lunedì 12 novembre 2007

AT 1


Anche se una certa qual pigrizia continua ad accarezzarmi proverò a fare un primo passo sul sentiero che annunciai qualche settimana or sono.

Analisi Transazionale, si diceva: disciplina complessa che non tenterò neppure di spiegare nel suo insieme per non incorrere anch’io in quel pressapochismo che denunciavo; mi limiterò a prendere in esame uno dei suoi aspetti, analizzandolo in più post per dare ad esso il rilievo meritato, ma avvertendovi che, in realtà, la mia intenzione è poi quella d’andare a parare… da tutt’altra parte…

Ora: secondo l’Analisi Transazionale in ognuno di noi, in circostanze diverse che, talvolta, possono verificarsi anche a distanza di poche ore una dall’altra, si manifestano, nei confronti dei rapporti con gli altri (la “transazione, appunto) diversi aspetti della nostra personalità… che sono stati raggruppati in categorie precise, comode per comprendere le ragioni dei nostri comportamenti (l’analisi di cui sopra).

Il primo caso che osserveremo è quello che viene definito “Io Bambino”, ovvero quella parte di noi che, secondo sempre l’A.T., pensa: “IO NO OK – TU OK”, in altre parole ciò che ci fa ritenere inadatti, incapaci… e ci fa vedere gli altri sempre più “idonei” di noi.

Badate: è questa una fase che siamo tutti costretti a passare: quando siamo bambini, appunto. Il bambino, infatti, misura quotidianamente le proprie impotenze: non saprebbe nutrirsi da solo… o vestirsi, o cavarsela nella maggior parte delle situazioni che è chiamato ad affrontare! Per contro “i grandi” (ed in particolare i genitori) sembrano ai suoi occhi quasi onnipotenti e, in ogni caso, sicuramente più abili di quanto egli non sia ad affrontare il mondo.
Tutto bene… se parliamo di un bambino.
Se, al contrario, questo senso di inadeguatezza ce lo trasciniamo dietro anche quando siamo cresciutelli… nascono i problemi.
Una eccessiva presenza dell’Io Bambino può portarci a fenomeni di timidezza o, al contrario (per quanto possa apparire strano) di eccessiva aggressività e, in genere, ci precipita nel baratro delle “profezie negative autoavverantisi”… In altre parole la nostra convinzione di “valere meno degli altri” (meno furbi, meno belli, meno...alti) condizionerà i nostri comportamenti sino a farci veramente diventare… ciò che temiamo di essere.
Bisognerebbe aggiungere che dare troppo spago al nostro Io Bambino (inteso in questo senso, ovviamente) costringe “gli altri” ad interpretare dei ruoli speculari ed antagonisti… ma ciò diverrà più chiaro man mano che dipaneremo la matassa ed “incroceremo” le situazioni.
Per ora mettete da parte questo tassello del mosaico e, se volete, domandatevi quali sono le situazioni nelle quali il “Bambino” prende il sopravvento in voi: è, al di là del discorso che vorrei fare con l’ultimo post della serie, di una certa utilità saperlo…
Un piccolissimo esempio?
Eccovi serviti:

“Veda, dottore…” – mi diceva il distinto signore seduto di fronte alla scrivania ed incurante del fatto che lo avevo ripetutamente invitato ad evitare quel tono formale – “…io posso considerarmi un uomo di un certo successo! La mia azienda è florida, esportiamo anche in Giappone e mi capita spesso di dover trattare con quei Samurai, cavandomela piuttosto bene, direi!
Però, se mi trovo di fronte un interlocutore che ha un tono aggressivo, di quelli che ti puntano l’indice sul naso e parlano a voce troppo alta… non sono più capace di tenergli testa! Cinque minuti dopo mi vengono in mente tutte le cose che avrei potuto dire e fare… ma, in quel momento, non sono in grado neppure di guardarlo negli occhi! Lei cosa dice, dottore? E’ grave?”

Se i “traumi” (piccoli o grandi che siano) della nostra infanzia non vengono elaborati, quando si ripresenta un’analoga condizione “traumatica”… noi torniamo ad avere l’età psicologica che avevamo quando quella situazione ci ha colpiti per la prima volta.
Ovviamente il nostro industriale di successo aveva avuto un padre terribilmente autoritario, militare di carriera, che era solito rimproverare tutti, in famiglia, alzando la voce e minacciando con il dito.
Quel benedetto uomo gli aveva fatto anche il torto di morire d’infarto prima che lui raggiungesse l’adolescenza e mettesse in scena una bella, salutare e liberatoria ribellione all’autorità!

Così, non avendo “risolto” la situazione, ogni volta che si trovava di fronte l’immagine di “papà” sotto forma di qualcuno che aveva gli stessi modi… tornava ad avere sette anni ed era incapace di rispondere per le rime: lui era sicuramente “NO OK” e chi gli stava di fronte, invece, era solo un gradino più in basso del Padreterno!

Era grave?
No, naturalmente no.
Ma se vi raccontassi cosa gli chiesi di fare per venire fuori una volta per tutte da quella situazione… mi considerereste più matto di quanto non sia in realtà!

Per ora vi basti questo… il resto alla prossima puntata dove, dopo il Bambino, parleremo inevitabilmente del Genitore…

11 commenti:

ska ha detto...

Caro Equo: è una vita che il "IO NO OK - TU OK" condiziona la mia vita...ma solo lavorativa, non in generale. Questa insicurezza mi ha impedito di accettare proposte interessanti e che si confacevano alle mie aspettative, in luogo di altri lavori....normali, non qualificati. Ho molta paura di provare a far divenire i miei sogni realtà, paura di scoprire che erano mal riposti perché non supportati dalle capacità. Allora magari evito anche di provare, per tenermi almeno i miei sogni. Nel casssetto. Chiusi a chiave, perché non si mutino in disillusioni.
La cosa strana è che invece nella vita e nei rapporti interpersonali non mi comporto in questo modo, anzi, credo di avere una autostima sufficiente.
Quindi non mi riconosco del tutto in questa analisi...magari il mio problema è un altro? Neanche la situazione educativa è la stessa. Vabbè, ho detto tutto e non ho detto niente. Aspetto il seguito. :)

Equo ha detto...

Sì, Ska: credo che la situazione da te descritta sia un tantino diversa (come ogni situazione, in realtà: gli schemi servono...ma guai ad adattarli pedissequamente agli individui!). D'altra parte, come tu stessa dici, finché non si rischia e non ci si mette alla prova... si può sempre continuare ad avere una buona imagine di sé pensando che, qualora avessimo tentato, ce l'avremmo fatta. Andare a verificare spaventa un po', talvolta. In realtà noi impariamo veramente solo dagli errori e dalle sconfitte, cresciamo attraverso le batoste (o, per lo meno, così dovrebbe essere). Per di più il meccanismo di pararsi il fondo schiena evitando le situazioni che potrebbero rivelarci i nostri limiti... non funziona: a livello inconscio siamo consapevoli (mi si scusi il bisticcio di termini) della nostra fuga e, quindi, ci sentiamo ancora più inadeguati e pronti a fuggire più veloci alla successiva occasione. Nel tuo caso, però, (e parlo un po' a casaccio perché non ti conosco per nulla) sento odore di un'altra cosa: quella che tecnicamente viene chiamata "paura di vincere"... Apparentemente si teme il fallimento, ma, sotto-sotto, ciò che ci fa paura è il successo...ed il fatto che, inevitabilmente, il successo stesso sposterebbe i nostri limiti in avanti, turbando lo "stato delle cose", ovvero il faticoso equilibrio che ci siamo costruiti negli anni... Comunque: andiamo avanti. Magari con qualche altro pezzetto di mosaico il disegno sarà più chiaro. :-)

Anonimo ha detto...

"il fatto che, inevitabilmente, il successo stesso sposterebbe i nostri limiti in avanti, turbando lo "stato delle cose", ovvero il faticoso equilibrio che ci siamo costruiti negli anni".
Proprio bella.
Post interessantissimo. Ce ne sarebbero di cose da dire...
Ciao :)

Anonimo ha detto...

Non vale ! Voglio saperlo subitissimo !Gia mi tocca aspettare gennaio che ricominci "lost"! Se anche tu fai i post a puntate, i miei nervi chiederanno definitivamente il divorzio ! Oltretutto ,la situazione che hai descritto non mi ricorda proprio nulla, noo !Il mio "io bambino" ha giocato a monopoli con le rimanenti identità talmente a lungo , che ormai sembra esser diventato un dittatore ! Non è cosi divertente avere a che fare con chi non ti consente altro, che cominciare a tremare a modi "budino epilettico",nel momento in cui il suo apparato uditivo decodifica una minima nota d'aggressività. In quei momenti mi sembra di avere il cervello chiuso in una di quelle toilette dell'autogrill, dove se anche sbraiti ,non ti sente nessuno. E tu sei li, lo vedi che è chiuso al cesso,ma invece di aprigli la porta che fai ? Tiri l'acqua ! Quando poi mi ricongiungo alla materia grigia..e qui un certo fidanzato potrebbe infierire dicendo: " ma quando ti ricongiungi !"..Mi vengono in mente milioni di alternative allo shakeraggio corporeo e per ore riscrivo la sceneggiatura dandomi della beona !Quindi aspetto impazientemente il seguito del tuo post.
Baci ,Fabrizia

Anonimo ha detto...

Questa qui ho la vaga impressione di conoscerla...

Equo ha detto...

* Edgar: lo sai che ti detesto quando fai così! "Ce ne sarebbero di cose da dire..." e, poi, te le tieni per te! Scherzo, off course: so che al momento hai cose più impegnative che ti prendono; è comunque bello sapere che transiti da queste parti...

* Fabrizia: ma che piacevole sorpresa!Dovrai, però, allenare la tua pazienza: gli ostacoli non si possono sempre saltare! :-) So bene che "nemo propheta in patria", tuttavia hai la fortuna di frequentare il mio miglior allievo: usalo! Nooooooo: non solo in quel senso, sporcacciona! :-)In ogni caso, passo dopo passo, se ne riparlerà... Baci.

nemo ha detto...

Sarebbe interessante per me capire come distinguere l'inadeguatezza concreta, rispetto ad una misura data, ed un diffuso e generico "senso di inadeguatezza" dovuto a conflitti non risolti.

Equo ha detto...

Domandina impegnativa, Nemo... che mi costringe ad una risposta generica; ergo nessuno si senta chiamato direttamente in causa, claro?
Temo che l'unica valida discriminante possibile sia... la verifica nei fatti. In altri termini, saprò se sono adeguato o meno ad una situazione solo affrontandola. In questo caso, tuttavia, vinco sempre: se supero la situazione stessa è di per sé una vittoria... ma nel caso ne sia sconfitto ho comunque alcune possibilità di guadagno: trarne spunto per migliorarmi in quel campo o, se non me la sentissi di far questo, avere in ogni caso una miglior percezione dei miei limiti. Se ne dovrebbe dedurre, quindi, che l'unica vera inadeguatezza è quella che ci spinge... all'inazione, ma il problema è che chi è schiacciato dal senso di inadeguatezza sceglie proprio questa linea di condotta, finendo in un "cul de sac" al quale non è facile sottrarsi da soli.
E meno male! Se no io con chi li faccio i miei corsi?!!! :-)))

Capitano ha detto...

La mia "diciamo ex" si è specializzata in AT... passare di qui e ritrovare l'argomento mi perplime!!

Chi mi conosce sa che sono una persona abbastanza sicura di sè, fino a sembrare -ed essere a volte- arrogante. Certo, ogni tanto mi piglia la "paura di non essere all'altezza" ma finora sono sempre riuscito ad andare oltre. Ovvio che da piccolo era diverso, ma quando si è bambini il mondo sembra grande il doppio... e anche i problemi!

Sempre piacevole leggerti sul mio diario... i Modena mi piacciono discretamente, anche se non sono un profondo conoscitore, ma molte tracce le ascolto a ripetizione! Proprio quella poi, la adoro, in quanto "regalo" della ex di cui sopra...

Un abbraccio,

Y BUENA VIDA, AMIGO

Equo ha detto...

Già, Capitano! Ne ho conosciute anch'io. Voglio dire persone che sapevano tutta la teoria.
Ed erano scarsamente capaci di applicarla alla vita.
Gli strumenti, però, non perdono validità per il solo fatto di capitare anche in mani che non li sanno usare... come le idee, per altro... ma qui il discorso si farebbe lungo :-)
Buon vento.

nemo ha detto...

Concordo talmente che non mi sembra vero!
;-)