotico con il partner e remissivo (bambino) con il capo-ufficio… o, al contrario, che si comporti come un dittatore sul lavoro e si lasci umiliare nei rapporti personali.
E’ piuttosto comune, infatti, che le frustrazioni subite in quegli ambiti dove siamo costretti al ruolo di “bambino” si sfoghino all'interno dei rapporti nei quali, invece, possiamo prevalere!

Uno degli esempi più belli compare nel film “The Wall”, dei Pink Floid, dove l’insegnante martirizzato da una moglie virago si rifà sugli alunni con perfetto sadismo…

La seconda considerazione è ancora più importante ed introduce una riflessione che riprenderemo inevitabilmente più avanti : molto, molto spesso il ruolo di chi interagisce con noi condiziona e decide quello che noi stessi saremo chiamati ad interpretare…

In altri termini: se mi trovo a convivere con un partner con atteggiamenti sottomessi sarà gioco forza interpretare la parte del genitore (talvolta malgrado ciò che vorremmo), mentre se è la mia compagna od il mio compagno a presentarsi genitorialmente, mi vedrò relegato al ruolo di bambino o, quanto meno, mi sentirò considerato come tale.

In una certa misura, quindi, gli atteggiamenti altrui "definiscono" i nostri e viceversa ed in questa “transazione emozionale” è spesso difficile trovare il giusto equilibrio… tant’è, infatti, che frequentemente questo sottile conflitto spinge entrambi in un’altra e diversa condizione... quella di cui parleremo nella quarta tappa del nostro piccolo percorso e che è sicuramente la più intrigante…

Prima, però, nella prossima puntata, proveremo ad esaminare… quale dovrebbe essere il giusto atteggiamento, anche se, ovviamente, l’avete già compreso tutti… in teoria. :-)

lunedì 12 novembre 2007

AT 1


Anche se una certa qual pigrizia continua ad accarezzarmi proverò a fare un primo passo sul sentiero che annunciai qualche settimana or sono.

Analisi Transazionale, si diceva: disciplina complessa che non tenterò neppure di spiegare nel suo insieme per non incorrere anch’io in quel pressapochismo che denunciavo; mi limiterò a prendere in esame uno dei suoi aspetti, analizzandolo in più post per dare ad esso il rilievo meritato, ma avvertendovi che, in realtà, la mia intenzione è poi quella d’andare a parare… da tutt’altra parte…

Ora: secondo l’Analisi Transazionale in ognuno di noi, in circostanze diverse che, talvolta, possono verificarsi anche a distanza di poche ore una dall’altra, si manifestano, nei confronti dei rapporti con gli altri (la “transazione, appunto) diversi aspetti della nostra personalità… che sono stati raggruppati in categorie precise, comode per comprendere le ragioni dei nostri comportamenti (l’analisi di cui sopra).

Il primo caso che osserveremo è quello che viene definito “Io Bambino”, ovvero quella parte di noi che, secondo sempre l’A.T., pensa: “IO NO OK – TU OK”, in altre parole ciò che ci fa ritenere inadatti, incapaci… e ci fa vedere gli altri sempre più “idonei” di noi.

Badate: è questa una fase che siamo tutti costretti a passare: quando siamo bambini, appunto. Il bambino, infatti, misura quotidianamente le proprie impotenze: non saprebbe nutrirsi da solo… o vestirsi, o cavarsela nella maggior parte delle situazioni che è chiamato ad affrontare! Per contro “i grandi” (ed in particolare i genitori) sembrano ai suoi occhi quasi onnipotenti e, in ogni caso, sicuramente più abili di quanto egli non sia ad affrontare il mondo.
Tutto bene… se parliamo di un bambino.
Se, al contrario, questo senso di inadeguatezza ce lo trasciniamo dietro anche quando siamo cresciutelli… nascono i problemi.
Una eccessiva presenza dell’Io Bambino può portarci a fenomeni di timidezza o, al contrario (per quanto possa apparire strano) di eccessiva aggressività e, in genere, ci precipita nel baratro delle “profezie negative autoavverantisi”… In altre parole la nostra convinzione di “valere meno degli altri” (meno furbi, meno belli, meno...alti) condizionerà i nostri comportamenti sino a farci veramente diventare… ciò che temiamo di essere.
Bisognerebbe aggiungere che dare troppo spago al nostro Io Bambino (inteso in questo senso, ovviamente) costringe “gli altri” ad interpretare dei ruoli speculari ed antagonisti… ma ciò diverrà più chiaro man mano che dipaneremo la matassa ed “incroceremo” le situazioni.
Per ora mettete da parte questo tassello del mosaico e, se volete, domandatevi quali sono le situazioni nelle quali il “Bambino” prende il sopravvento in voi: è, al di là del discorso che vorrei fare con l’ultimo post della serie, di una certa utilità saperlo…
Un piccolissimo esempio?
Eccovi serviti:

“Veda, dottore…” – mi diceva il distinto signore seduto di fronte alla scrivania ed incurante del fatto che lo avevo ripetutamente invitato ad evitare quel tono formale – “…io posso considerarmi un uomo di un certo successo! La mia azienda è florida, esportiamo anche in Giappone e mi capita spesso di dover trattare con quei Samurai, cavandomela piuttosto bene, direi!
Però, se mi trovo di fronte un interlocutore che ha un tono aggressivo, di quelli che ti puntano l’indice sul naso e parlano a voce troppo alta… non sono più capace di tenergli testa! Cinque minuti dopo mi vengono in mente tutte le cose che avrei potuto dire e fare… ma, in quel momento, non sono in grado neppure di guardarlo negli occhi! Lei cosa dice, dottore? E’ grave?”

Se i “traumi” (piccoli o grandi che siano) della nostra infanzia non vengono elaborati, quando si ripresenta un’analoga condizione “traumatica”… noi torniamo ad avere l’età psicologica che avevamo quando quella situazione ci ha colpiti per la prima volta.
Ovviamente il nostro industriale di successo aveva avuto un padre terribilmente autoritario, militare di carriera, che era solito rimproverare tutti, in famiglia, alzando la voce e minacciando con il dito.
Quel benedetto uomo gli aveva fatto anche il torto di morire d’infarto prima che lui raggiungesse l’adolescenza e mettesse in scena una bella, salutare e liberatoria ribellione all’autorità!

Così, non avendo “risolto” la situazione, ogni volta che si trovava di fronte l’immagine di “papà” sotto forma di qualcuno che aveva gli stessi modi… tornava ad avere sette anni ed era incapace di rispondere per le rime: lui era sicuramente “NO OK” e chi gli stava di fronte, invece, era solo un gradino più in basso del Padreterno!

Era grave?
No, naturalmente no.
Ma se vi raccontassi cosa gli chiesi di fare per venire fuori una volta per tutte da quella situazione… mi considerereste più matto di quanto non sia in realtà!

Per ora vi basti questo… il resto alla prossima puntata dove, dopo il Bambino, parleremo inevitabilmente del Genitore…

venerdì 9 novembre 2007

UNA PARENTESI ED UN APPELLO


Nell'attesa che mi riprenda dagli umori autunnali e ritorni a percorrere con voi qualche passo su un impervio sentiero, ricevo e rilancio volentieri un appello che non ha bisogno di commenti. Forse aggiungerei solo, anche se certo lo sapete, che la mafia non è un problema della Sicilia e che i suoi tentacoli si spingono dentro ognuna delle nostre case...

Appello di Salvatore Borsellino a Favore del mensile Casablanca.

Milano, 4 Novembre 2007
Ho ricevuto in questi giorni diverse mail e degli sms di giovani sinceramente disperati perché Casablanca, un giornale che e' la continuazione ideale dei "Siciliani" di Pippo Fava, un giornale che faticosamente combatte a Catania contro l'indifferenza dei tanti e contro l'impero dei Ciancio, un giornale che combatte in trincea e non come noi dalle retrovie, sta per essere ucciso.
Ve ne riporto solo alcuni.
Il primo e' un sms di una amica, appartenete a un gruppo di uomini, donne e ragazzi che non si arrenderanno mai, che ho avuto la fortuna di incontrare sulla rete nella mia incesssante ricerca di persone che vogliano combattere al mio fianco la mia ultima battaglia e che, dopo di me, possano continuare a combatterla.
Mi scrive :
"Amico, sono abbattuta stasera. Casablanca e' in agonia. Se chiude... Pippo Fava viene ucciso di nuovo. Mi sento impotente, cosa posso fare?
Dammi un consiglio perché' ho solo voglia di piangere..."

Voglio molto bene a questa amica dal volto sconosciuto perché so che lotterà con me sino all'ultimo, e a questo nomeè' ispirato il suo gruppo, e perché spesso fa iniziare la mia giornata con un sms pieno di colori e di speranza, ma ho rimproverato anche lei perché anche a lei ho gridato che non é tempo di lacrime, é tempo solo di lotta, le lacrime dovremo conservarcele, e saranno di gioia non di disperazione, per quando andremo da Paolo a dirgli che a tutti i morti e gli oppressi dalla mafia e dalla illegalità avremo reso giustizia.

La seconda e' una email di cui riporto solo alcuni passi :
"... Graziella mi dice che Casablanca è in edicola, e non lo compra neanche chi in teoria dovrebbe fare antimafia, non lo compra nessuno delle associazioni antimafia, non lo comprano i vecchi compagni di partito, non lo comprano nemmeno gli amici e 3000 euro al mese d'affitto e di spese continuano a uscire... aiutatemi a trovare un pubblicitario, perché se muore Casablanca è come aver lasciato morire Graziella, indebitatasi PER NOI, perché Casablanca non produce utili di alcun genere, ....cercasi qualcuno che vende spazi pubblicitari, con massima urgenza ... chiunque ascolti, risponda all'appello disperato,... ne va della vita dell'antimafia vera, se vogliamo produrre sul serio, serve una mano, per favore, aiutateci ......"

La terza mi parla di Graziella Rapisarda, che insieme a Riccardo Orioles faceva parte della redazione dei "Siciliani" e che ora combatte insieme a lui una disperata battaglia percheé Casablanca possa continuare a vivere, e dice tra l'altro :
"... ha aperto un mutuo sulla sua casa per pagare le spese di affitto, della redazione, le bollette della luce, ma adesso non ce la fa più a pagare le rate e la sua casa rischia di essere venduta all'asta. ......"

Ora dobbiamo decidere, se anche noi mescolarci ai tanti che fanno antimafia solo a parole, a quelli che aspettano che ci siano altri, giudici, magistrati, poliziotti, giornalisti costretti anche per colpa nostra a diventare degli eroi, o se vogliamo fare anche noi quel poco che ciascuno di noi può fare per combattere insieme a loro.
Ci sono tante altre cose che possiamo e che dovremo fare, ci saranno tante battaglie più dure e più difficili da combattere e questa che adesso vi chiedo e' solo una delle più semplici.
Corriamo tutti ad aiutare chi sta per cadere, andiamo a fargli scudo con il nostro corpo.
Non materialmente, le vere guerre non si combattono più cosi', e neanche facendo un obolo, una donazione di cui poi ci dimenticheremmo, perché allora non avremmo davvero fatto quello che potevamo e dovevamo fare.
No, quello che possiamo e che dobbiamo fare è leggere quello che questi combattenti in trincea scrivono e, con grande fatica, riescono a pubblicare, impegniamoci.
E' dovere di ciascuno di noi comprare leggere e far leggere agli altri questo giornale, permettere che queste persone possano continuare a lottare anche per noi e insieme a noi…
Io non sono certo ricco, vivo del mio lavoro, continuo a lavorare anche se potrei già andare in pensione, e posseggo solo la casa in cui abito, ma siccome so di stare meglio di tanti altri che con il loro stipendio non arrivano alla fine del mese, non starò certo a pensare a cosa dovrò rinunziare per fare la mia parte.
Penserò invece a cosa dovrei rinunziare se non la facessi: alla mia libertà.
Io comincerò quindi per primo, perché e' mio dovere farlo anche per il nome che porto, a versare sul conto che vi indico in fondo 1500 euro per trenta abbonamenti come sostenitore di Casablanca.
A ciascuno di voi chiedo di fare un semplice abbonamento per voi stessi, sono solo 30 euro, e di non pensare se per questo dovrete rinunziare ad un cinema o ad una pizza, avrete pero' anche voi acquistato uno spicchio di libertà.
So che ci sono anche alcuni di voi per i quali anche questo sacrificio potrebbe essere troppo, che non riescono nemmeno una volta al mese ad andare a mangiare una pizza o ad andare a cinema, scrivetemelo e vi manderò una delle copie di Casablanca che mi arriveranno con il mio abbonamento e se non basteranno cercherò di farne degli altri, ma Casablanca non deve, non può morire.
Pippo Fava non può, non deve, essere ucciso ancora.
Ci sono due modalità per sostenere «Casablanca», per fare il vostro dovere, la prima e' tramite un bonifico bancario alle coordinate indicate di seguito
Abbonamento ordinario 30,00
Abbonamento Sostenitore 50,00
Bonifico Bancario
Graziella Rapisarda
Banca Popolare Italiana Catania
Cc: 183088 ABI: 5164 CAB: 16903 CIN: M
La seconda, tramite carta di credito, e' quella attraverso il sito di seguito indicato
http://www.ritaatria....
Ancora un grazie a tutti voi per non avermi lasciato da solo in questa lotta per la giustizia.
Salvatore Borsellino

P.S. Per tutti quelli che ne hanno la possibilità : diffondete questo appello.

giovedì 8 novembre 2007

AUTUNNO


Dovrete essere pazienti.
Il cambio di stagione mi rende pigro e, allo stesso tempo, irrequieto.
Alla tastiera del computer tendo a preferire la testiera del letto... o i sentieri di collina dove la mia cagnona ingaggia furibonde lotte con nutrie coraggiose, ma destinate a soccombere al suo istinto da lupo...
Tornerò con la pioggia...
Per ora cercatemi qui, nella Contea: sono quello con gli stivali di gomma ed un bastone di vertebre di squalo.

lunedì 5 novembre 2007

6 NOVEMBRE: BUON COMPLEANNO

Una delle cose più difficili al mondo è essere padri.
Io ci sono riuscito piuttosto male.
A mia difesa devo dire d'aver, comunque, cercato di fare del mio meglio e d'aver altresì tentato di concretizzare il consiglio che sono solito dare ai genitori: "Ai figli occorre dare solo due cose: le radici e le ali".
Questa mia povera ballata è uno dei tentativi di dare a mio figlio le une e le altre.
E' stata scritta circa trent'anni or sono, ma ci sono cose, come i sentimenti ed i sogni, che non invecchiano mai.


LASCITO


Dato che per bandiera ho scelto come mia
il lacero vessillo della vecchia utopia,
dato che ho deciso di star con gli sconfitti
per non accompagnarmi coi furbi, con i dritti,
dato che, ormai vecchio, ancora son contento
sol con la spada in pugno contro i mulini a vento,
dato che non ho casa, né soldi, né lavoro,
in questo testamento non troverai dell'oro.

Ti lascio la mia rabbia, che un tempo mi è servita
a assaporare il gusto un po' acre della vita
e qualche sogno intatto che si è ben conservato:
è solo il sognatore ad essere invecchiato.

Ti lascio gusto e voglia d'adoperar le mani
per lavorare il legno, il ferro o il tuo domani,
ed un pensiero libero, sul mondo proiettato,
che guardi al futuro, ma non scordi il passato.

Ti lascio un sano odio che arda come brace
per chi sfrutta il lavoro, per chi subisce e tace,
per chi ha trasformato il mondo in una fogna
senza pagarne il prezzo, senza provar vergogna.

Ti lascio il mare immenso e la cresta dei monti,
ti lascio cento estati, migliaia di tramonti,
ti lascio le emozioni d'essere innamorato,
la voglia di sbagliare e il gusto del peccato.

Ti lascio la certezza che il mondo può cambiare
se troverai la forza di batterti e lottare
perché non incatenino la tua fantasia,
per non lasciar uccidere l'arte, la poesia...

Vorrei assicurare sorgenti alla tua sete
e dedicarti un canto, un libro od un abete,
ma so che non è giusto nutrirti di consigli
perché hanno diritto ai loro errori, i figli.
Ti auguro soltanto di vivere la vita,
di non aver rimpianto quando sarà finita,
di non perder per strada, neanche per un momento,
la voglia di combattere contro i mulini a vento.

domenica 4 novembre 2007

5 NOVEMBRE


Prima di riprendere il discorso ci sono ancora due occasioni da ricordare...
Questa è la prima.

mercoledì 31 ottobre 2007

LA CULTURA DELLE MOSCHE


Volevo scrivere tutt’altro, ma mi sono reso conto che, perché le mie parole fossero comprensibili (dato che, spesso, mi capita di non sapermi esprimere con la dovuta chiarezza e semplicità) sarebbero state necessarie delle premesse e delle postille che avrebbero appesantito troppo il discorso.
Di conseguenza… “la prendo alla larga”, trasformando le premesse in interventi autonomi che, mi auguro, non saranno comunque privi di un qualche interesse e che dovrebbero poi comporsi in un tutto organico, come le tessere di un mosaico che consentono, alla fine, d’intuire quale fosse il disegno.
Nel primo tassello si parla di “conoscenza”…

E’ mia personale opinione che uno dei drammi misconosciuti della nostra epoca sia la superficialità.
Faccio un esempio, così sarò meno tedioso…

Ammettiamo che io m’imbatta nella parola “semiotica” e che non sappia di che si tratta. Nessun problema: digito il termine misterioso su un qualche motore di ricerca e, due secondi dopo, quella benemerita istituzione che è Wikipedia mi fornisce una definizione, un elenco dei suoi più autorevoli rappresentanti, una piccola bibliografia ed una serie di link a siti in cui ne posso sapere di più.
Così, pienamente soddisfatto, io posso convincermi di conoscere, adesso, cosa sia la semiotica… e domandarmi come mai quello scemotto di Umberto Eco abbia sprecato anni della sua vita per studiarla, visto che era così semplice!

Ovviamente sto parlando della differenza tra “conoscenza” e “nozionismo”, ma, purtroppo, noi viviamo in una società dove la più alta forma di cultura sembra essere il quiz televisivo e dove si stampano dei manuali tipo “Come saper parlare di…” ed al posto dei puntini ci potete mettere la filosofia, la storia dell’arte, la fisica nucleare o quello che più vi aggrada.

In questi manuali si condensano una serie di frasi fatte e di concetti semplificati al massimo, buoni per fare bella figura in società senza doversi prendere la briga di conoscere veramente l’argomento: sono stato invitato al vernissage di un’amica pittrice e capisco di pittura più o meno quanto una cozza comprende la teoria della relatività generale?
Non importa: imparo a memoria un paio di frasi ad effetto, aspetto, con il mio Martini-Vodka in mano, l’occasione giusta e, non appena qualcuno nomina Magritte, butto là un: “Adoro le sue visioni oniriche! Trovo sia una sorta di De Chirico pervaso di poesia e stupenda, ricercata, ingenuità!” e, anche se non ho mai visto un quadro di Magritte in vita mia e, francamente, non me ne frega niente, ho fatto un figurone!

Tornando alla Rete, poi, c’è da dire che lo stesso strumento che ci mette a disposizione miliardi di nozioni ci consente anche di comunicare le nostre opinioni al mondo intero… ed il mondo, infatti, si sta popolando di persone grossolanamente informate che pontificano su ogni cosa... anche perché un effetto collaterale di una tale impostazione porta a credere che cose come il "buonsenso" o la "ragionevolezza" siano di per sé bastanti per costruirsi un'idea corretta sulla vita, l'universo e tutto quanto...

E’ democrazia?
Forse… e, sicuramente, è comunque meglio di quando solo pochi individui di caste privilegiate erano ritenuti i depositari della verità e della conoscenza!

Tuttavia se, nell’allargare le possibilità d’informazione e di discussione, ci dimentichiamo della profondità che sempre si accompagna alla vera conoscenza… combiniamo un guaio: ad una maggior possibilità di democrazia comunicativa deve necessariamente far riscontro una rivalutazione della meritocrazia, ossia il riconoscimento del fatto che se una persona ha studiato per anni medicina potrà parlare delle condizioni del mio fegato con maggior autorità di chi si è limitato a consultare una tavola anatomica in Internet o su un Bignami.

Altrimenti caschiamo nella barzelletta, quella che dice: “Ci dev’essere qualcosa di buono, nella merda: miliardi di mosche non si possono sbagliare!”

Partiamo da qui… così, tra un po’, ci potremmo occupare, forse, di una particolare interpretazione dell’Analisi Transazionale…

Giù le mani dalla tastiera! Tanto non serve che andiate a vedere cosa ne dice Wikipedia, capito?!

sabato 27 ottobre 2007

RELAX, PLEASE...

Mike Oldfield - Tubular bells

[via FoxyTunes / Mike Oldfield]

lunedì 22 ottobre 2007

HALLOWEEN


Ci sentiamo quando la Porta tra i mondi si sarà richiusa...

domenica 21 ottobre 2007

PRIMA TAPPA

Allego la lettera ricevuta dai promotori della petizione contro la nuova legge sull'editoria... che si commenta da sé.

Ragazzi la nostra petizione, l'unica su Libero, è andata benissimo. Bene anche le altre sulle altre piattaforme. Fortunatamente qualcosa da quel Consiglio dei Ministri è trapelata, così ci siamo potuti muovere e abbiamo fatto tremare le poltrone dei nostri ministri. Mentre Levi, promotore della legge ha mandato una lettera a Beppe Grillo poco chiara che certo non chiariva i nostri dubbi sulle sorti dei blog, oggi il Ministro alle comunicazioni Gentiloni ha annunciato cambiamenti al Ddl sotto accusa. Una grande vittoria del popolo dei bog quindi riuscita solo grazie alla grande mobilitazione. Ora però non cantiamo vittoria troppo in fretta. Dobbiamo rimanere vigili fino a quando questo Ddl non verrà definitivamente cambiato. Invito quindi tutti ad informarsi quotidianamente di ciò e ad avvertire gli altri nel caso ciò non avvenga o avvenga comunque qualcosa non condivisibile. I dati raccolti con la petizione li costudirò nella casella email secondo le normative sulla Privacy ai soli fini della petizione e informativi riguardo ad essa. Nel caso qualcuno noti qualcosa che non quadra nei prossimi giorni riguardo alle mosse dei Ministri sui blog mi metto a disposizione e basta che me lo facciate sapere tramite i consueti canali e sono pronto a mandare mail a tutti gli aderenti alla petizione per inventarci qualche tipo di mobilitazione. Una cosa è certa, il popolo dei blog non è disposto a morire!

venerdì 19 ottobre 2007

CARO AMICO, TI SCRIVO...


Allego copia della lettera da me inviata a Riccardo Franco Levi, primo firmatario della proposta di legge sull'editoria di cui si parla nel post precedente.
Se avete voglia di farvi senire anche voi... questo è l'indirizzo:
levi_r@camera.it



Egregio signore, al fine di sfatare le dicerie che la vorrebbero autore di un disegno di legge di fatto limitativo della libertà di espressione in Internet, la invito calorosamente a farsi promotore di emendamenti a tale legge che preservino la possibilità per i “blog” ed i siti personali di continuare a godere delle attuali possibilità espressive. Impedirà in questo modo tutte le srumentalizzazioni possibili ai danni del governo e si muterà in un paladino della libertà di parola, salvaguardando, nel contempo, le altre, legittime finalità della legge proposta.
Se, dopo la “fuga dei cervelli” che costringe molti nostri ricercatori di vaglio a trasferirsi all’estero, dovessimo assistere alla “migrazione dei blog” in cerca di una maggior libertà in altri Paesi, l’Italia rischierebbe di vedersi associata a nazioni illiberali ed autoritarie e questo, ne sono certo, non è lo scopo della legge, né nei desideri dell’attuale governo del Paese.
O, per lo meno, così voglio sperare.
Cordiali saluti.

Bruno Abietti (Equo)

GIU' LE MANI DAI BLOG!


Riprenderemo presto le nostre discussioni "filosofiche, mi auguro, ma, per il momento, vorrei lanciare una campagna preventiva di difesa della libertà d'espressione contro la proposta di nuova legge sull'editoria che, pur con una certa ambiguità (probabilmente voluta) rischia di infierire sul mondo dei bloggers, obbligandoli a limiti e balzelli. Chi volesse saperne di più faccia un salto su "Solleviamoci" e , nel frattempo, dato che (come si dice) a pensar male si commette peccato... ma ci si azzecca, entriamo tutti sul piede di guerra, rammentando ai nostri politicanti l'articolo 21 della Costituzione della Repubblica Italiana, che, nelle sue righe iniziali, recita: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".
Se si arrivasse concretamente al tentativo di limitare questa libertà io m'impegno sin d'ora ad ogni possibile forma di disobbedienza civile e di azione diretta in sua difesa. Invito quei Parlamentari che hanno ancora a cuore le libertà individuali (se ci sono) a proporre emendamenti alla legge, prima della sua approvazione, per escludere i blog ed i siti personali dai vincoli della stessa ed, eventualmente, a far ricorso alla Corte Costituzionale perché sia dichiarata la sua incompatibilità con il suddetto articolo 21 della Costituzione.
Se tutto ciò non dovesse servire il popolo della Rete inventerà i suoi modi di lotta e, ne sono certo, saprà farsi sentire.
Se avete a cuore la vostra libertà espressiva riprendete e diffondete l'appello, nelle forme più congeniali ai vostri blog.
C'est ne qu'un debut, continuons le combat!

sabato 13 ottobre 2007

L'UOMO DEI SECCHI


La casa dei miei nonni materni sorgeva in campagna, sulla sponda del grande fiume, come ho già avuto modo di accennare.
Come molte case rustiche aveva ancora il gabinetto all’esterno, alla turca (come si diceva): in pratica uno scomodo stanzino con al centro un profondo foro che finiva in una fossa biologica.
Periodicamente, per svuotare la fossa del suo non gradevole contenuto, arrivava “l’Uomo dei Secchi”.
A quell’epoca, infatti (la guerra era finita da non molto) non c’erano pompe idrovore o altre diavolerie del genere: c’era, invece, questo omino con delle lunghe pertiche sulle quali aveva agganciato alla meglio delle rugginose latte di una buona dimensione che, un tempo, avevano contenuto passata di pomodoro, olio o acciughe sotto sale.
Scoperchiava il pozzo sollevando la pesante lastra di pietra che lo ricopriva, calava le sue latte e, pian piano, trasferiva tutto il contenuto della fossa sul vecchio e scassato camioncino con cui era arrivato.
Malgrado fosse una persona pulita ed ordinata non era possibile avvicinarlo senza sentire, probabilmente per suggestione, un certo lezzo di escrementi… e la sua vita sociale non doveva essere un granché.
Ciò nonostante era l’uomo più allegro che io avessi mai conosciuto: faceva il suo lavoro cantando e fischiettando ed aveva sempre un sorriso pronto per noi bambini che, un po’ morbosamente, gli stavamo intorno mentre si affaccendava in quella sua non esaltante attività.
Con la faccia tosta che, spesso, non manca ai ragazzini, un giorno non mi trattenni ed osai domandargli:

“Scusa! Ma come accidenti fai a sembrare così felice malgrado, lascia che te lo dica, questo lavoro di merda!”

“Vedi…” – mi rispose con il suo immancabile sorriso – “… tu guardi questo liquame e vedi solo escrementi ed orina, cose brutte e puzzolenti! Ma io so che il carico del mio camion finirà per fare da concime, così non guardo al presente, ma al futuro… e dove tu vedi solo merda io scorgo i rossi pomodori, i delicati pisellini… o, magari, le splendide rose che nasceranno grazie a me…”

Non ho più scordato la lezione di quel poeta… ma sono stato anche attento, spero, a non interpretarla male, perché è troppo facile trarne una morale di rassegnazione, una sorta d’invito a trovare qualcosa di buono anche nella peggiore delle condizioni, trasformarla, cioè, in un alibi per non migliorarsi.
Occorre, al contrario, cercare nel mondo e dentro se stessi sino a che non si trova il “posto giusto”, il “giusto mestiere”, la situazione che ci permette di sentirci in armonia con la vita.

A questo punto, davvero, non è più importante cosa facciamo, dato che abbiamo scoperto chi siamo!
Meglio un “Uomo dei Secchi” che maneggia le feci fischiettando, che un direttore di banca frustrato dal suo lavoro…

Comunque, la prossima volta che la vostra vita vi sembrerà piena di merda… provate a guardare al futuro ed a vedere le rose.

venerdì 12 ottobre 2007

FUNI, SPECCHI E CANGURI (pochissimi i canguri)

Una trentina d’anni or sono, tra le cose che credevo di sapere su me stesso, c’era, saldamente radicata, la convinzione che avessi un buon rapporto con il dolore fisico, che la mia capacità di sopportazione dello stesso fosse al di sopra della media.

Non era una presunzione semplicemente campata in aria: la vita, purtroppo, mi aveva costretto a misurarmi con prove che alla maggior parte delle persone sono fortunatamente risparmiate… Preferirei non entrare in dettagli, ma vi prego di credere che erano state esperienze decisamente pesanti, alle quali avevo visto molti piegarsi, e che, tutto sommato, io ne ero uscito piuttosto benino.
Avevo, quindi, dei buoni motivi per credermi, non dico uno stoico (nel senso comune e non filosofico del termine) ma, quanto meno, non certo un piagnone o un pusillanime.

Poi è arrivato un inaspettato specchio…

Questa volta aveva la forma di una fune, una grossa e lunga fune tesa tra due alberi, a qualche metro dal suolo.
Tutto ciò che mi era richiesto di fare era strisciarvi sopra… o, meglio, sotto, in quanto, aggrappato ad essa con mani e piedi, la faccia verso il cielo, mi sarei dovuto trascinare sino a raggiungere l’estremità opposta rispetto a quella di partenza.
Non era neppure la prima volta che indulgevo a questo giochino… Questa volta, però, quella dannata fune era nuovissima.
Non so quanti di voi lo sanno, ma le funi nuove, prima d’essere ammorbidite e lisciate dall’uso e dagli agenti atmosferici, sono rigide come pali e, soprattutto, ruvide come carta vetrata!
Per rendere tutto più interessante io ero a piedi nudi e, a metà della fune, le mie caviglie erano già scorticate e sanguinavano come un maiale sgozzato…
Ad ogni palmo di corda guadagnato la fune strisciava impietosa sulla carne viva, provocando dolori lancinanti. Per farla breve arrivai a tre quarti del percorso previsto e, poi, mi arresi e mi lasciai cadere a terra…

Come i miei piedi doloranti toccarono il suolo, però, fui folgorato da una domanda molesta: “Perché ho ceduto al dolore?”
Avevo, in passato, sopportato ben di peggio: perché, questa volta, il mio presunto “stoicismo” era venuto meno?
Seduto a terra, sotto l’oggetto della mia umiliazione, passai in rassegna quegli episodi che mi avevano convinto di saper affrontare il dolore fisico… e mi accorsi di una costante che li accomunava tutti: non avevo avuto scelta!
Certo: in almeno una circostanza sarebbe bastato aderire a ciò che volevano coloro che mi stavano infliggendo dolore per far cessare i tormenti… ma avrebbe significato tradire tutto ciò che amavo di me… e questo, nel mio modo di pensare, era semplicemente improponibile; in altre occasioni la possibilità di far cessare il dolore era, semplicemente, fuori dalle mie possibilità e, quindi, lo avevo sopportato bene perché, tanto, piangere od urlare non lo avrebbe alleviato…

Su quella fune benedetta, invece, ero stato veramente libero di scegliere: in fondo non era importante che arrivassi o meno dall’altra parte, nessuno avrebbe pagato per il mio fallimento o avrebbe guadagnato dal mio successo; non ero tenuto a farlo per via di qualche imperativo morale, non avevo forti motivazioni per continuare a soffrire…
Potevo scegliere, appunto. Ed avevo scelto di non soffrire più!

A questo punto mi si aprivano di fronte alcune possibilità…
La prima era quella di dirmi, appunto, che il gioco, questa volta, non valeva la candela, sussurrando al mio stesso orecchio frasi rassicuranti come: “Ehi! Non ti angustiare, amico! Quando serviva veramente, il dolore lo hai sopportato, no? Questa volta non c’era nulla d’importante in ballo e, quindi, hai fatto una cosa saggia…”

Oppure avrei potuto dirmi che era colpa della corda troppo ruvida, di chi l’aveva scelta, di chi non mi aveva preavvisato…

In entrambi i casi avrei preservato l’immagine che avevo di me… e rifiutato quella che “lo specchio” mi rimandava.

Viceversa potevo prendere atto dell’accaduto e rendermi conto che, almeno in quel campo, avrei dovuto rivedere ciò che pensavo di me stesso.
Aderendo a questa seconda ipotesi si aprivano altre due possibili strade: accettarmi nella nuova versione o cercare di cambiare per diventare simile a ciò che credevo d’essere prima che la fune mi scorticasse le caviglie.

Che cosa ho scelto io non è importante: prima o poi tutti trovano una fune, uno specchio, un rimando d’immagine che entra in conflitto con la percezione che avevamo di noi… e tutti si trovano a dover decidere prima se accogliere o rifiutare questo messaggio e, dopo, qualora ne prendano atto, se accettarsi per ciò che sono veramente o cercare di modificarsi.
Diciamo subito che la maggioranza delle persone, se lasciate a se stesse, quando lo specchio riflette qualcosa in cui non si riconoscono… attribuisce la colpa all’imperfezione dello specchio stesso.
Ma aggiungiamo anche che questo accade non solo quando l’immagine che ci viene trasmessa è più “brutta” di quanto siamo disposti ad ammettere: succede anche se la vediamo migliore di quanto ci consideriamo!

Perché una persona non abbia voglia di vedersi peggiore di quanto si reputa è facile da capire.
Ma per quale strano meccanismo dovremmo rifiutare d’ammettere d’essere migliori di come ci valutavamo?!
Per accennarlo farò, ovviamente, un discorso generico, valido per “grandi numeri”… anche se, in realtà, la situazione andrebbe valutata caso per caso, individuo per individuo…

Sta di fatto che se sono costretto ad ammettere di valere più di quanto credevo… poi mi tocca mantenere fede a questa nuova immagine di me… e, qualche volta, è faticoso!

Trascorrevo l’estate con un gruppetto d’amici in una bella casa di uno di loro, in Liguria. Io, in realtà, ero decisamente preso dallo scrivere uno dei miei libri e non collaboravo molto alle faccende domestiche… anzi, per essere sincero, non collaboravo per niente! Uno di loro, quindi, mi disse un bel giorno: “Senti: sappiamo che sai fare un ottimo caffè. Fai almeno quello: facci trovare il caffè per la colazione!”
Così, la mattina successiva, preparai il caffè per tutti… dimenticandomi di mettere l’acqua nella caffettiera e provocando un piccolo disastro.
Il risultato fu che tutti gli altri, scuotendo la testa, decisero che sul piano pratico ero un imbranato della peggior specie… e smisero di rompere perché dessi una mano, lasciandomi libero di perdermi nella scrittura.
Badate bene: il mio non fu un gesto consapevole, una furbata; fu una vera, autentica dimenticanza… ma sono assolutamente certo che ad indurmi alla fatale distrazione fu un moto dell’inconscio, deciso a presentarmi peggio di ciò che ero in realtà per garantirmi quella tranquillità cui aspiravo…

Ciò che ci guadagnamo dal presentarci al mondo peggiori di quanto siamo è il fatto che, in questo modo, il mondo stesso non si aspetterà troppo da noi: se riusciamo in qualcosa saranno tutti favorevolmente impressionati, se, al contrario, falliamo, non saranno poi così delusi perché, in fondo, se lo aspettavano… In entrambi i casi non correremo il rischio di sentirci rimproverare o rifiutare.

Accade spesso (ma non solo) in quelle persone che hanno avuto il famigerato modello di educazione nella quale se fanno qualcosa di buono si sentono dire che hanno fatto solo il loro dovere, mentre se commettono errori vengono severamente redarguiti e puniti.
Ci si blocca un po’, si vive secondo la logica di presentare “un basso profilo”, di limitare le aspettative altrui per non deluderle…
Ci sono molti simpatici aneddoti, in merito….ma mi sembra d’aver già scritto un po’ troppo, anche per i miei standard, per cui… rinviamo.

E state alla larga dalle funi e dagli specchi, se non volete sorprese.

giovedì 11 ottobre 2007

AGORA'


Ogni tanto ho voglia di giocare. Lo farò tramite la scelta della forma in cui presentare questo post. Sempre per gioco mi sono preso la libertà d’imprestare ai personaggi di questo dialogo delle conoscenze astronomiche, genetiche e, in genere, scientifiche che non potevano possedere.
E questo è il risultato…


“Dimmi, dunque, Critone, cosa convenga fare all’uomo saggio qualora si trovi ad affrontare un argomento su cui non ha condotto studi ed a proposito del quale ha solo una modesta esperienza…”

“Oh, Socrate! E’ mio parere che gli convenga tacere ed ascoltare coloro che maggiorente sono edotti in tale argomento!”

“Certamente, mio giovane amico. Ma se, su un tale argomento, egli volesse, malgrado tutto, esprimere la propria opinione?”

“Allora, Maestro, dovrebbe affidarsi al buon senso ed a ciò che gli suggeriscono gli occhi, le orecchie e la sua mente…”

“Possiamo noi, dunque, fidarci sempre di ciò che ci dicono i sensi e la ragionevolezza?”

“Presumo di sì, Socrate!”

“Allora, osservando il moto del Sole con i miei occhi e stando a ciò che il suo arco nel cielo mi suggerisce, devo dedurne che la Terra è immobile ed il luminoso astro le ruota intorno…”

“Non è così, oh Socrate, e tu lo sai bene: è la Terra a girare attorno al Sole!”

“Ciò che dicono i miei occhi, dunque, può essere illusione… ed illusione, di conseguenza, è anche ciò che posso dedurre con la mente ed il buon senso comune. Come posso, allora, avvicinarmi alla verità?”

“Come dicevamo: ovvero usando più occhi e più menti, nutrendoti del pensiero di quegli uomini che più a fondo hanno studiato la Terra, il Sole e le stelle…”

“Devo, allora, affidare il mio giudizio ad altre persone?”

“Così come affidi il tuo corpo al cerusico quando è ammalato, fidandoti della sua scienza…”

“Ciò che vale per il corpo è vero anche per la mente? Chi sono i cerusici della mente, Critone?”

“I filosofi, Maestro. Coloro che hanno dedicato la vita a cercare di comprendere l’Uomo”.

“Allora parliamo dell’Uomo, se vuoi…”

“Oh, Socrate! Facciamo mai, in realtà, qualcosa di diverso?”

“Forse no, forse no… Dimmi, dunque, che cos’è un individuo?”

“Qualcosa di unico. Anzi: l’insieme di più cose uniche ed irripetibili, poiché irripetibile è la miscela dei caratteri che gli trasmetteranno il padre e la madre ed ugualmente irripetibile è la sequenza di esperienze che ne forgeranno il carattere…”

“Ed un individuo così unico è anche, a tuo giudizio, parte di qualcosa di meno unico?”

“Certamente, Socrate! Ogni individuo è un Uomo… che, a sua volta, può essere un Ateniese, uno Spartano, un Barbaro… E tutti hanno succhiato il latte dalla madre e, in questo, sono simili ad un cane o ad una giumenta…”

“Vero: e uomini, cani e giumente sono esseri viventi… e questo lo hanno in comune anche con le mosche, con le amebe, con questo albero d’olivo sotto cui stiamo discorrendo…”

“Questo è senz’altro vero, Socrate…”

“Esisteranno, allora, dei bisogni dell’individuo, dei bisogni dell’uomo, dei bisogni del mammifero ed altri che sono comuni a tutto ciò che vive?”

“E’ ragionevole che sia così!”

“Vediamo, dunque. Quali bisogni in comune ha Critone con un’ameba?”

“Nutrirsi, perché sopravviva l’individuo… Riprodursi, perché sopravviva la specie…”

“Bisogni semplici. E quali bisogni accomunano Critone al suo cane?”

“Oltre a quelli dell’ameba avere affetto e protezione…”

“Critone ha anche bisogni comuni agli altri uomini?”

“Certamente, Maestro! Essere stimato, avere amici, apprendere e conoscere…”

“Ci saranno, poi, i bisogni che sono propri di Critone e di nessun altro…”

“Continuare a discorrere con te, oh Socrate!”

“Se, allora, io volessi aiutarti a soddisfare i tuoi bisogni, basterebbe che ti considerassi al pari di un’ameba?”

“Non lo vorrei, Maestro!”

“Di un cane? Di un uomo come tanti?”

“Preferirei che mi trattassi come se… fossi Critone!”

“E così, infatti, faccio. La Vita, Critone, si evolve dalle forme più semplici ad altre sempre più complesse. I bisogni comuni a tutto ciò che vive non possono essere ignorati… ma l’Individuo è qualcosa di assai più complicato d’un olivo! In lui le necessità dell’anima divengono più importanti d’ogni altra cosa, nel bene e nel male. L’uomo diviene capace di sacrificare la propria vita per quella di chi ama, ignorando i comandamenti che generano le scelte dell’ameba, e, nello stesso tempo, è capace di lasciarsi morire di fame per rimirare con presunzione la propria immagine in uno specchio d’acqua, come si dice che accadde a Narciso!
Se vuoi essere d’una qualche utilità per un individuo non trattarlo come se fosse un’ameba, un cane od un Ateniese: rivolgiti a lui solo e sempre come a quella persona che, pur essendo Ateniese, Uomo ed Essere Vivente, è unica ed irripetibile.
Lo ricorderai, Critone?”

“Sì, oh Socrate. Lo ricorderò!”

mercoledì 10 ottobre 2007

VENGHINO, VENGHINO!


Temo che dovrò (momentaneamente) ancora soprassedere alla pubblicazione del post che intendevo scrivere a proposito del “non riconoscersi nello specchio”, per esprimere nuovamente in modo meno sommario la mia opinione su quest’ultima discussione sulla “Teoria dei Bisogni” (diciamo così).
La mia abituale logorrea m’impedirà la concisione, ma, ormai, vi siete abituati e sarete pazienti, vero?

Intanto una premessa: trovo sempre curioso il fatto che l’approccio a determinati argomenti sia profondamente diverso da quello che, abitualmente, si ha nei confronti di altri.
Mi spiego: se il tema della discussione fosse stato (che so?) il calcolo dei carichi necessario per l’edificazione di un ponte e, tra di noi, ci fossero stati un architetto ed un ingegnere edile, molto probabilmente ci saremmo limitati a leggere le loro conclusioni ed a cercare (qualora la cosa avesse smosso il nostro interesse) di apprendere qualche nozione. Allo stesso modo, anche in categorie più opinabili e soggette al gusto personale, come, ad esempio l’arte, se ci fosse accaduta la fortuna di godere dell’intervento, ad esempio, di Philippe Daverio (noto critico d’arte ed una delle poche persone in grado d’interessare veramente e divertire nel divulgare le sue competenze) avremmo fatto tesoro delle sue opinioni, in quanto, anche se Salvador Dalì può continuare a non piacerci, grazie alle conoscenze di un esperto ci sarebbe stato quanto meno possibile comprendere un po’ meglio perché l’esuberante pittore spagnolo ficcasse nelle sue tele orologi molli o tigri dalle zampe filiformi…

Quando, al contrario, si finisce con il parlare dell’essere umano, della sua mente e di come funziona… ognuno diventa improvvisamente un esperto, come se l’appartenere al genere umano fosse di per sé una qualifica sufficiente e come se non contasse nulla che qualcuno si sia preso la briga di passare anni su anni in studi e sperimentazioni.
Una frase classica che mi son sentito ripetere sino alla nausea è: “Questa è la mia vita! Vuoi che uno psicologo ne sappia più di me?!”
Di solito rispondevo: “Quelli sono i tuoi denti: perché non te li curi da solo? Vuoi che un dentista ne sappia più di te?!”

Sia chiaro: è bello e stimolante che ogni persona esprima la propria opinione e lo faccia con tutta la convinzione e la passione che nutre… E’, comunque, un arricchimento e, tanto per sdrammatizzare, mi fa venire in mente il richiamo di quell’imbonitore da baraccone della fiera paesana che gridava: “Venghino, venghino, siore e siori! Più gente entra, più bestie si vedono!”

Amerei soltanto, qualche volta almeno, che ad alcune professionalità venisse riconosciuta pari dignità con altre… ma, questo, è un discorso che ci porterebbe molto lontano: in fondo viviamo ancora in un mondo dove un’infiammazione alla appendice è considerata una comune malattia, mentre chi soffre di stati di panico o di qualche altro disturbo della personalità è guardato con sospetto, come se la cosa fosse sintomo di una “anormalità”…

Detto questo (perché mi scappava proprio di dirlo) vediamo di esporre la mia opinione su quanto emerso a proposito dei bisogni e delle loro priorità...

Nel prossimo post, però…così evitiamo una terribile ed indigesta “mattonata”, va bene?

martedì 9 ottobre 2007

lunedì 8 ottobre 2007

SCIMMIE, PIRAMIDI E PICCIONI


Prima di vedere (in un prossimo post, temo) su stimolo di Elena, come accade che talune persone rifiutino l’immagine che “lo specchio” trasmette loro ritenendola troppo bella e preferiscano coltivare una “propriocezione” di basso profilo o, addirittura, negativa, lasciate che prenda spunto, invece, da una frase di Mat per spaziare in terreni scivolosi.
Per una volta ho deciso di bandire ogni prudenza (ed ogni modestia!) per lanciarmi a confutare un assioma che è uno dei cardini della moderna psicologia: reggetevi forte! :-)

La frase cui faccio riferimento è la seguente: “Io stesso se avessi bisogni primari da soddisfare mi nutrirei solo di disperazione e odio, altro che filosofeggiare” e la parola chiave è quel “bisogni primari”…
Il buon senso ci dice che, prima di ogni cosa, l’essere umano DEVE soddisfare quei bisogni che sono indispensabili alla sua sopravvivenza: pescando nella mia esperienza di sub, ad esempio, posso garantirvi che se durante un’immersione, mentre siete una quarantina di metri sotto il pelo dell’acqua, vi si guasta l’erogatore, è improbabile che vi mettiate a pensare a Ernst Mach ed all’empiriocriticismo! L’unica cosa che vi viene in mente è raggiungere l’aria entro un paio di minuti!
D’altra parte resterei anche piuttosto stupito se ricevessi la notizia che nei campi profughi del Burkina-Faso, in attesa che venga distribuita qualche tazza d’acqua ed un tozzo di pane, qualcuno ha organizzato un dibattito sul cinema neorealistico italiano…

Sembra tutto scontato e, per di più, c’è stato uno psicologo di fama mondiale che ha tradotto il buon senso in uno schemino ordinato e preciso.
E', questa, quella di voler definire con precisione le cose che già sono ovvie agli occhi di tutti, una caratteristica alla quale psicologi e filosofi non riescono proprio a rinunciare.
Il signore in questione si chiama Abraham Maslow ed ha disegnato quella che, appunto, si chiama “La Piramide di Maslow”: un triangolo regolare, con il vertice in alto, diviso in “gradini”. Alla base i bisogni fisiologici: respirare, bere, mangiare; un passo sopra il bisogno di sicurezza e protezione; al terzo gradino il bisogno di appartenenza, cui segue quello del bisogno di stima; al vertice della piramide il bisogno di autorealizzazione.
Ciò che Maslow dice è che ci si può occupare dei bisogni solo in quest’ordine: ovvero sentirò il bisogno di sicurezza se avrò la pancia piena, avrò necessità di sentirmi parte di un gruppo se sarò abbastanza sicuro e, facendo parte di un gruppo, avrò bisogno d’essere apprezzato da questo e infine, soddisfatto tutto ciò, potrò occuparmi della mia realizzazione e dedicarmi alla crescita personale, alla religione, alla filosofia, all’arte, a disegnare piramidi, ecc.
I gradini, secondo Maslow e secondo il buon senso, non possono essere saltati: per questo se ho fame (fame, non appetito!) mi occuperò essenzialmente di procurarmi cibo… e tutto il resto può aspettare!

Tutto logico, vero?
Se non che…

Se non che anche in questa occasione dobbiamo pagare un piccolo prezzo alla dannazione della nostra epoca: la “verticalità” della scienza, ovvero il fatto che, il più delle volte, un medico non sa nulla di psicologia, uno psicologo è digiuno di anatomia, un astrofisico non conosce l’etologia, ecc.
Se le varie branche della scienza si parlassero un po’ di più alcune cose ovvie… diverrebbero un po' meno ovvie.
Ad esempio…

Mentre Maslow disegnava la sua bella piramide colorata un gruppo di etologi conduceva un triste esperimento con un cucciolo di pochi giorni di scimmia Rhesus.
Il piccolo (il tutto è disponibile in filmati d’epoca) venne sottratto alla madre e rinchiuso in una grande gabbia con due “mamme finte”: la prima era una scimmia di peluche, la seconda solo una sagoma di fil di ferro... ma, infilato nel petto, aveva un biberon colmo di latte. Le due “mamme” erano poste abbastanza lontane l’una dall’altra, in modo da costringere il povero scimmiotto ad optare per una delle due.
I ricercatori, ovviamente, volevano vedere quale bisogno sarebbe prevalso… e, con buona pace di Maslow, il cucciolo, pur cercando di protendersi verso il biberon e piangendo per la fame, non mollò mai la presa con cui si aggrappava disperatamente alla “mamma morbida”.

Un evento molto simile, registrato per caso, è accaduto di recente: un altro scimmiotto al quale, invece, la madre era morta, rifiutava ogni forma di alimentazione artificiale e si stava lasciando morire di fame… sino a che non fu avvicinato da un piccione.
Sì, avete letto bene: un piccione gli passò accanto e lo scimmiotto si avvinse a questa cosa calda e morbida. Il piccione accettò questo strano approccio… e lo scimmiotto, a sua volta, iniziò ad accettare il latte che gli veniva offerto.

I “bisogni emozionali” dell’essere umano sono ancora più profondi e radicati di quelli delle nostre cugine pelose… ed io mi sento di affermare che, malgrado le apparenze, il bisogno di protezione, di rassicurazione, di accettazione…in altre parole il bisogno d’amore, è il gradino portante, quello sul quale si regge la piramide.

D’altra parte se così non fosse il genere umano non avrebbe mai contato tra i suoi rappresentanti persone disposte a suicidarsi per amore (o, meglio, per mancanza d’amore) e non esisterebbero fenomeni come l’anoressia dove risulta evidente che alcune gratificazioni sul piano emozionale contano più degli spasmi della fame.

La serenità, il buon vivere, consiste, probabilmente, proprio nel poter soddisfare i propri bisogni e nel farlo nel loro giusto ordine d’importanza.
Ma aria, acqua, cibo e riparo non sono la prima cosa.
Prima ancora, prima di tutto c’è… una mamma pelosa e calda alla quale aggrapparci, un piccione che tuba sommessamente mentre lo si accarezza… o, almeno, il loro corrispettivo in termini umani.

Avete il vostro piccione?

giovedì 4 ottobre 2007

Verba Volant ? Scripta Manent ?


Come spesso amo fare… seguo la corrente, ovvero traggo spunto dalle cose che dite (qualche volta anche da quelle che non dite) per suggerire nuovi percorsi di riflessione, nuovi (si fa per dire) argomenti ai quali, in questo mondo dove le cose urgenti ci fanno spesso dimenticare quelle importanti, dedicare uno spicciolo della nostra vita.

Il “post” precedente ci ha, tra l’altro, permesso di soffermarci un attimo sul valore o meno della “parola”, in particolare della parola scritta.
Lo spunto ci è stato dato dal sempre stimolante Nemesisnemo, a cui hanno fatto seguito le riflessioni di Blue, l’illustrazione del concetto di maieutica da parte di Mat, le mie modeste riflessioni, ecc.
Parlare di maieutica mi ha riportato, ovviamente, alla memoria il buon vecchio Socrate, con il quale ho qualcosa in comune: purtroppo non è la mente, ma solo il corpo, dato che, come lui, sono un tappo pelato!
Socrate non ha mai scritto una parola in vita sua.
Infatti noi, in realtà, non conosciamo affatto il suo pensiero: tutto ciò che viene attribuito al grande Ateniese gli è stato messo in bocca da altri, in particolare dal suo discepolo Platone. In altri termini noi non sappiamo cosa pensasse Socrate, ma solo ciò che Platone ci dice che lui pensasse.
Per quale ragione il nostro filosofo non affidò, come tutti gli altri Greci, le sue idee alla pergamena?
Proprio per la sua intima convinzione nella superiorità del sistema maieutico che, ricordiamolo, letteralmente significa “il metodo della levatrice” (mestiere della madre di Socrate): la levatrice non può partorire al posto della gestante, né tantomeno nascere al posto del bambino, si limita, con la sua azione, a favorire il parto…
Ma perché la parola scritta sarebbe meno adatta a produrre lo stesso risultato?
Si dice che Socrate stesso lo abbia spiegato raccontando una storiella:

Nell’antico Egitto il Dio demiurgico per eccellenza era considerato Toth: ad egli si attribuiscono l’invenzione dei numeri, della geometria, dell’astronomia, del gioco dei dadi e, soprattutto, della scrittura. Un giorno il Dio si recò dal Faraone per fargli dono delle sue invenzioni e presentò la scrittura geroglifica dichiarando che sarebbe stata una medicina miracolosa per la scienza e la memoria del popolo egiziano… al che il Faraone rispose qualcosa del genere: “Oh ingegnoso Toth! La tua invenzione otterrà esattamente l’effetto opposto! Gli uomini, infatti, fidandosi della sapienza scritta non eserciteranno più la memoria e, soprattutto, non cercheranno più la verità dentro se stessi, ma fuori di loro, in segni che altri hanno lasciato!”

Questo, dunque, pensava Socrate che, però, nella cultura greca fu un caso abbastanza isolato.

E’ però esistito un intero popolo che ha adottato tale principio: i Celti.
Sulla base degli stessi concetti i Druidi celti non affidarono agli scritti nessuna parte delle loro conoscenze: tutto andava appreso a memoria e tutto doveva essere interpretato e dedotto con la propria mente perché… nessun libro è in grado di rispondere alle obiezioni, nessun libro si evolve, anzi: la sua caratteristica (che è il suo pregio ed il suo difetto) è proprio d’essere immutabile nel tempo.

Anche nella Cina antica alcuni filosofi (ad esempio il mio amatissimo Mo-Ti), pur scrivendo ebbero cura di presentare le loro idee sotto forma di dialogo quanto più aperto possibile, a domanda e risposta, come se conducessero con un interlocutore uno scambio d’idee mirato a far giungere lui stesso alle inevitabili conclusioni, anziché propinargliele già confezionate, con una metodologia che, in Occidente, non faticheremmo a definire “socratica” o, appunto, maieutica.

Bruciamo i libri, allora? Aboliamo la parola scritta?
Per carità!
Trattiamola, invece, con rispetto, ma per quello che è o, almeno, dovrebbe essere: non depositaria di risposte, ma occasione di nuove domande.
La risposta alle quali, anche se è quasi banale dirlo, è solo e sempre dentro di noi.

Questo significa che non esiste alcuna verità al di fuori di quella individuale?
Io non credo.
Credo (con Socrate, Mo-Ti ed alcuni altri compagni di viaggio) che una verità (sul Bene e sul Male, sul Giusto e sull’Ingiusto, sull’Uomo, l’Universo e tutto quanto…) ci sia, ma sia conoscibile solo imparando a scrutare dentro di noi, dopo che ci si sia liberati dagli specchi deformanti e si sia appreso a guardare con occhi puliti.

Il Maestro non è colui che t’insegna cosa è giusto e cosa è sbagliato (come può fare un papiro o un libro): è colui che ti porta, a volte malgrado te stesso, a comprenderlo da solo.